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Bonus casalinghe 2025, pensione con soli 5 anni di contributi: ecco gli i importi, agevolazioni e requisiti aggiornati

Bonus casalinghe 2025, pensione con soli 5 anni di contributi: ecco gli i importi, agevolazioni e requisiti aggiornati
Tra previdenza volontaria, assegno sociale e misure di inclusione, il lavoro domestico resta una colonna invisibile dell’economia italiana, ma senza un riconoscimento pieno nel diritto
Occuparsi della casa, gestire la spesa, cucinare, tenere in ordine, prendersi cura dei figli, di genitori anziani o di persone non autosufficienti è un impegno quotidiano che richiede tempo, organizzazione e responsabilità, e che sostiene, in modo silenzioso ma fondamentale, la nostra società e l’economia.

Il nostro ordinamento, pur riconoscendo la centralità della famiglia e della dignità del lavoro, ha sempre faticato a tradurre questo riconoscimento in strumenti di tutela per chi si dedica alla cura domestica. L'espressione “bonus casalinghe e casalinghi” compare spesso nei titoli delle notizie, ma con un significato ambiguo. In realtà, non esiste oggi un bonus unico o universale dedicato a chi svolge attività di cura non retribuita. Esistono però alcune agevolazioni e forme di sostegno economico che possono offrire un minimo di protezione.

La prima forma previdenziale prevista per i casalinghi è il Fondo di previdenza volontaria per casalinghe e casalinghi, istituito nel 1996 e gestito dall’INPS. E' una forma di assicurazione volontaria per chi non ha un lavoro retribuito, né altre coperture previdenziali obbligatorie. Chi vi aderisce può versare contributi a propria scelta, costruendo nel tempo una pensione basata sui versamenti autonomamente effettuati.
Possono iscriversi al Fondo le persone di età compresa tra 16 e 65 anni che si occupano in via continuativa della cura della casa e del proprio nucleo familiare. Per ottenere un anno intero di contribuzione è necessario versare almeno 309,84 euro all’anno, ma l’importo può essere superiore se si desidera aumentare la futura pensione. Dopo almeno 5 anni di contributi si può maturare il diritto a una pensione di vecchiaia, a partire dai 57 anni (se l’importo è superiore a una certa soglia), oppure dai 65 anni. È prevista anche una pensione di inabilità per chi diventi impossibilitato a lavorare e abbia raggiunto almeno 5 anni di iscrizione al Fondo.
Pur essendo uno strumento importante, presenta un limite: non essendo previsto un trattamento minimo, l’importo della pensione può risultare piuttosto basso se i versamenti sono pochi o discontinui. Tuttavia, il Fondo rappresenta l’unica possibilità di costruire una copertura previdenziale per chi non lavora formalmente e desidera comunque tutelare il proprio futuro.

Chi non ha mai versato contributi può accedere, in età avanzata, all’assegno sociale. È una misura assistenziale destinata alle persone con più di 67 anni che si trovino in condizioni economiche svantaggiate. Per ottenerlo, bisogna avere redditi molto bassi: nel 2025, l’assegno pieno spetta a chi non ha reddito personale e, se vive in coppia, a chi ha un reddito familiare complessivo inferiore a circa 7.000 euro annui. Se si superano queste soglie, l’importo viene ridotto o non spetta affatto.
Non si tratta di una misura legata al lavoro domestico in sé, ma di uno strumento di sicurezza di base che può rappresentare un punto d’appoggio per chi, dopo una vita dedicata alla casa, non dispone di altre entrate economiche.

Il legislatore ha poi introdotto anche l’Assegno di Inclusione, una misura destinata ai nuclei familiari in difficoltà economica, con l’obiettivo di favorire la loro inclusione sociale e lavorativa. Chi si occupa della cura di familiari con disabilità, minori o persone anziane, può essere esonerato dagli obblighi di partecipazione ai percorsi di lavoro o formazione previsti dalla misura.

Infine, a livello locale, molti Comuni e Regioni offrono agevolazioni e corsi di formazione pensati per chi desidera aggiornarsi o reinserirsi nel mercato del lavoro dopo anni di impegni domestici. In alcuni casi, sono previsti contributi per la frequenza di corsi di riqualificazione professionale o incentivi per avviare un’attività autonoma.

L’assenza di un bonus specifico per chi si occupa della casa non significa che il lavoro domestico non abbia valore. Secondo le più recenti rilevazioni dell’Istat sull’uso del tempo, in Italia oltre il 90% delle persone tra i 20 e i 74 anni svolge ogni giorno attività domestiche o di cura non retribuite, per una media di più di tre ore al giorno. Sommando questo impegno sull’intera popolazione, si arriva a centinaia di milioni di ore di lavoro non pagato quotidianamente, il cui valore economico stimato supera i 700 miliardi di euro l’anno, pari a circa il 40% del PIL nazionale.

La Costituzione italiana riconosce un ruolo sociale, oltre che economico, a tale lavoro: già la Corte Costituzionale, nel lontano 1995, qualificò il lavoro domestico come attività che merita tutela, richiamando l’art. 35 della Costituzione.

In ogni caso, chi si occupa del lavoro di cura, oggi, può contare su un insieme frammentato di tutele, ma non di un singolo “bonus” dedicato, mancando ancora una previsione normativa in tal senso.

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