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Aumento dell'assegno di mantenimento se la moglie lavora solo ogni tanto e in nero

Famiglia - -
Aumento dell'assegno di mantenimento se la moglie lavora solo ogni tanto e in nero
La Corte di Cassazione si è pronunciata ancora una volta in tema di assegno di mantenimento, dando alcune precisazioni per il caso specifico del coniuge beneficiario che lavori ma solo occasionalmente e non abbia intrattenuto una nuova convivenza che possa definirsi “stabile”.

Nel caso esaminato dalla Corte, con la sentenza n. 4175 del 2 marzo 2016, una donna divorziata aveva agito in giudizio al fine di chiedere l’assegno di mantenimento nei confronti dell’ex marito, in considerazione delle sue precarie condizioni economiche.

La domanda veniva respinta in primo grado, mentre la Corte d’Appello ribaltava tale decisione, riconoscendo il diritto della donna all’assegno stesso, in considerazione del fatto che la stessa lavorava ma solo occasionalmente (oltretutto, in nero) ed, inoltre, conviveva con un nuovo compagno ma tale convivenza non poteva definirsi “convivenza stabile”. Inoltre, mentre in sede di divorzio alla donna era stata assegnata la casa familiare, dov’era andata a vivere assieme al figlio, la stessa, successivamente, le era stata revocata, in quanto il figlio era andato a vivere altrove.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello, rigettando il ricorso dell’ex marito e confermando il diritto dell’ex moglie all’assegno di mantenimento.

In particolare, la Corte di Cassazione osserva come il fatto di convivere con un’altra persona ma non in modo stabile, non può considerarsi un fattore idoneo ad incidere sulle condizioni economiche del soggetto.
Nel caso di specie, quindi, secondo la Corte la nuova convivenza, non stabile, della donna, non aveva affatto migliorato le sue condizioni economiche.

Inoltre, altra circostanza che induce la Corte a ritenere dovuto l’assegno è rappresentata dal fatto che la donna, se è vero che lavorava, era pur vero che lo faceva in modo del tutto occasionale e saltuario, tra l’altro “in nero”, vale a dire senza che la stessa avesse stipulato con il proprio datore di lavoro un vero e proprio contratto.

In proposito, la Corte richiama una sua precedente sentenza, la n. 19780 del 2 ottobre 2015, la quale ha confermato come l’obbligo di mantenimento in capo all’ex coniuge non viene meno in ragione del semplice fatto che l’altro ex coniuge abbia trovato un lavoro, in quanto, a tal fine, è necessario che il lavoro stesso sia tale da garantire al soggetto la percezione di un reddito tale da ritenere che non sia più necessario provvedere attraverso il mantenimento.

Va osservato, infatti, che quando il giudice, al momento della pronuncia della separazione o del divorzio, adotta i provvedimenti che ritiene più opportuni nell’interesse del coniuge economicamente più debole (si veda art. 156 del codice civile), deve ispirarsi al principio generale secondo cui i coniugi, dopo la cessazione del matrimonio, devono essere posti nelle condizioni di poter mantenere un tenore di vita analogo a quello di cui godevano in costanza di matrimonio.

Pertanto, secondo il ragionamento seguito anche in questo caso dalla Corte di Cassazione, il fatto di aver trovato un lavoro qualsiasi non fa di per sé venir meno l’obbligo di mantenimento, in quanto è necessario che il lavoro garantisca al coniuge un reddito che gli consenta, da solo, di mantenere un tenore di vita analogo di cui lo stesso godeva durante il matrimonio.


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