Tracciabilità obbligatoria
Dal 2020, per poter beneficiare delle detrazioni Irpef su determinate spese (mediche, scolastiche, sportive ecc.), è necessario effettuare il pagamento con strumenti che permettano di identificare chiaramente chi ha pagato e chi ha incassato. È il principio della tracciabilità, introdotto con la Legge di Bilancio 2020 e confermato più volte dall’Agenzia delle Entrate.
Gli strumenti di pagamento riconosciuti come tracciabili sono:
- bonifico bancario o postale;
- carte di debito, credito e prepagate;
- bancomat;
- assegno;
- MAV e PagoPA (per i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione).
Inoltre, si potrebbe richiedere al fornitore di indicare in fattura la dicitura “pagamento tracciato”: se stampata dal sistema e non scritta a mano, la stessa vale da sola come prova del pagamento a fini fiscali, senza necessità di allegare estratti conto o ricevute.
App e wallet digitali? Sì, ma serve una prova concreta
Con l’arrivo dell’open banking e della normativa PSD2, sono spuntati nuovi strumenti di pagamento: app, portafogli digitali, piattaforme fintech e sistemi basati su istituti di moneta elettronica. L’Agenzia delle Entrate non li esclude, ma nel rispetto di alcune condizioni, ovvero:
- il servizio dev’essere collegato a un conto bancario intestato al contribuente;
- l’operatore deve essere soggetto a vigilanza (ad esempio, iscritto all’albo tenuto dalla Banca d’Italia).
Inoltre, è fondamentale conservare una documentazione che attesti l’operazione:
- copia della transazione o ricevuta dell’app;
- conferma via e-mail della piattaforma usata;
- oppure un estratto conto dettagliato che indichi con chiarezza l’identità del destinatario del pagamento.
Se queste informazioni non sono disponibili, è buona prassi scaricare le ricevute direttamente dall’app con cui si è effettuato il pagamento.
Criptovalute e monete alternative: il “no” (temporaneo) del Fisco
Situazione differente, invece, quando si tratta di strumenti come Bitcoin, Ethereum o valute complementari locali. Attualmente, l’Agenzia delle Entrate non riconosce i pagamenti effettuati con criptovalute ai fini delle detrazioni fiscali. In questi casi, anche se le transazioni su blockchain sono registrate in modo permanente, manca la possibilità di associare in modo certo un nome e un codice fiscale al soggetto che riceve, il quale viene identificato con codici alfanumerici.
Risposta analoga per le valute complementari, come i crediti scambiati in circuiti locali: secondo il Fisco, gli stessi non garantiscono la trasparenza necessaria, anche se alcuni esperti stanno spingendo per un aggiornamento delle regole, viste le crescenti tutele adottate da certi circuiti certificati.
Una possibile eccezione riguarda le criptoattività gestite tramite intermediari finanziari italiani, obbligati a rilasciare una certificazione delle operazioni. Tuttavia, su questo fronte manca ancora un chiarimento ufficiale da parte dell’AdE.