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Commette reato chi entra ripetute volte in autostrada col chiaro proposito di non pagare il pedaggio

Commette reato chi entra ripetute volte in autostrada col chiaro proposito di non pagare il pedaggio
Secondo la Cassazione, quanto alla dissimulazione dello stato di insolvenza, anche il silenzio serbato al momento della ricezione del talloncino all’ingresso in autostrada è sufficiente ai fini della configurabilità del reato.
La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 14711 del 24 marzo 2017, si è occupata di un interessante caso in materia di insolvenza fraudolenta (art. 641 cod. pen.)

In particolare, se entriamo più volte in autostrada con l’intenzione precisa di non pagare il pedaggio, commettiamo un reato?

Stando a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza sopra citata, sembrerebbe proprio di sì.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Salerno aveva dichiarato un imputato colpevole per il reato di cui all’art. 641 c.p., in quanto egli, alla guida della propria autovettura, “dissimulando il proprio stato di insolvenza percorrendo l’autostrada alla barriera di (…) e non pagando il pedaggio dovuto contraeva un’obbligazione con l’Autostrade spa con il chiaro proposito di non adempierla, restando così debitore della somma di € 696,17”.

L’imputato, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

Secondo il ricorrente, infatti, le modalità del fatto escludevano la sussistenza del reato di cui all’art. 641 c.p., “per la cui integrazione sono necessari: 1) la dissimulazione dello stato di insolvenza; 2) l’assunzione dell’obbligazione con l’intenzione di non adempierla; 3) il dolo specifico quale finalizzazione della condotta dissimulazione della condizione di insolvente al successivo inadempimento”.

Evidenziava il ricorrente, infatti, come la Corte d’appello non avesse in alcun modo dimostrato l’intenzionalità della condotta dell’imputato, che doveva essere quindi ricondotta all’art. 176, comma 17, del codice della strada (che prevede il pagamento di una sanzione amministrativa per chi “ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio”).

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto “manifestamente infondato”.

Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello aveva “puntualmente descritto la condotta dell’imputato desumendo il dolo specifico dallo sviluppo progressivo della condotta concretatasi in quattordici inadempimenti successivi”.

Di conseguenza, il giudizio della Corte d’appello non poteva in alcun modo considerarsi illogica dal punto di vista della valutazione del fatto.

Secondo la Cassazione, inoltre, l’art. 641 cod. pen. era stato correttamente applicato, dal momento che, ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente, “quanto alla dissimulazione dello stato di insolvenza, anche il silenzio serbato al momento della ricezione del talloncino all’ingresso in autostrada”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, confermando integralmente la sentenza di secondo grado e condannando il ricorrente stesso al pagamento delle spese processuali.


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