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Agenzia delle Entrate, in arrivo nuovi controlli fiscali alle partite IVA nel 2026: ecco i criteri e chi è a rischio

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Agenzia delle Entrate, in arrivo nuovi controlli fiscali alle partite IVA nel 2026: ecco i criteri e chi è a rischio
Al via oltre 270.000 controlli mirati sulle partite IVA: i contribuenti saranno selezionati tramite algoritmi, punteggi ISA e lettere di compliance
Nel 2026 il Fisco cambierà marcia. Non parliamo dei soliti controlli “a tappeto”, ma di una strategia molto più selettiva, basata sull’impiego di algoritmi, incroci di dati e indizi che fanno scattare l’alert. Gli osservati speciali saranno le partite IVA e i piccoli imprenditori, soprattutto in caso di anomalie nei ricavi, mancata risposta alle comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate o non adesione al concordato preventivo biennale. Il nuovo piano operativo, delineato dall’Agenzia delle Entrate e supportato dall’azione della Guardia di Finanza, prevede un intervento su larga scala che ingloba oltre 270.000 controlli mirati.

Uno dei parametri decisivi nella selezione dei contribuenti da sottoporre a verifica resta il punteggio ISA. Questi indici, assegnati alle attività economiche in base ai dati contabili e ai fattori strutturali dell’impresa, servono a valutare l’affidabilità fiscale dei contribuenti.
Un punteggio elevato vicino al 10 porta a benefici rilevanti, come tempi più brevi per eventuali accertamenti e soglie più alte per la certificazione di conformità. Al contrario, chi si colloca nella fascia bassa viene considerato statisticamente più esposto a incongruenze tra ricavi dichiarati e ricavi attesi sulla base delle caratteristiche dell’attività. In particolare, i controlli scattano automaticamente in caso di punteggi inferiori a 6. Il Fisco tiene conto di diversi elementi, come settore di riferimento, localizzazione, struttura dei costi, personale impiegato, nonché ogni altro elemento utile a stimare un volume d’affari coerente.
Quando i dati dichiarati sono significativamente inferiori a quelli che risultano dalle analisi del Fisco, scatta l’alert automatico che può sfociare in un accertamento. Non si tratta di un indice presuntivo di evasione, ma di un indicatore che attiva un livello superiore di attenzione.

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha puntato sulla cosiddetta “compliance collaborativa”, privilegiando lo scambio di informazioni rispetto a un’immediata attività accertativa. Ciò ha portato a un uso massiccio delle lettere di compliance, strumenti attraverso i quali il Fisco segnala al contribuente eventuali discordanze rilevate nei dati dichiarati.
Solo nel 2025 sono state inviate circa tre milioni di comunicazioni, un numero dal quale si evince l’importanza attribuita alla fase preventiva. Queste lettere non hanno natura sanzionatoria, ma rappresentano per i contribuenti un’occasione per chiarire o correggere la posizione fiscale tramite invio di documenti, memorie o ricorso all’istituto del ravvedimento operoso.
Fondamentale, dunque, è la condotta del contribuente. Chi non risponde o non fornisce chiarimenti adeguati passa automaticamente nella categoria dei soggetti a rischio, con conseguente attivazione dei controlli formali e sostanziali.

Un ulteriore criterio di selezione riguarda l’adesione al concordato preventivo biennale, lo strumento che definisce anticipatamente una base imponibile per due anni, calcolata sulla base dei volumi d’affari storici, degli indici ISA e degli altri fattori caratteristici dell’attività.
Per chi sceglie di aderire, il livello dei controlli si riduce sensibilmente, grazie alla maggiore certezza data dalla base imponibile concordata con il Fisco. Chi, invece, non partecipa alla procedura viene inserito nelle liste di controllo per il 2026.


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