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Clausola penale troppo alta: i poteri del giudice

Clausola penale troppo alta: i poteri del giudice
Se la clausola penale in caso di inadempimento contrattuale è troppo alta ed appare palesemente sproporzionata il giudice ha il potere di ridurla ad equità.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13902 del 7 luglio 2016, ha fornito alcune interessanti in tema di clausola penale inserita in un contratto.

La possibilità di inserire in un contratto una clausola penale è prevista espressamente dagli articoli 1382 e seguenti del codice civile, in cui si stabilisce che i contraenti possono prevedere che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento delle prestazioni pattuite, il contraente inadempiente sia tenuto a pagare una determinata somma di denaro.

Ebbene, cosa succede se la penale viene stabilita in misura troppo alta? C’è la possibilità di tutelarsi?

Secondo la Corte di Cassazione, sembrerebbe di sì.

Nel caso esaminato dalla Corte, ad un condominio veniva notificato un decreto ingiuntivo da parte di una ditta incaricata di effettuare dei lavori di pavimentazione della strada privata condominiale, la quale chiedeva, inoltre, il pagamento della somma prevista dalla clausola penale inserita nel contratto.

Il condominio agiva, quindi, in giudizio, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo stesso poichè erano già stati versati alcuni acconti e, comunque, la ditta non aveva ultimato i lavori.

La creditrice si difendeva, invece, affermando che, a seguito del sopralluogo effettuato, l’opera doveva ritenersi accettata dal condominio committente.

Il Tribunale rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal condominio, confermando il decreto stesso; pertanto veniva proposto appello, lamentando, tra gli altri motivi di impugnazione, anche l’eccessività della penale.

La sentenza di primo grado, tuttavia, veniva confermata anche dalla successiva pronuncia della Corte d’Appello, la quale, con particolare riferimento alla questione relativa al pagamento della clausola penale, rilevava che nel contratto era stata originariamente prevista una clausola penale di importo più elevato, ma che la medesima era già stata liquidata in misura inferiore, in quanto la stessa ditta l’aveva ridotta in ragione del parziale adempimento da parte del condominio. Di conseguenza, tale importo non andava ulteriormente ridotto.

Il condominio, ritenendo la condanna ingiusta, decideva, quindi, di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Secondo il condominio, infatti, la Corte d’Appello “avrebbe errato nell’escludere una diminuzione della penale, dal momento che l’art. 1384 del c.c. prevede espressamente che il giudice possa diminuire la penale se l’ammontare di essa è manifestamente eccessivo o si traduce in un corrispettivo a titolo di interessi superiore al tasso di usura”.

In particolare, secondo il condominio, far decorrere la penale “dalla data della domanda sino alla data dell’effettivo pagamento, senza tener conto del tempo decorso per il giudizio di primo grado e del comportamento processuale del Condominio, avrebbe in concreto il significato di riconoscere al creditore, sul ritardato pagamento di un residuo e minor credito, un tasso di gran lunga superiore a quello ritenuto per legge come tasso usuraio in contrasto con l’art. 1815, secondo comma, c.c.”.

La Corte di Cassazione riteneva tale motivo di ricorso fondato.

La Cassazione ricorda, infatti, che l’art. 1384 c.c. consente al giudice di diminuire la penale “se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte, ovvero, se l’ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento”.

Inoltre, “considerato che la possibilità della riduzione, ad una “misura equa”, trova la sua ragion d’essere nell’interesse del debitore inadempiente”, secondo la Corte, il giudice, nel diminuire la penale, dovrebbe far riferimento al criterio del “equo contemperamento degli interessi contrapposti, che assicuri, cioè, il posizionamento del soggetto adempiente sulla curva di indifferenza più vicina a quella su cui si sarebbe collocato qualora il contratto fosse stato adempiuto”.

Infatti, l’art. 1384 c.c. “non ha la funzione di proteggere il contraente economicamente più debole dallo strapotere dei più forte, tuttavia, mira alla tutela e ricostituzione dell’equilibrio contrattuale, evitando che da un inadempimento parziale o, comunque, di importanza non enorme, possano derivare conseguenze troppo gravi per l’inadempiente”.

Nel caso di specie, dunque, la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare, in primo luogo, “se la penale nella sua totalità, in ragione dell’intera economia contrattuale, fosse di per sè eccessiva”, in secondo luogo, se “quella penale, sia pure ridotta, prevista per l’inadempimento di un’obbligazione ben più significativa, poteva essere riferita anche allo specifico parziale inadempimentoe, in terzo e ultimo luogo, se “nella visione del comportamento complessivo delle parti, anche, giudiziale, fosse possibile rapportare l’originaria penale alla parte di obbligazione non adempiuta mediante una semplice operazione aritmetica, senza alcuna considerazione dei nuovo equilibrio contrattuale ovvero dei nuovi e residui interessi contrapposti”.

Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal condominio, rinviando la causa alla Corte d’Appello, così che la medesima decidesse in base ai principi sopra formulati.


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