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Agenzia delle Entrate, gli accertamenti non scadono più il 31 dicembre: ecco la trappola dei 120 giorni

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Agenzia delle Entrate, gli accertamenti non scadono più il 31 dicembre: ecco la trappola dei 120 giorni
I termini di accertamento fiscale non si fermano più al 31 dicembre: proroghe, sospensioni ed eccezioni rendono la decadenza sempre più elastica e complessa da valutare per il contribuente
Negli ultimi anni il calendario dell’accertamento fiscale non rappresenta più una road map affidabile per il contribuente. La data del 31 dicembre, che per decenni ha rappresentato il limite invalicabile entro cui l’Agenzia delle Entrate doveva esercitare i propri poteri, oggi non è più un punto fermo. Le riforme tributarie più recenti, insieme al rafforzamento degli strumenti di dialogo preventivo tra Fisco e cittadino, hanno trasformato i termini di decadenza in un sistema elastico, capace di adattarsi alle esigenze dell’amministrazione finanziaria.

Il risultato è un quadro normativo in cui la scadenza formale resta sulla carta, ma nella pratica può essere superata attraverso una pluralità di meccanismi che sospendono o prorogano i termini ordinari. Contraddittorio preventivo, accertamento con adesione, verifiche su operazioni elusive, controlli su capitali esteri e istituti “premiali” come il concordato preventivo biennale modificano l’ambito temporale dell’azione accertativa. Per cui, al fine di valutare se un atto sia tempestivo o decaduto, è necessario analizzare puntualmente l’intera sequenza procedimentale.

In materia di imposte dirette e IVA, i termini ordinari sono stabiliti rispettivamente dal D.P.R. 600/1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e dal D.P.R. 633/1972 (Testo unico IVA). Per i periodi d’imposta dal 2016 in poi, l’amministrazione deve notificare l’accertamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. In caso di omessa dichiarazione, l’orizzonte si estende al settimo anno.

Al di là di queste scadenze, vi sono una serie di eccezioni oramai divenute strutturali.
La prima è legata al contraddittorio preventivo obbligatorio, introdotto per rafforzare il diritto di difesa del contribuente prima dell’adozione dell’atto impositivo. Quando l’Ufficio trasmette uno schema di accertamento, è tenuto a concedere un termine per la presentazione di osservazioni e documenti. Se la conclusione di questa fase cade a ridosso della decadenza, o addirittura oltre, la legge interviene a tutela dell’azione amministrativa e il termine finale per notificare l’atto viene automaticamente spostato in avanti, garantendo fino a 120 giorni aggiuntivi. In concreto, ciò significa che un accertamento che, secondo la regola ordinaria, sarebbe destinato a decadere a fine anno può essere legittimamente notificato nei primi mesi dell’anno successivo.

Un effetto simile si produce anche quando il contribuente sceglie di percorrere la strada dell’accertamento con adesione. La finalità deflattiva dell’istituto non può tradursi in un rischio per l’erario. Per questo motivo, se l’incontro tra le parti è troppo vicino alla scadenza naturale dei termini, la legge dispone una proroga automatica. In questo caso, la dilazione opera direttamente sulla data di decadenza ordinaria, che viene posticipata di ulteriori quattro mesi, spostando l’asticella temporale ben oltre il tradizionale spartiacque di dicembre.

Le esigenze di approfondimento istruttorio diventano ancora più evidenti nei procedimenti che riguardano l’abuso del diritto. Qui il Fisco è chiamato a valutare operazioni complesse, spesso caratterizzate da strutture giuridiche sofisticate. Quando l’amministrazione richiede chiarimenti al contribuente e la risposta arriva a ridosso della scadenza, la normativa assicura un margine temporale minimo per completare l’analisi.

Con riferimento, invece, ai controlli sulle attività finanziarie detenute all’estero in Stati o territori a fiscalità privilegiata, il legislatore ha scelto una soluzione più radicale: non una semplice proroga, ma il raddoppio dei termini ordinari di accertamento. Sebbene l’obiettivo sia coerente con le politiche di contrasto all’evasione internazionale, in concreto si estende in modo significativo l’esposizione del contribuente al potere impositivo.

Non mancano, infine, le ambiguità legate agli strumenti di compliance “premiata”. Il concordato preventivo biennale e i benefici connessi agli alti punteggi ISA promettono una riduzione dei termini di controllo per i contribuenti più affidabili. Tuttavia, questo vantaggio non opera in modo assoluto. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le verifiche volte ad accertare la legittimità dell’adesione al concordato possono essere avviate anche oltre i termini ridotti. In altre parole, l’abbreviazione dei tempi non impedisce all’amministrazione di contestare, successivamente, la sussistenza delle condizioni che hanno consentito l’accesso al regime agevolato.

Infine, a completare il quadro vi è la sospensione dei termini durante la finestra di 30 giorni concessa per aderire ai verbali di constatazione. Dal momento della consegna del PVC, il contribuente può scegliere se accettare integralmente i rilievi beneficiando di una riduzione sanzionatoria. Durante questo periodo, il decorso dei termini di accertamento si arresta.


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