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Assegno di Inclusione 2026, se lavori in nero rischi di perdere il contributo e di dover restituire le somme: i dettagli

Assegno di Inclusione 2026, se lavori in nero rischi di perdere il contributo e di dover restituire le somme: i dettagli
Dal primo gennaio 2026 scatta una stretta durissima per chi impiega lavoratori irregolari beneficiari dell'Assegno di inclusione: la decurtazione dei punti dalla patente a crediti sarà immediata, senza più bisogno di attendere sentenze definitive. Una novità che cambierà radicalmente le regole del gioco per imprese e lavoratori autonomi
La vera rivoluzione introdotta dal Decreto Sicurezza sul lavoro (D.L. 159/2025) riguarda i tempi e le modalità con cui viene applicata la penalizzazione. Fino ad oggi, infatti, la perdita dei punti dalla patente a crediti avveniva soltanto dopo che le sentenze o le ordinanze fossero diventate definitive, lasciando quindi spazio a eventuali ricorsi e tempi tecnici che potevano dilatarsi anche per mesi. Con l'entrata in vigore della nuova normativa, invece, basterà il verbale unico di accertamento e notifica redatto dall'Ispettorato nazionale del lavoro per far scattare automaticamente la sanzione.
La modifica è stata inserita all'articolo 27 del D.Lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza sul lavoro), attraverso l'introduzione del nuovo comma 7-bis, e rappresenta un cambio di passo netto nella lotta al lavoro sommerso. Non ci sarà più alcuna possibilità di attendere l'esito di contenziosi o di regolarizzazioni tardive: il datore di lavoro che viene sorpreso a impiegare un percettore dell'Assegno di inclusione senza contratto regolare vedrà decurtati i punti immediatamente, anche se dovesse provvedere successivamente a sanare la posizione del dipendente. Si tratta di una misura pensata per avere un effetto deterrente fortissimo, colpendo direttamente la capacità operativa delle imprese.
Sei punti in meno per ogni lavoratore irregolare
Il meccanismo sanzionatorio previsto dalla nuova norma è particolarmente severo e si basa su un sistema di penalità progressive. Per ogni percettore dell'Assegno di inclusione impiegato in modo irregolare, l'impresa o il lavoratore autonomo perderà 6 punti dalla patente a crediti: cinque punti sono previsti per la violazione base relativa al lavoro nero, mentre un punto aggiuntivo scatta come aggravante specifica introdotta proprio dal decreto sicurezza. Considerando che la patente a crediti parte da un totale di 30 punti e che, sotto quota 15 punti, l'azienda non può più operare nei cantieri, è facile comprendere quanto sia alto il rischio per chi non rispetta le regole. Basterebbero, infatti, soltanto due lavoratori irregolari beneficiari dell'assegno per vedersi decurtare 12 punti in un colpo solo, avvicinandosi pericolosamente alla soglia critica che comporta il blocco totale dell'attività in cantiere. Una situazione che potrebbe tradursi in perdite economiche devastanti, soprattutto per le piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale del settore edile italiano. La tolleranza verso queste pratiche scorrette è definitivamente finita.
Conseguenze pesanti anche per i beneficiari dell'assegno
La stretta non riguarda soltanto i datori di lavoro, ma colpisce duramente anche chi percepisce il sostegno economico. Un lavoratore beneficiario dell'Assegno di inclusione che venga scoperto mentre lavora irregolarmente in un cantiere, infatti, va incontro a una serie di conseguenze amministrative e penali di notevole gravità.
La prima e più immediata sanzione è la revoca istantanea del sussidio, che viene disposta senza margini di negoziazione o possibilità di giustificazione. A questa si aggiunge l'obbligo di restituire tutte le somme percepite indebitamente, che possono ammontare a migliaia di euro se il lavoro nero è andato avanti per diversi mesi. Ma le ripercussioni più gravi riguardano la sfera penale: nei casi più seri, chi viene colto in flagrante rischia di essere denunciato per truffa ai danni dello Stato, un reato che può comportare conseguenze giudiziarie ben più pesanti di una semplice sanzione amministrativa.
Il messaggio del legislatore è chiaro: chi usufruisce di un sostegno pubblico destinato a chi si trova in condizioni di difficoltà economica non può contemporaneamente svolgere attività lavorative non dichiarate, sottraendo risorse alla collettività e falsando le regole del mercato del lavoro.
Una norma che nasce da un sospetto mai sopito
Dietro questa stretta normativa si nasconde una convinzione radicata che ha sempre accompagnato il dibattito sull'Assegno di inclusione e, prima ancora, sul Reddito di cittadinanza: l'idea che una parte significativa dei beneficiari svolga in realtà attività lavorative non dichiarate, specialmente nei cantieri edili dove il lavoro nero è storicamente più diffuso. La nuova disciplina, che si applicherà esclusivamente alle violazioni commesse a partire dal primo gennaio 2026, rappresenta quindi una vera e propria tolleranza zero nei confronti di chi abusa dei benefici sociali legati all'inclusione.
Non si tratta più soltanto di controlli a campione o di verifiche estemporanee, ma di un sistema che punisce immediatamente e in modo automatico chi viene sorpreso a violare le regole, senza lasciare spazi di manovra o possibilità di rinvio. L'obiettivo dichiarato è duplice: da un lato tutelare chi ha davvero bisogno del sostegno economico, dall'altro scoraggiare comportamenti opportunistici che danneggiano l'intero sistema di welfare e creano concorrenza sleale nel mercato del lavoro. Le imprese dovranno, quindi, fare molta attenzione nella selezione e gestione del personale, mentre i lavoratori beneficiari dell'assegno dovranno scegliere se rinunciare al sussidio per lavorare regolarmente o rispettare gli obblighi previsti dalla normativa sull'inclusione.


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