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Come difendersi dagli insulti online legalmente, ecco cosa devi fare e come raccogliere le prove: guida completa

Come difendersi dagli insulti online legalmente, ecco cosa devi fare e come raccogliere le prove: guida completa
Vediamo nel dettaglio quali sono i rimedi giuridici per difendersi dagli attacchi online e dal cyberbullismo
Con la diffusione dei social media e delle piattaforme digitali, la possibilità di esprimersi in modo immediato e pubblico ha generato un fenomeno sempre più diffuso: l’insulto online. Offese, commenti denigratori e vere e proprie campagne d’odio vengono spesso pubblicate sui social network, nei forum, o tramite app di messaggistica.

Cosa si può fare, concretamente, per difendersi da tali comportamenti? In questo articolo analizziamo gli strumenti giuridici a disposizione delle vittime di insulti online e il modo di utilizzarli in modo efficace.

Il principale strumento offerto dalla legge per contrastare gli insulti online è l’art. 595 del c.p., che disciplina il reato di diffamazione. Questo si verifica quando qualcuno offende la reputazione altrui, comunicando con più persone. La pena è aumentata se l’offesa avviene attraverso un mezzo di pubblicità, come internet o i social media.
Quindi, un commento su Facebook, un tweet offensivo o un video diffamatorio su YouTube possono configurare diffamazione aggravata, punita con la reclusione fino a tre anni o con una multa molto salata. Oltre alla pena prevista per il reato, a seconda della gravità dell’offesa e degli effetti che essa ha ingenerato sulla vittima, quest'ultima potrà avere anche diritto al risarcimento del danno ingiustamente patito.
Anche i gruppi chiusi o privati, se abbastanza numerosi, sono stati riconosciuti come “luoghi pubblici” dalla giurisprudenza, in quanto la potenziale visibilità dell’insulto può risultare elevata. Dunque, secondo la stessa logica, gli insulti inviati tramite un’app di messaggistica possono integrare anch’essi gli estremi del reato di diffamazione, se nella chat sono presenti più persone.

È importante distinguere tra ingiuria e diffamazione. L’ingiuria era un reato fino al 2016, quando è stata depenalizzata. Ora rappresenta un illecito civile, sanzionato civilmente con il risarcimento del danno. Si tratta di un’offesa diretta alla persona presente, come ad esempio un insulto faccia a faccia o via messaggio privato diretto.
La diffamazione, invece, ha rilievo penale e si verifica quando l’offesa viene comunicata a più persone.
In ambito digitale, ciò avviene con facilità: basta un commento su un post pubblico, un meme offensivo o una storia su Instagram per integrare gli estremi del reato.
Per potersi difendere efficacemente è essenziale raccogliere le prove:
  • screenshot dei commenti o dei post offensivi, comprensivi di data, ora e nome dell’autore;
  • link ai contenuti pubblicati, se ancora accessibili;
  • registrazione dello schermo, utile per documentare contenuti che potrebbero essere rapidamente eliminati.
Inoltre, quando l'offesa proviene da un utente la cui identità non è verificata, attraverso l'intervento di esperti di informatica forense sarà possibile rintracciare il codice univoco assegnato all'utente di internet all'atto dell'iscrizione al social network ove si verifica l'illecito, oppure risalire all'indirizzo IP collegato al computer dal quale proveniva l'offesa. Non rileva che il profilo sia stato cancellato dopo la commissione del reato: le verifiche degli esperti informatici sono in grado di risalire al fatto anche successivamente alla cancellazione del commento o del profilo che l'ha pubblicato.

Chiaramente, è sempre preferibile reagire con compostezza, onde evitare che la situazione degeneri e che si possa innescare uno scambio di insulti e offese, che potrebbero generare problemi anche per l’iniziale vittima dei commenti offensivi.
Chi è vittima di insulti online ha diverse possibilità di difesa:
  1. querela per diffamazione: va presentata entro tre mesi dall’evento offensivo. Può essere depositata presso la Questura, i Carabinieri o la Procura della Repubblica. È sempre consigliabile allegare tutte le prove disponibili;
  2. azione civile per risarcimento danni: anche in assenza di querela, è possibile agire in sede civile per ottenere il risarcimento dei danni morali (sofferenza psicologica), non patrimoniali (es. danno all’immagine) e, in certi casi, dei danni patrimoniali (ad esempio, perdita di lavoro o clienti a causa della diffamazione);
  3. richiesta di rimozione dei contenuti: le principali piattaforme (Meta, X, TikTok, YouTube) mettono a disposizione strumenti per segnalare contenuti inappropriati o offensivi. In alcuni casi, è utile inviare una diffida legale al social network o al provider, chiedendo la rimozione del contenuto lesivo;
  4. ordine del giudice: in caso di contenuti particolarmente gravi, è possibile chiedere a un giudice un provvedimento d’urgenza per ordinare la rimozione immediata del contenuto.
Gli insulti online non sono una manifestazione della "libertà di parola", così come garantita dall’art. 21 Cost.: quando ledono la dignità e la reputazione di una persona, essi costituiscono reato.
Ogni cittadino ha diritto a difendersi da questi abusi, e la legge offre strumenti concreti per farlo.

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