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Articolo 1751 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Indennità in caso di cessazione del rapporto

Dispositivo dell'art. 1751 Codice Civile

(1)All'atto della cessazione del rapporto il preponente è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità(2) se ricorrono le seguenti condizioni(3): l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti; il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l'agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

L'indennità non è dovuta: quando il preponente risolve il contratto per un'inadempienza imputabile all'agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto(4); quando l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all'agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività(5); quando, ai sensi di un accordo con il preponente, l'agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d'agenzia.

L'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente ad un'indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall'agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

La concessione dell'indennità non priva comunque l'agente del diritto all'eventuale risarcimento dei danni.

L'agente decade dal diritto all'indennità prevista dal presente articolo se, nel termine di un anno dallo scioglimento del rapporto, omette di comunicare al preponente l'intenzione di far valere i propri diritti.

Le disposizioni di cui al presente articolo sono inderogabili a svantaggio dell'agente.

L'indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell'agente(6).

Note

(1) Articolo così sostituito dall'art. 4 del D. lgs. 10 settembre 1991, n. 303.
(2) L'indennità rappresenta una sorta di corrispettivo che il preponente versa all'agente per la clientela che questi gli ha procurato e di cui il primo continuerà, presumibilmente, a fruire. La norma accenna, quale unico criterio per determinarla, alle provvigioni che l'agente vede sfumare rispetto al volume degli affari dei nuovi clienti portati al preponente o di quelli già esistenti per i quali tali volume sia stato aumentato.
(3) Alinea così sostituito dall'art. 5, comma 1, D. lgs. 15 febbraio 1999, n. 65.
(4) Si tratta dell'obbligazione di promuovere la conclusione dei contratti (1742 c.c.) ovvero di una di quelle che incombono sull'agente ai sensi dell'art. 1746 c.c., purché, però, l'inadempienza sia talmente grave da non consentire la continuazione del rapporto.
(5) Quindi, il rischio del sopravvenire di tali circostanze viene fatto gravare sul preponente.
(6) Comma aggiunto dall'art. 5, comma 2, D. lgs. 15 febbraio 1999, n. 65.

Ratio Legis

Il diritto dell'agente ad una indennità in caso di cessazione del rapporto di lavoro dipende dalla circostanza per cui la sua posizione è, rispetto al preponente, simile a quella di un lavoratore a tempo indeterminato rispetto al suo datore di lavoro (v. 1742, 2118 ss. c.c.).

Spiegazione dell'art. 1751 Codice Civile

L'indennità di risoluzione per il contratto di agenzia a tempo indeterminato

Il rapporto di agenzia ha per base una prestazione di lavoro qualificata dalla stabilità e dall'autonomia.
Come per il contratto di lavoro l'art. 2120 prevede l'indennità di anzianità, così l'art. 1751 prevede per il rapporto di agenzia a tempo indeterminato la indennità di risoluzione.
L'agente spiega funzione attiva di collaborazione all'impresa del preponente, di cui diventa ausiliario, integrando nei rapporti esterni la funzione di essa. Perciò, quando nessun termine è stabilito circa la durata del contratto, l'imprenditore non può far cessare il rapporto senza dare all'agente un compenso per l'utilità che ha tratto dall'opera di lui. Se l'agenzia è una società il compenso è ugualmente dovuto, rimanendo ferme le ragioni che lo giustificano.
L'indennità di risoluzione è esclusa conformemente ai principi generali solo se lo scioglimento del rapporto si verifica per fatto imputabile all'agente. Esclusa la imputabilità del fatto all'agente per dolo o colpa, l'indennità è sempre dovuta tanto se la risoluzione si verifica per fatto del preponente quanto se si verifica per causa estranea.


In base a quali criteri si determina

L'agente non è impiegato, stante l'autonomia della sua attività. Ammesso quindi il diritto alla indennità, questa non può essere determinata con i criteri stabiliti per la indennità di anzianità dall'art. 2120 e, cioè, in proporzione degli anni di servizio. L'indennità per l'agente è costituita da una percentuale sull'ammontare delle provvigioni liquidategli per tutto il corso del contratto. La misura della percentuale si determina secondo gli usi: in mancanza è stabilita dal giudice secondo equità.
Non è stato accolto dal codice il criterio di un massimo annuo dell'ammontare delle provvigioni oltre il quale la percentuale non dovrebbe essere dovuta. Non può sorgere quindi per il codice la questione se verificandosi eccedenza in un anno e difetto in un altro in relazione al massimo stabilito, sia da ammettere il compenso fra i diversi anni.
Nelle provvigioni non sono comprese le somme corrisposte dal preponente all'agente a titolo di rimborso totale o parziale delle spese (arg. art. 1221, 1°comma).


Detrazioni sull'indennità

Dall'indennità di risoluzione si detrae quanto l'agente ha il diritto di ottenere per effetto di atti di previdenza volontariamente compiuti dal preponente. La formulazione di tale norma nel secondo comma dell'art. 1751 è diversa dalla formulazione della corrispondente norma dettata per il rapporto di lavoro dall'art. 2123. L'agente deve fare la detrazione: per il prestatore di lavoro l'imprenditore può fare la detrazione, salvo patto contrario. Sostanzialmente il contenuto delle due disposizioni non è diverso, giacché non è da escludere che anche nel rapporto di agenzia il preponente può non fare la detrazione nonostante l'agente abbia l'obbligo di sopportare che si faccia; come non è escluso che agente e preponente stabiliscano per fatto espresso che la detrazione non si debba fare.


L'indennità per il caso d'invalidità

L'indennità è dovuta anche in caso d'invalidità dell'agente, purché questa: a) sia permanente e totale; b) sia inoltre causa di scioglimento del rapporto.
La norma nei termini del terzo comma dell'art. 1751 non pare fosse necessaria giacché qualunque sia la causa dello scioglimento del rapporto, e quindi anche la invalidità, purché non sia imputabile all'agente, l'indennità è dovuta a termini del primo com­ma dell'articolo.

Per scorgere l'opportunità della disposizione del terzo comma dell'art. 1751 occorre fare l'ipotesi di una invalidità permanente e totale dell'agente a lui imputabile. Ma in questo caso l'indennità non è dovuta per i principi generali e per il primo comma dell'articolo.


A chi si trasmette l'indennità in caso di morte dell'agente

In caso di morte dell'agente l'indennità è dovuta agli eredi. Da notare la diversità della disciplina per il caso di morte del prestatore di lavoro o dell'agente.
Se muore il prestatore di lavoro i congiunti hanno diritto all'indennità se viventi a carico; la vivenza a carico è presunta iuris et de iure, per il coniuge e i figli; in concorso di più aventi diritto la ripartizione in caso di disaccordo è fatta con riguardo al bisogno; si seguono le norme della successione legittima solo se mancano le persone espressamente indicate (art. 2122).
In caso di morte dell'agente si prescinde dalla vivenza a carico e dal bisogno nella ripartizione; si seguono le norme della successione legittima o testamentaria a seconda della forma di delazione dell'eredità; possono ricevere l'indennità anche gli estranei se eredi.

I criteri sono diversi perché diversa è la natura del diritto nei due casi: nel rapporto di lavoro i congiunti conseguono l'indennità iure proprio, nel rapporto di agenzia l'indennità si trasmette iure hereditatis. Nel rapporto di agenzia l'indennità è il corrispettivo dell'apporto di utilità dell'agente all'azienda del preponente, costituisce un credito dell'agente verso l'imprenditore; con la morte dell'agente il diritto entra a far parte dell'eredità e si trasmette con questa, seguendo le regole proprie della successione ereditaria.


A chi spetta l'indennità di mancato preavviso se muore l'agente

Mentre come ora si è visto l'art. 1751 si riporta alle regole della successione per l'indennità di risoluzione, l'art. 1750 nulla dice per il caso di morte dell'agente dopo il recesso del preponente, il quale per aver omesso di dare il preavviso nel termine stabilito dagli usi sia obbligato al pagamento della corrispondente indennità. Data la natura specifica della indennità di preavviso, giustificabile solo nei riguardi delle persone viventi a carico, sembra che debbano valere le norme proprie del rapporto di lavoro subordinato, che sono quelle dell'art. 2122 ora ricordate.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

723 Per quanto riguarda l'estinzione del rapporto di agenzia, vengono applicati i principii generali del contratto di lavoro (art. 1750 del c.c.); e così, in relazione al rapporto a tempo indeterminato, viene riconosciuto all'agente, oltre a un'indennità di preavviso, un'indennità di risoluzione, il cui fondamento si riallaccia all'indennità di anzianità prevista per il contratto di lavoro (art. 1751 del c.c.). Si giustifica l'estensione all'agente di una tutela identica a quella accordata al lavoratore, per la stabile collaborazione che l'agente presta all'impresa del preponente, di cui costituisce un vero e proprio ausiliario, anche se ha certi caratteri di autonomia che rendono inconfondibile la sua figura con quella di un impiegato. La singolare posizione dell'agente spiega i criteri che si sono seguiti nella disciplina dell'indennità, e che divergono alquanto dai criteri invalsi per i rapporti di lavoro subordinato. L'indennità si determina in base all'ammontare delle provvigioni liquidate all'agente nel corso dell'intero rapporto, e in misura proporzionale all'ammontare stesso; essa è dovuta anche per il caso di invalidità permanente e totale dell'agente. Nel caso di morte si devolve agli eredi e non ai congiunti viventi a carico.

Massime relative all'art. 1751 Codice Civile

Cass. civ. n. 22535/2022

In tema di sub agenzia, la richiesta, anche parziale, dell'indennità di cessazione del rapporto entro il termine annuale di cui all'art. 1571, comma 5, c.c., in qualunque modo effettuata, purché con specificazione del titolo, impedisce qualsiasi decadenza, consentendo all'agente di chiederne un'integrazione senza essere assoggettato al termine medesimo.

Cass. civ. n. 8964/2021

In tema di contratto di agenzia, l'impugnativa del recesso del preponente da parte dell'agente non è assoggettata al termine di decadenza di cui all'art. 32, comma 3, lett. b), della l. n. 183 del 2010, sia perché la disposizione citata, eccezionale e di stretta interpretazione, richiama esclusivamente i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non anche le altre forme di parasubordinazione di cui all'art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c., utilizzando il termine "committente" che esula dal rapporto di agenzia, sia alla luce di un criterio interpretativo logico-sistematico, sulla base del duplice rilievo che il rapporto di agenzia può presentare forme organizzative incompatibili con la natura personale dei co.co.co. e che a carico dell'agente l'art. 1751 c.c. già prevede una particolare ipotesi di decadenza.

Cass. civ. n. 21602/2019

Nella disciplina dell'indennità di cessazione del rapporto di agenzia di cui all'art. 1751 c.c., nel testo introdotto dall'art. 4 del d.lgs. n. 303 del 1991 (applicabile anche ai rapporti di subagenzia), fatto costitutivo del diritto è la cessazione del rapporto, prevista nel comma 1, unitamente alle condizioni previste dalle successive due articolazioni dello stesso comma (in via alternativa, originariamente, e in via cumulativa, a seguito della modifica attuata dall'art. 5 del d.lgs. n. 65 del 1999). Pertanto, detta indennità non solo sorge al momento dell'effettiva cessazione del contratto, ma presuppone anche che l'agente generale ottenga la restituzione del portafoglio clienti possibilmente, incrementato rispetto al momento della consegna. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che, in caso di subentro di un nuovo agente all'originario, aveva escluso il diritto del subagente all'indennità in questione, stante la prosecuzione del rapporto di subagenzia con il nuovo agente, senza che il portafoglio clienti fosse restituito al precedente, sul quale pertanto, non poteva farsi gravare alcun onere, neppure in via di regresso o manleva).

Cass. civ. n. 25740/2018

Ai fini del riconoscimento dell'indennità ai sensi dell'art. 1751 c.c., è necessario che l'agente abbia procurato al preponente nuovi clienti ovvero abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i contraenti già acquisiti, restando conseguentemente esclusa dall'ambito di applicabilità di tale norma l'attività di reclutamento e coordinamento degli agenti, in quanto quest'ultima, pur rilevante sul piano organizzativo, si pone come strumentale ed accessoria rispetto a quella, direttamente volta alla promozione della clientela, che l'indennità di cessazione del rapporto è specificamente finalizzata a premiare.

Cass. civ. n. 21377/2018

In tema di indennità per cessazione del rapporto di agenzia, l'art. 1751 c.c., applicabile "ratione temporis", ne individua i presupposti nel fatto che l'agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con quelli già esistenti e prevede, senza tipizzarla, che essa sia equa; la determinazione di tale requisito funzionale va effettuata valutando le sole " circostanze del caso", intendendosi per tali tutti gli elementi, ulteriori e diversi rispetto a quelli costitutivi, che siano idonei a pervenire ad una adeguata personalizzazione del "quantum" spettante all'agente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, ai fini della determinazione dell'indennità, aveva considerato sia la lunga durata del rapporto di agenzia sia la circostanza che l'agente fosse plurimandatario).

Cass. civ. n. 15375/2017

In tema di indennità per cessazione del rapporto di agenzia, il comma 3 dell'art. 1751 c.c. delinea soltanto il limite massimo consentito dalla legge per la sua determinazione in via equitativa, da commisurarsi con riferimento alla media annuale delle retribuzioni percepite dall'agente nell'ultimo quinquennio, ovvero, se il contratto di agenzia è stato di durata inferiore, alla media del corrispondente minor arco temporale; detto limite insuperabile non è connotato dall’inderogabilità, prevista esclusivamente per il limite minimo regolato dal successivo comma 6; quest’ultimo, infatti, al fine di assicurare all'agente il risultato migliore, prevede che l'importo determinato dal giudice deve prevalere su quello, eventualmente inferiore, spettante in applicazione di altri criteri diversamente pattuiti.

Cass. civ. n. 20047/2016

Ai fini del riconoscimento dell'indennità di cessazione del rapporto di cui all'art. 1751 c.c., non è sufficiente la provvista di nuovi clienti ovvero il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche la seconda condizione, ossia che alla cessazione del rapporto il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti nuovi procurati dall'agente ovvero dall'incremento di affari con i preesistenti. Né, sulla base della formulazione della norma, è sufficiente che il recesso non sia imputabile all'agente, ovvero che non ricorrano le altre preclusioni ostative ivi contemplate, il cui difetto, perciò, non basta da solo ad integrare il diritto all'indennità, configurabile soltanto allorché sussistano pure le altre due condizioni. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva negato la detta indennità ad un promotore finanziario in assenza di prova che gli investimenti dei clienti apportati fossero rimasti presso la banca preponente).

Cass. civ. n. 19300/2015

In tema di rapporto di agenzia, la violazione, da parte del preponente, degli obblighi di correttezza e buona fede è idonea a giustificare, in base alla gravità delle circostanze, lo scioglimento del rapporto di agenzia per giusta causa, sicché, in caso di recesso, l'agente ha diritto all'indennità prevista dall'art. 1751 c.c. ove abbia specificamente allegato e dedotto la concreta violazione degli obblighi a carico del preponente, dovendosi comunque escludere che quest'ultimo sia tenuto alla conservazione dei contratti procurati a garanzia dell'interesse (e dell'immagine) di colui che abbia concorso a procurarli, attesa l'assenza, a differenza di quanto avviene nel rapporto di lavoro subordinato, di un obbligo di protezione della professionalità dell'agente.

Cass. civ. n. 24776/2013

L'indennità di cessazione del rapporto di agenzia compensa l'agente per l'incremento patrimoniale che la sua attività reca al preponente sviluppando l'avviamento dell'impresa. Ne consegue che tale condizione deve ritenersi sussistente, ed è quindi dovuta l'indennità, ove i contratti conclusi dall'agente siano contratti di durata, in quanto lo sviluppo dell'avviamento e la protrazione dei vantaggi per il preponente, anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, sono "in re ipsa", mentre resta irrilevante la circostanza che i vantaggi derivanti dai contratti in questione non possano essere ricevuti dal preponente per suo fatto volontario (nella specie, per l'avvenuta cessione dell'azienda).

Cass. civ. n. 20089/2013

L'indennità di cessazione del rapporto, disciplinata dall'art. 1751 c.c., non è dovuta all'agente in ogni caso di scioglimento del rapporto e, in particolare, non è dovuta quando l'agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all'agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell'attività.

Cass. civ. n. 18264/2013

L'art. 1751 c.c. fa derivare, dalla cessazione del rapporto di agenzia, due diverse conseguenze economiche: quella connessa alla semplice cessazione del rapporto (da considerare in sé fatto lecito), che dà diritto all'indennità prevista nel primo comma, e quella, prevista dal quarto comma, relativa al risarcimento dei danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale; tali distinte ipotesi possono cumularsi, ove nella condotta del preponente sussistano i requisiti soggettivi ed oggettivi di detto illecito.

Cass. civ. n. 9348/2013

In tema di agenzia, l'art. 1751 c.c., la cui attuale formulazione deriva dall'art. 4 del d.l.vo 10 settembre 1991, n. 303 (attuativo della direttiva 86/653/CEE del 18 dicembre 1986), e quindi dall'art. 5 del d.l.vo 15 febbraio 1999, n. 65, prevede, al quinto comma, l'ipotesi della decadenza dell'agente dal diritto all'indennità di cessazione del rapporto: tale disciplina prevale su quella di cui all'accordo economico collettivo del 20 giugno 1956, recepito dal d.p.r. 16 gennaio 1961, n. 145, che tale decadenza non contempla, prevalendo la disciplina legale successiva sulla pregressa disciplina contrattuale, pur resa efficace "erga omnes".

Cass. civ. n. 6008/2012

In tema di contratto di agenzia, ove il preponente risolva in tronco il contratto per un'inadempienza imputabile all'agente, che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto, ai sensi dell'art. 1751, comma secondo, c.c., adducendo il calo delle vendite nella zona affidata all'agente, senza che sia convenzionalmente stabilito un volume minimo di affari, e sorga contestazione sulla significatività di detto calo in rapporto al dato nazionale, anch'esso negativo, riguardante lo specifico settore di attività, è onere del preponente dimostrare l'anomalia della contestata diminuzione di affari e, quindi, fornire al giudice i dati per comparare il risultato ottenuto dall'agente in questione rispetto al volume di vendite conseguito da altri agenti dello stesso preponente in altre zone. Ciò in quanto la ripartizione dell'onere della prova deve tenere conto, oltre che della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio - riconducibile all'art. 24 Cost. ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'agire in giudizio - della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova.

Cass. civ. n. 25607/2011

In tema di contratto di agenzia, l'indennità suppletiva di clientela ha origine e disciplina esclusivamente collettiva, essendo stata introdotta dalla contrattazione collettiva (AEC 18 dicembre 1974) e conservata negli accordi successivi, tutti con natura ed efficacia meramente negoziale. Essa, pertanto, è dovuta solo agli agenti il cui rapporto sia regolato, direttamente o "per relationem", da detti accordi e per la sola ipotesi che il contratto si sciolga per iniziativa del mandante, oppure nell'ipotesi di dimissioni dell'agente dovute a sopravvenuta inabilità permanente o totale o successiva al conseguimento della pensione di vecchiaia; tale indennità, quindi, non può ritenersi inclusa nella generica voce "importi di fine rapporto".

Cass. civ. n. 13530/2011

In tema di indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia, allorquando, ferma la libertà di forme, la richiesta dell'agente sia formulata non genericamente, ma abbia ad oggetto voci specifiche e diverse dall'indennità di cui all'art. 1751 c.c., il richiedente è tenuto a specificare che le diverse voci sono finalizzate proprio alla determinazione dell'indennità di cessazione del rapporto, rimanendo altrimenti escluso ogni possibile collegamento tra la richiesta avente un oggetto specifico e diverso e detta indennità.

Cass. civ. n. 4708/2011

Nella disciplina dell'indennità di cessazione del rapporto di agenzia di cui all'art. 1751 c.c., nel testo di cui all'art. 4 d.l.vo 10 settembre 1991, n. 303 (applicabile anche ai rapporti di subagenzia), fatto costitutivo del diritto è la cessazione del rapporto, prevista nel primo comma, unitamente alle condizioni previste dalle successive due articolazioni dello stesso comma (in via alternativa, originariamente, e in via cumulativa, a seguito della modifica attuata dall'art. 5 d.l.vo 15 settembre 1999, n. 65), mentre le circostanze previste nel secondo comma, ed in ispecie il recesso ad iniziativa dell'agente (ove non ricorrano le situazioni particolari specificate dalla norma), costituiscono fatti impeditivi; pertanto, se risulti in causa la cessazione del rapporto (come nella specie, nella sede dell'opposizione allo stato passivo della fallita società preponente), l'agente - opponente ex art. 99 legge fall. - non ha l'onere di provare l'effettuazione del recesso da parte del preponente oppure l'esistenza di una giusta causa di dimissioni.

Cass. civ. n. 16772/2009

In tema di rapporto di agenzia, non integra gli estremi del vizio di motivazione la decisione del giudice di merito che, nel valutare la gravità dell'inadempimento contestato all'agente, ai sensi dell'art. 1751, secondo comma, c.c., con riferimento alle obbligazioni fondamentali incombenti anche durante il periodo di preavviso, prima fra tutte la promozione degli affari mediante regolare visita ai clienti, abbia considerato l'elevato scostamento dei risultati raggiunti dall'agente nel periodo di preavviso, comparati alla media nazionale e a quelli raggiunti nell'anno precedente dal medesimo agente, nonché la mancata visita di alcuni clienti, quali elementi obiettivamente significativi del sostanziale disinteresse dell'agente nella cura della zona affidata, ove la parte, nel censurare la motivazione in sede di legittimità, non abbia dedotto e rappresentato i punti della controversia autonomamente dotati di forza esplicativa o dimostrativa tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o determinare radicali incompatibilità

Cass. civ. n. 6481/2009

L'indennità di fine rapporto accordata all'agente dall'art. 1751 cod. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 10 settembre 1991, n. 303) è dovuta anche nel caso di rapporto a tempo determinato contenente una clausola di tacito rinnovo di anno in anno, in virtù dell'espressa previsione in tal senso contenuta nell'art. 3 dell'accordo collettivo 20 giugno 1956 (reso efficace erga omnes con d.P.R. 16 gennaio 1961, n. 145), previsione che deve intendersi richiamata dall'art. 1751 cod. civ.

Cass. civ. n. 23966/2008

In tema di cessazione del rapporto di agenzia, l'articolo 17 della direttiva n.86/653/ CEE, relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, deve essere interpretato, alla luce della relativa decisione della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 23 marzo 2006, C-465/04, nel senso che l'indennità di cessazione del rapporto prevista dalla citata direttiva non può essere sostituita da un'indennità contrattualmente determinata secondo criteri diversi, a meno che quest'ultima non assicuri all'agente un trattamento più favorevole. Pertanto, l'art. 1751 cod. civ. (anche nel testo successivo al d.lgs. n. 65 del 1999), il quale va interpretato in conformità della disciplina comunitaria, va inteso nel senso che l'attribuzione dell'indennità è condizionata non soltanto alla permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti, dall'attività di promozione degli affari compiuta dall'agente, ma anche alla rispondenza ad equità dell'attribuzione, in considerazione delle circostanze del caso concreto, ed in particolare delle provvigioni perse da quest'ultimo.

Cass. civ. n. 9426/2008

L'art. 1751, quarto comma, c.c., secondo cui la concessione all'agente dell'indennità di cessazione del rapporto non lo priva comunque del «diritto all'eventuale risarcimento dei danni » si riferisce a danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale (come, ad esempio, l'illecito connesso alla violazione dei doveri informativi, al mancato pagamento di provvigioni maturate, a fatti di denigrazione professionale, alla ingiuriosità del recesso del preponente, alla induzione dell'agente ad oneri e spese di esecuzione del contratto prima della sua inopinata risoluzione, ecc. ), giacché detta disposizione configura una ipotesi di risarcimento distinto rispetto a quello da fatto lecito (cessazione del rapporto ) contemplato dal primo comma dello stesso art. 1751 c.c., con il quale può pertanto cumularsi, sempre che nella condotta del preponente sussistano i requisiti soggettivi ed oggettivi di detto illecito. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto all'agente il risarcimento dei danni da interruzione dell'attività professionale ed alla vita di relazione in ragione della sola illegittimità del recesso dal rapporto di agenzia da parte del preponente e non già in forza di un ulteriore e diverso fatto illecito da ascriversi alla condotta del preponente medesimo ).

Cass. civ. n. 4056/2008

A seguito della sentenza, della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 23 marzo 2006, in causa C465/04, interpretativa degli artt. 17 e 19 della direttiva 86/653, ai fini della quantificazione dell'indennità di cessazione del rapporto spettante all'agente nel regime precedente all'accordo collettivo del 26 febbraio 2002 che ha introdotto l'«indennità meritocratica» ove l'agente provi di aver procurato nuovi clienti al preponente o di aver sviluppato gli affari con i clienti esistenti (ed il preponente riceva ancora vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti) ai sensi della i. 1751,comma 1, c.c., è necessario verificare se fermi i limiti posti dall'art. 1751, comma 3., c.c. — indennità determinata secondo l'accordo collettivo del 27 novembre 1992, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e, in particolare, delle provvigioni che l'agente perde, sia equa e compensativa del particolare merito dimostrato, dovendosi, in difetto, riconoscere la differenza necessaria per ricondurla ad equità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, in adesione all'orientamento precedente alla citata sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, aveva ritenuto la prevalenza del criterio previsto dalla contrattazione collettiva rispetto al criterio legale di cui all'art. 1751 c.c. in quanto più favorevole secondo una valutazione complessiva ex ante rimettendo al giudice del rinvio il compito di verificare se all'agente, sulla base degli elementi di fatto considerati, spettasse, per la meritevolezza del suo operato, una indennità di importo maggiore rispetto a quella garantita dall'accordo collettivo).

Cass. civ. n. 20725/2007

In tema di rapporto di agenzia, in relazione alla indennità sostitutiva di preavviso cui può aver diritto l'agente in caso di recesso del preponente, le somme aggiuntive di cui all'art. 12 bis dell'A.E.C. del 1994 si determinano, in considerazione dei motivi di recesso, da un minimo di zero ad un massimo da calcolarsi percentualmente a scaglioni sull'ammontare delle provvigioni complessivamente liquidate tenendo conto non solo dei fatti costituenti giusta causa di recesso ma anche dei motivi diversi che consentano di ridurre l'indennità ad un valore nullo. (Nella specie, nell'affermare il principio su esteso, la S.C., ritenendola correttamente motivata in relazione ai canoni legali di ermeneutica contrattuale, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che la norma consentisse di ridurre a zero l'indennità anche in presenza di motivi gravi ed importanti — costituiti nel caso dall'avere l'agente tenuto reiteratamente un comportamento violativo delle regole negoziali relative alla contabilizzazione delle operazioni e alle modalità dei pagamenti — ancorché non integranti gli estremi della giusta causa di recesso).

Cass. civ. n. 16347/2007

In relazione ai criteri di quantificazione dell'indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia, l'art. 17 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti —  come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia Cee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04  — non impone un calcolo in maniera analitica, bensì consente l'utilizzo di metodi di calcolo diversi e, segnatamente, di metodi sintetici, che valorizzino più ampiamente il criterio dell'equità e, quale punto di partenza, il limite massimo di un'annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva medesima. Ne consegue che l'art. 1751 c.c. deve interpretarsi nel senso che l'attribuzione dell'indennità è condizionata non soltanto alla permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall'attività di promozione degli affari compiuta dall'agente, ma anche alla rispondenza ad equità dell'attribuzione, in considerazione delle circostanze del caso concreto ed in particolare delle provvigioni perse da quest'ultimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, nella determinazione dell'indennità per la cessazione di un rapporto di agenzia, una volta accertata la permanenza di sostanziali vantaggi per la società preponente e individuato il limite massimo dell'indennità stessa in una annualità di provvigioni sulla base dell'ultimo quinquennio, aveva altresì tenuto conto della perdita di parte della clientela del portafoglio clienti dell'agente, così da ridurre equitativamente l'importo dovuto all'agente stesso in forza dell'art. .1751 c.c.).

In tema di indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia, a seguito dell'interpretazione data dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee (con sentenza 23 marzo 2006, in causa C465/04) sulla portata degli artt. 17 e 19 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, l'art. 1751, comma sesto, c.c., nel testo sostituito dall'art. 4 del D.L.vo 10 settembre 1991, n. 303 (attuativo della predetta direttiva comunitaria), va inteso nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all'agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell'agente comporta che l'importo determinato dal giudice ai sensi della normativa legale deve prevalere su quello, inferiore, spettante in applicazione di regole pattizie, individuali o collettive. Ne consegue, pertanto, che l'indennità contemplata dall'Accordo economico collettivo del 27 novembre 1992 rappresenta per l'agente un trattamento minimo garantito, che può essere considerato di maggior favore soltanto nel caso che, in concreto, non spetti all'agente l'indennità di legge in misura inferiore.
(Nell'enunciare l'anzidetto principio di diritto, la S.C. ha, peraltro, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, eccepita in riferimento all'art. 39 Cost., dell'art.1751 c.c., interpretalo nel senso di sanzionare con la nullità le pattuizioni contenute nel Accordi economici collettivi, non potendosi ravvisare un conflitto tra attività sindacale e attività legislativa in assenza di una riserva di legge in favore delle organizzazioni sindacali e dovendosi ritenere che la norma sospettata di incostituzionalità costituisca un intervento legislativo dovuto ai sensi dell'art. 11 Cost.).

Cass. civ. n. 21301/2006

In tema di determinazione dell'indennità dovuta all'agente commerciale alla cessazione del rapporto, la disciplina dettata dall'art. 1751, c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e, nel caso in cui l'agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra la disciplina legale e quella pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all'agente. Quest'ultimo pertanto ha l'onere di provare nel giudizio di merito, con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa, mentre il preponente ha l'onere di provare il contrario; anche attraverso l'eventuale considerazione complessiva delle clausole e la relativa compensazione di vantaggi e svantaggi. (cfr Corte di giustizia delle Comunità europee, Prima sezione, 23 marzo 2006 Haonyvem c. De Zotti).

Cass. civ. n. 3196/2006

Allo scioglimento del contratto, la relativa indennità prevista in favore dell'agente dall'art. 1751 c.c. spetta anche al subagente, in virtù dei sostanziali vantaggi che il preponente-agente continua a ricevere dagli affari procuratigli anche dopo la cessazione del rapporto, che possono consistere in vantaggi futuri di ogni genere, compresi quelli che l'agente consegua nell'ambito della chiusura dei conti relativi al rapporto di agenzia, o dalla società preponente o direttamente dall'agente di pari livello che gli subentra, tenuto conto del fatto che il portafoglio della subagenzia confluisce in quello dell'agenzia.

Cass. civ. n. 15726/2003

In tema di determinazione dell'indennità dovuta all'agente commerciale alla cessazione del rapporto, l'articolo 1751 del codice civile (come sostituito dall'articolo 4, D.L.vo n. 303 del 1991) vieta alle parti di derogare a detrimento dell'agente ai criteri di determinazione ivi stabiliti, tuttavia, trattandosi di una inderogabilità relativa, deve ritenersi consentito, sia alle parti che alla contrattazione collettiva, introdurre deroghe alla disciplina legale, purché non pregiudizievoli per l'agente; la valutazione se la regolamentazione pattizia sia o meno pregiudizievole per l'agente rispetto a quella legale deve essere operata ex ante, non essendo corretto sul piano dell'affidamento delle parti, specie con riferimento a un rapporto di durata, giudicare della validità delle clausole del negozio costitutivo del rapporto (e che tale rapporto sono destinate a regolare nel corso del suo svolgimento), alla luce del risultato economico che le parti conseguirebbero in concreto a seconda che si applichi il regime convenzionale o quello legale.

Cass. civ. n. 11791/2002

L'art. 1751 c.c., quale risulta a seguito delle novelle di cui ai decreti legislativi n. 303 del 1991 e n. 65 del 1999, esclude la garanzia generalizzata della indennità per il caso di scioglimento del contratto di agenzia, prevedendo invece precise condizioni alle quali è sottoposto il relativo diritto dell'agente, e non fissa né la misura né un alcun criterio di commisurazione della medesima indennità, stabilendo, in conformità alla normativa comunitaria attuata con i citati decreti legislativi, soltanto il tetto massimo della stessa, onde deve ritenersi che il legislatore abbia inteso rimetterne la determinazione alla contrattazione, collettiva o individuale, come si desume anche dal rilievo che nessuna modificazione è stata apportata all'art. 2 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, che attribuisce all'Enasarco il compito di provvedere alla gestione dell'indennità di scioglimento del contratto di agenzia, con i contributi accantonati sulla base delle provvigioni. Ne consegue che non contrasta con il divieto di derogabilità a svantaggio dell'agente, stabilito dal penultimo comma dell'art. 1751 c.c., l'applicazione della normativa collettiva, in base alla quale l'indennità di scioglimento del contratto va rapportata alle provvigioni ricevute nel corso del rapporto, né la diversità di trattamento tra gli agenti in ambito europeo può ritenersi in contrasto con la direttiva 86/653/CEE, in quanto tale direttiva, lungi dal prefiggersi la parificazione dei trattamenti giuridici nell'ambito dell'Unione europea, detta norme programmatiche che necessitano di attuazione da parte degli Stati membri, i quali possono optare tra un modello fondato sulla riparazione del pregiudizio causato dalla risoluzione del rapporto e un altro basato sulla indennità di cessazione del rapporto.

Cass. civ. n. 11189/2002

La disciplina legale dell'indennità dovuta all'agente, in caso di. cessazione del rapporto, a norma dell'art. 1751 c.c. (nel testo introdotto dal D.L.vo n. 303 del 1991 e dal D.L.vo n. 65 del 1999, per dare attuazione alle direttive comunitarie in materia), fa riferimento al criterio dell'equità (che prevede anche l'esame di tutte le circostanze del caso) non solo per determinare quando l'indennità deve essere erogata, ma anche per la determinazione dell'indennità stessa, e, di conseguenza, deve ritenersi prevalente sulla contrattazione collettiva tutte le volte che l'applicazione del criterio stabilito dalla legge conduca a un trattamento in concreto più favorevole all'agente, restando irrilevante una valutazione ex ante della maggior convenienza della regolamentazione pattizia rispetto a quella legale.

Cass. civ. n. 9317/2002

Poiché l'indennità di cessazione del rapporto di agenzia compensa l'agente per l'incremento patrimoniale che la sua attività reca al preponente sviluppando l'avviamento dell'impresa, tale condizione deve ritenersi sussistente, ed è quindi dovuta l'indennità, allorquando i contratti conclusi dall'agente siano contratti di durata, in quanto lo sviluppo dell'avviamento e la protrazione dei vantaggi per il preponente, anche dopo la cessazione del rapporto di agenzia, sono in re ipsa, mentre resta irrilevante la circostanza che i vantaggi derivanti dai contratti in questione non possano essere ricevuti dal preponente per suo fatto volontario (nella specie, consistente nella deliberazione di porre in liquidazione la società).

Cass. civ. n. 5827/2002

In tema di rapporto di agenzia, anche per il sub-agente — la cui posizione soggettiva si differenzia da quella dell'agente esclusivamente perché nei suoi confronti è un agente ad assumere il ruolo di preponente — vale la regola secondo cui, anche per le fattispecie regolate dalla disciplina anteriore all'entrata in vigore del D.L.vo n. 303 del 1991 (che, in attuazione della direttiva 86/653/ CEE, ha modificato il testo dell'art. 1751 c.c.), la normativa codicistica in materia di indennità di scioglimento del contratto non è derogabile in peius in danno dell'agente (e, quindi, del subagente). Anzi, per tali fattispecie (così come per quelle regolate dalla disciplina successiva all'entrata in vigore del D.L.vo n. 65 del 1999 che ha dato ulteriore attuazione alla direttiva comunitaria suindicata) il preponente è tenuto a corrispondere all'agente (o del subagente) la suddetta indennità — che rappresenta il corrispettivo dell'incremento dell'avviamento commerciale derivato dall'attività promozionale dell'agente — in tutti i casi di risoluzione del contratto e, quindi, anche nell'ipotesi di recesso addebitabile a colpa dell'agente (o del subagente).

Cass. civ. n. 11402/2000

La previsione dell'art. 1751, quarto comma, c.c., secondo cui la concessione all'agente dell'indennità di cessazione del rapporto non priva l'agente medesimo «del diritto all'eventuale risarcimento dei danni», non configura un'ipotesi di risarcimento del danno da fatto lecito, spettante in ogni caso in conseguenza della cessazione del rapporto negoziale, ma si riferisce ad eventuali danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale, cumulabili con il danno da perdita delle provvigioni, connesso, per esempio, alla violazione dei doveri informativi, al mancato pagamento di provvigioni maturate, a fatti di denigrazione professionale, alla ingiuriosità del recesso del preponente, alla induzione dell'agente prima della risoluzione del rapporto a oneri e spese di esecuzione del contratto poi inopinatamente risolto.

Cass. civ. n. 648/1999

L'istituto della compensazione presuppone l'autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre è configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorché i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere. Pertanto al momento della cessazione del rapporto di agenzia il diritto dell'agente all'indennità di fine rapporto di cui all'art. 1751 c.c. — che non trova origine in un rapporto giuridico previdenziale distinto dal rapporto di agenzia — non si sottrae all'operazione contabile di dare ed avere nei confronti del preponente secondo le modalità della compensazione impropria. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva ritenuto sussistere un'ipotesi di compensazione propria in ragione della considerazione che il credito dell'agente per l'indennità di fine rapporto era riferibile ad un rapporto di natura previdenziale distinto dal rapporto di agenzia).

Cass. civ. n. 1359/1993

Il rapporto di agenzia è soggetto al regime delle transazioni e rinunzie vigente per il rapporto di lavoro subordinato ed opera anche relativamente ad esso il principio per cui le generiche quietanze a saldo e transazione di ogni avere non hanno sostanza transattiva, né sono dichiarazioni di una volontà negoziale o abdicativa di specifici diritti determinati od obiettivamente determinabili, ma unicamente dichiarazioni di scienza o di opinioni, e cioè del convincimento dell'interessato di essere stato soddisfatto dei suoi diritti, e quindi non ostative di una successiva richiesta di tutela giurisdizionale di ulteriori diritti non ancora soddisfatti.

Cass. civ. n. 12223/1990

In caso di risoluzione del rapporto di agenzia, mentre non spetta all'agente l'indennità sostitutiva di clientela ove il rapporto sia cessato per volontà ed iniziativa dell'agente, invece compete in ogni caso all'agente, a norma dell'art. 1751 c.c. e delle corrispondenti norme degli accordi economici collettivi, l'indennità di scioglimento del contratto, che è dovuta — in tutto od in parte — dal preponente ove il medesimo non abbia provveduto a versare all'Enasarco, per l'accreditamento sul conto dell'agente, gli importi prescritti o abbia effettuato versamenti in misura inferiore a quella prevista dalla contrattazione collettiva, tenendo conto che è onere del preponente — il quale eccepisca essere tale indennità dovuta dall'Enasarco — provare di aver regolarmente assolto al suddetto obbligo contributivo. 

Cass. civ. n. 2685/1990

Il trattamento economico dovuto dall'Enasarco agli agenti di commercio in caso di risoluzione del rapporto di agenzia, essendo causalmente correlato alla contribuzione che obbligatoriamente il preponente corrisponde a detto ente, ha natura previdenziale — acquisita per effetto dell'evoluzione della disciplina pattizia e legislativa, che ha in tal senso trasformato l'indennità originariamente dovuta ai sensi degli artt. 8 e 11 dell'accordo collettivo 30 giugno 1938, al fine di garantire l'agente dal rischio della inadempienza del preponente — e, pertanto, non è suscettibile di rivalutazione automatica ex art. 429, terzo comma, c.p.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1751 Codice Civile

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M.F. chiede
domenica 17/10/2021 - Estero
“Dal 2009 al 12 ottobre 2021 ho svolto l'attività di agente per l'azienda Alfa spa di XXX.
Senza nessun motivo aggravante, è stato sciolto il contratto dandomi un preavviso di mesi 6.
Durante il tempo di preavviso, nonostante le mie ripetute richieste di documentazione per soddisfare le richiesta da miei clienti, non è mai stato dato seguito.

Mi è stata mandata una lettera che regola la mia indennità di rapporto equivalente a Euro 2152.00 calcolato come previsto dal art. 7.1 del contratto da me firmato nel 2013, perché non è stato mai stipulato un contratto a partire dal 2009.

Vorrei sapere, se tutto stia procedendo correttamente, visto che non sono a conoscenza dei dettagli legislativi.

L'articolo 7.1 del contratto dice:
In deroga quanto previsto dal art. 1751 codice civile, in caso di scioglimento del rapporto non imputabile all'agente, l'agente avrà comunque diritto ad un indennità
determinata in misura pari all'uno percento delle provvigioni liquidate nel corso di validità del presente contratto”
Consulenza legale i 28/10/2021
Ai sensi di quanto stabilito dall’art. 1751 c.c. (da ultimo modificato dai D. Lgs. n. 303/1991 e n. 65/1999 che hanno recepito la direttiva 86/653/CE), l’agente ha diritto di ricevere alla cessazione del rapporto da parte del preponente un’indennità.

Tuttavia, anche gli accordi economici collettivi (AEC) disciplinano l’indennità di cessazione del rapporto e prevedono due distinte voci:
1. il c.d. FIRR (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) o indennità di scioglimento del rapporto, da corrispondere sempre e comunque all’agente alla cessazione dello stesso, con liquidazione a carico dell’Enasarco presso cui il preponente – durante il contratto, anno per anno – deve accantonare le relative somme da determinarsi in percentuale sulle provvigioni, e
2. la c.d. Indennità Suppletiva di Clientela, in aggiunta al FIRR, da corrispondere solo se il contratto si scioglie su iniziativa del preponente per fatto non imputabile all’agente con liquidazione a carico del preponente e non dell’Enasarco.

L’art. 1751 c.c., stabilisce nello specifico che il preponente, all’atto della cessazione del rapporto, è tenuto a corrispondere all’agente medesimo un’indennità se:
- l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
Pertanto, si richiede che vi sia la persistenza - al momento della cessazione del rapporto - di un portafoglio clienti procurato dall’agente, dal quale trae indubbio vantaggio la casa mandante e, che vi sia la perdita, in termini di provvigioni, che l’agente subisce come conseguenza dalla cessazione del rapporto.
Si sottolinea che il diritto all’indennità in questione è subordinato alla sussistenza di entrambe le predette condizioni.
Il rinnovato art. 1751 c.c., inoltre, stabilisce che l’indennità non è dovuta quando il preponente risolve il contratto per grave inadempienza dell’agente che, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto oppure quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze per le quali non può essergli chiesta ragionevolmente la prosecuzione dell’attività.
L’art. 1751 c.c. non stabilisce l’ammontare dell’indennità di fine rapporto, ma prevede solamente l’indicazione del tetto massimo della misura dell’indennità, infatti ai sensi dello stesso articolo del codice civile, questa non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

Come anticipato, il rapporto di agenzia può altresì essere regolato dagli Accordi Economici Collettivi (AEC) i quali, definiscono, invece, con precisione l’importo dell’indennità di fine rapporto.
Si precisa, preliminarmente, che gli accordi economici collettivi sono contratti di diritto privato e quindi sono obbligatori soltanto se la preponente è iscritta a una delle associazioni che li ha stipulati (es. associazioni aderenti alla Confindustria, alla Confcommercio o alla Confederazione Nazionale Artigianato). Se non si è iscritti ad alcuna associazione, non è obbligatorio applicare un A.E.C.
Gli Accordi Economici Collettivi stabiliscono tre distinte indennità che vanno a rappresentare nel loro insieme l’indennità di fine rapporto stabilita dall’art.1751c.c. e prevedono, fra l'altro, anche il superamento dell'importo massimo previsto dal codice e dalle norme europee.
Le tre indennità in parola sono le seguenti:
  1. FIRR (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) costituito da un accantonamento annuale presso l’apposito Fondo gestito dall’ENASARCO;
Tale indennità si calcola annualmente con le seguenti modalità:
Per l'agente monomandatario:
  • 4% sulla quota di provvigioni fino a € 12.400 annui
  • 2% sulla quota di provvigioni compresa tra €12.400 annui e € 18.600 annui
  • 1% sulla quota di provvigioni eccedente €18.600 annui
Per l'agente plurimandatario:
  • 4% sulla quota di provvigioni fino a € 6.200 annui
  • 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 6.200 annui e € 9.300 annui
  • 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 9.300 annui
  1. Indennità Suppletiva di Clientela riconosciuta all’agente anche in assenza di un incremento della clientela, (pari al 4% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme maturate durante il rapporto).
Tale indennità verrà versata all’agente allo scioglimento del rapporto e sarà dovuta allo stesso indipendentemente dalla prova da parte dell’agente di avere sviluppato gli affari e/o la clientela del preponente, così come invece è previsto dall’indennità civilistica di cui all’art. 1751 c.c.
Essa verrà riconosciuta secondo le seguenti aliquote:
  • 3 % sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme dovute;
  • 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dal quarto anno (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni);
  • ulteriore 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturare dal sesto anno compiuto (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni).

Il contrasto tra le disposizioni dell’art. 1751 c.c. e gli AEC è stato, indirettamente, oggetto di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea, la quale con Sentenza 23/03/2006, n. causa C-465/04 ha affermato che l’indennità di cessazione del rapporto che risulta dall’applicazione dell’art. 17, n. 2, della Direttiva del Consiglio della Comunità Europea del 18 dicembre 1986, N.ro 86/653/CEE non può essere sostituita, in applicazione di un accordo collettivo, da un’indennità determinata secondo criteri diversi da quelli fissati da questa disposizione a meno che non sia provato che l’applicazione dell’accordo garantisca, in ogni caso, all’agente un’indennità pari o superiore a quella che risulterebbe dall’applicazione di questa disposizione.
Detta pronuncia, peraltro, è stata recepita da una pronuncia della Corte di Cassazione, che con sentenza n. 21309/2006, ha affermato che l’art. 1751 cod. civ. in materia di indennità per la cessazione del rapporto di agenzia, può essere derogato dalla contrattazione collettiva esclusivamente in senso più favorevole all’agente, ed il raffronto tra la disciplina legale e contrattuale deve essere effettuato con riferimento al singolo caso concreto e quindi ex post.
La Cassazione ha infatti affermato che “l’art. 1751 c.c., comma 6, si interpreta nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all’agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell’agente comporta che l’importo determinato dal giudice ai sensi della normativa legale deve prevalere su quello, inferiore, spettante in applicazione di regole pattizie, individuali o collettive”.

Nel caso di specie, l’art. 7.1 del contratto prevede una deroga all’art. 1751 c.c. Peraltro, l’indennità prevista dal contratto (1% delle provvigioni liquidate nel corso di validità del contratto) risulta molto simile a quanto previsto dall’AEC.
Come stabilito dalla Cassazione, si dovrà verificare se la deroga all’art. 1751 c.c. contenuta nell’art. 7.1 del contratto sia peggiorativa o meno rispetto alle condizioni stabilite dal codice civile.
L’eventuale raffronto prevede calcoli sulle provvigioni ricevute che competono ad un consulente del lavoro.


Marco B. chiede
venerdì 29/11/2019 - Lazio
“Buongiorno, a luglio 2018 ho firmato un accordo con l'azienda A ed ora ho un contratto di mandato con l'azienda B. I legali di B, quando ho consegnato la copia dell'accordo con A, mi hanno fatto notare che avrei diritto ad un importo notevolmente maggiore di quanto erogato da A. Naturalmente dovrei inviarvi l'accordo firmato con A e un documento da me redatto che riassume i miei tre anni con l'azienda A. Rimango in attesa di un vostro cortese riscontro.”
Consulenza legale i 16/12/2019
L’articolo 2113 del codice civile prevede espressamente che:
«Le rinunce e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide [...].».
Il fine della norma in esame si riscontra nella necessità di porre un limite alla facoltà di disposizione dei diritti del lavoratore offrendo a questi uno strumento utile all’uopo, ossia la facoltà di impugnare gli atti di disposizione che possono essere stati determinati da una situazione di squilibro, tipici dei rapporti contrattuali di cui all’art. 409 c.p.c..
È bene, preliminarmente, considerare che, anche se il testo normativo di cui all’art. 2113 fa espresso riferimento al “prestatore di lavoro”, di fatto, tale espressione non limita l’applicabilità di tale disciplina ai soli rapporti di lavoro subordinato, bensì viene fatto un rimando diretto all’invalidità delle rinunzie e transazioni, relative a tutti i rapporti previsti dall’art. 409 c.p.c.
Infatti, tra le controversie individuate dall’art. 409 c.p.c. che devono essere decise secondo il rito del lavoro rientrano quindi, nello specifico, come previsti al punto 3 dello stesso articolo: i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.

Pertanto emerge la assoggettabilità alla disciplina di cui all’art. 2113 c.c. di ogni accordo relativo a rinunce o transazioni intervenute da parte dell’agente, che agisce in qualità di persona fisica, che abbia ad oggetto delle rinunce i diritti derivanti da disposizioni inderogabili di legge.

Secondo la Giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 578/2011), uno dei diritti posti sotto la tutela fin qui evidenziata è il diritto dell’agente all’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c., posto che l’inderogabilità di tale diritto è espressamente prevista nel testo stesso della norma. Di contro, non gode della medesima tutela (l’impugnazione) la rinuncia o la transazione attinente al diritto alla provvigione. Infatti, la giurisprudenza di merito (ex plurimis Tribunale di Trieste 2 Gennaio 2001) ritiene che la determinazione della misura delle provvigioni spettanti all’agente è rimessa alla libera disponibilità delle parti, come anche la determinazione dell’ammontare dell’indennità di scioglimento del contratto e l’indennità suppletiva di clientela, pur tuttavia limitando l’assoggettabilità alla tutela de qua solamente all’an.
Orbene, sulla scorta di tutto il materiale documentale visionato e, in particolare della Scrittura Privata datata 19 Luglio 2018, si osserva che all’art. 3 è presente la clausola relativa al patto di non concorrenza. Tale patto prevede quale corrispettivo l’importo lordo di € 60.000,00 che, in relazione al volume delle provvigioni maturate annualmente durante il rapporto, potrebbe essere qualificato come non sufficiente o, meglio, non congruo.
Con il patto di non concorrenza disciplinato dall’art. 2125 del Codice Civile, infatti, viene limitato lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro (nell’accezione evidenziata in principio), per il tempo successivo alla cessazione del rapporto/contratto.
Secondo tale disposizione il patto di non concorrenza è nullo se:
a) non risulta da atto scritto;
b) non è pattuito un corrispettivo a favore del lavoratore dipendente;
c) il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

I limiti di oggetto, di tempo e di luogo ivi indicati devono essere considerati in relazione alla concreta professionalità del lavoratore, con la conseguenza che il patto deve ritenersi nullo allorché la sua ampiezza sia tale da comprimente l’esplicazione della concreta professionalità da egli acquisita e ciò, a maggior ragione, qualora a favore del lavoratore sia stato previsto un corrispettivo irrisorio o non congruo.
Infine, è possibile formulare le seguenti considerazioni conclusive.
Ai sensi di quanto previsto dal comma 2° dell’art. 2113, l'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Oggi risulterebbe abbondantemente spirato il termine previsto dalla norma ai fini dell’eventuale impugnazione delle rinunce contenute nella appena citata scrittura privata; pertanto, queste ultime continuano a mantenere legittimamente tutti i loro effetti.
È possibile valutare la possibilità di adire l’autorità giudiziaria competente al fine di ottenere la declaratoria di nullità del patto di non concorrenza a seguito dell’accertamento della inadeguatezza e/o irrisorietà del corrispettivo all’uopo pattuito e corrisposto. Tale possibilità va però ben ponderata. Infatti, in caso di accertamento e declaratoria relativa alla nullità della clausola riguardante il patto di non concorrenza, potrebbe risultare naturalmente conseguente la condanna alla restituzione del corrispettivo ricevuto da parte del prestatore di lavoro. Inoltre, la valutazione suddetta deve tenere in considerazione le tempistiche e la durata del processo. Potrebbe, infatti, verificarsi che la causa veda la propria conclusione nel momento in cui sarà già spirato il termine di durata del patto di non concorrenza, rendendo vana la stessa azione esperita.

Antonio M. chiede
lunedì 13/05/2019 - Abruzzo
“Sono AMMINISTRATORE della srl Alfa che il 31/12/2018 ha ceduto l'attività ad un'altra società, Beta srl (costituita da 2 Dipendenti di Alfa srl). Dal 01/01/2019 Alfa srl è in Liquidazione e il sottoscritto è il Liquidatore. Il problema legale riguarda l'INDENNITA' SUPPLETIVA DI CLIENTELA che un Agente operativo dal 1998 rivendica sull'ammontare globale delle Provvigioni di tutti i 21 anni (nella misura del 3% sull'intero periodo; del 3.5% dal 4° anno e del 4% dal 7° anno).
Io invece ritengo che tale indennità non gli sia dovuta perché la Alfa srl è in Liquidazione, quindi non è più operativa quindi non può trarre benefici dalla clientela procurata dall'Agente; inoltre questi non ha perso nessun beneficio di provvigioni perché so che continua a svolgere l'attività di Agente con la nuova Società Beta srl (preciso che al momento non ha ancora sottoscritto formalmente un contratto di Agenzia con Beta srl che ha rilevato l'attività, ma di fatto già opera in tal senso, in attesa di formalizzare il Contratto di Agenzia).
Sono disponibile ad inviarvi altra documentazione de dovesse servire.
Resto in attesa di vostro riscontro per il proseguimento della consulenza.
Grazie.
Distinti saluti.
Dott. A. M.
Il liquidatore di Alfa”
Consulenza legale i 31/05/2019
Preliminarmente, al fine di inquadrare la fattispecie giuridica di interesse è opportuno partire dalla definizione di contratto di agenzia che è disciplinato dal Codice civile all'art. 1742 e successivi, oltre che dagli Accordi economici collettivi sottoscritti con le organizzazioni sindacali.

E' d’uopo ricordare che la normativa nazionale è stata modificata in modo rilevante nel 1999, per renderla compatibile con quella comunitaria (Direttiva n. 86/653/CEE)

Si tratta di un contratto che prevede la forma scritta ad probationem, con cui una parte (l’agente) che assume stabilmente l'incarico di promuovere per conto dell'altra (il preponente) la conclusione di contratti in una zona determinata.

Condizione essenziale del rapporto di agenzia è il carattere stabile, cioè sistematico e continuativo, dell'attività promozionale esercitata dall'agente nell'interesse del preponente.

Il compenso per questa attività, la provvigione, consiste solitamente in una percentuale sul valore di ogni affare concluso.

La legge italiana prevede per l’agente l’obbligo di iscrizione al relativo Albo professionale.

Particolare attenzione, anche al fine di affrontare nello specifico il quesito proposto, merita il tema dei diritti dell'agente al termine del rapporto.

Orbene, alla cessazione del rapporto di agenzia competono a favore dell’agente alcuni diritti.
Innanzitutto, si evidenzia che l’art. 1750 c.c. stabilisce che se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro un termine stabilito. Se il recesso è posto in essere dal preponente, il termine di preavviso non può comunque essere inferiore a:
a. un mese per il primo anno di durata del contratto;
b. due mesi per il secondo anno iniziato;
c. tre mesi per il terzo anno iniziato;
d. quattro mesi per il quarto anno;
e. cinque mesi per il quinto anno;
f. sei mesi per il sesto anno e per tutti gli anni successivi.
Le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell'agente.
Gli accordi collettivi prevedono termini e forme di preavviso specifiche e distinte, a seconda che si tratti di agente monomandatario o plurimandatario.
Nell’ipotesi in cui il preponente non voglia rispettare tali termini, potrà corrispondere all'agente un'indennità commisurata ai mesi di preavviso spettanti che quindi rappresenta il primo diritto in favore dell’agente al termine del rapporto.

L’agente ha diritto, inoltre, di ricevere alla cessazione del rapporto da parte del preponente un’indennità per la cessazione del rapporto medesimo. Ciò ai sensi di quanto stabilito dall’art. 1751 c.c., che è stato da ultimo modificato dai D. Lgs. n. 303/1991 e n. 65/1999 che hanno recepito la direttiva 86/653/CEE.

Anche gli accordi economici collettivi disciplinano, integrandola, l’indennità di cessazione del rapporto e prevedendo due distinte voci:
1. il c.d. FIRR (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) o indennità di scioglimento del rapporto, da corrispondere sempre e comunque all’agente alla cessazione dello stesso, con liquidazione a carico dell’Enasarco presso cui il preponente – durante il contratto, anno per anno – deve accantonare le relative somme da determinarsi in percentuale sulle provvigioni, e
2. la c.d. Indennità Suppletiva di Clientela, in aggiunta al FIRR, da corrispondere solo se il contratto si scioglie su iniziativa del preponente per fatto non imputabile all’agente con liquidazione a carico del preponente e non dell’Enasarco.

L’art. 1751 c.c., stabilisce nello specifico che il preponente, all’atto della cessazione del rapporto, è tenuto a corrispondere all’agente medesimo un’indennità se:
- l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
- il pagamento di tale indennità sia equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

In buona sostanza, si richiede che vi sia la persistenza - al momento della cessazione del rapporto - di un portafoglio clienti procurato dall’agente, dal quale trae indubbio vantaggio la casa mandante e, che vi sia la perdita, in termini di provvigioni, che l’agente subisce come conseguenza dalla cessazione del rapporto.
Si sottolinea che il diritto all’indennità in questione è subordinato alla sussistenza di entrambe le predette condizioni.
Il rinnovato art. 1751 c.c., inoltre, stabilisce che l’indennità non è dovuta quando il preponente risolve il contratto per grave inadempienza dell’agente che, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto oppure quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze per le quali non può essergli chiesta ragionevolmente la prosecuzione dell’attività.

Detto tutto quanto sopra, ora risulta di particolare importanza, al fine di dirimere il dubbio posto nel quesito in esame, la valutazione dei fatti esposti e la loro sussunzione nell’alveo normativo corretto.

Innanzitutto partiamo dalla premessa relativa alla cessione d’azienda: essa, ripercuotendosi su un rapporto di agenzia vede applicabile al caso specifico la norma di cui all’art. 2558 c.c., alla lettura integrale del quale si rimanda.

Tale norma considera effetto naturale della cessione d’azienda l’automatica successione in tutti i contratti, a prescindere dalla conoscenza che il cessionario ne abbia, salvo diversa pattuizione. La successione nei rapporti contrattuali riguarda quindi i contratti a prestazioni corrispettive in fase di esecuzione e deroga alla regola generale stabilita dall’art. 1406 c.c., secondo cui la cessione dei contratti necessita del consenso della controparte; infatti, in caso di trasferimento d’azienda tale consenso non è necessario, salvo il diritto di recesso previsto dall’art. 2558, comma 2, c.c..
Da quanto sostenuto dal richiedente però, il vero carattere dirimente della questione è da attribuire all’elemento necessario e fondante la pretesa di ottenere l’Indennità Suppletiva di Clientela che, nella fattispecie descritta dal richiedente, manca: la risoluzione del contratto di agenzia!

Infatti, riportando quanto asserito dal richiedente emerge con chiarezza che: "l’Agente continua a svolgere l'attività di Agente con la nuova Società BETA srl (preciso che al momento non ha ancora sottoscritto formalmente un contratto di Agenzia con BETA srl che ha rilevato l'attività, ma di fatto già opera in tal senso)".

Pertanto, può concludersi che l’Indennità Suppletiva di Clientela nel caso di specie non è dovuta all’Agente, non perché non risulta più operativa la prima società che ha ceduto l’azienda, ma perché, invece, il contratto di agenzia non è stato effettivamente oggetto di risoluzione. Esso, invero, da quanto risulta riferito nel quesito, è stato oggetto di successione ex art. 2558 c.c..

Mauro M. chiede
sabato 12/05/2018 - Emilia-Romagna
“Alcune settimane fa mi avete fornito la vostra risposta ad un mio quesito riguardante i principi ai quali le case mandanti si debbono attenere per liquidare in occasione delle dimissioni il
Promotore Finanziario in continuità operativa dall’attuale società succeduta alle precedenti per fusioni e incorporazioni. Sono oramai 32 anni di attività e la mia età e di 71 anni. Poiché (omissis) liquiderebbe con criteri unilaterali, cioè considerando criteri di calcolo solo per gli ultimi 5 anni come media e naturalmente la parte del Fiir versato. Orbene ritengo che no sia giusta la cosa. Infatti il mio rapporto di collaborazione è ultratrentennale e magari non vedo perché dovrei essere liquidato con importi che a causa del nuovo regime possano essere inferiori al vecchio. Va premesso che non ho mai controfirmato le proposte in passato presentate per il calcolo della liquidazione. Ora, bontà Vostra Vi chiedo come potrebbe essere formalizzata una mia richiesta di dimissioni che contempli la richiesta di un calcolo liquidatorio che non sia peggiore di quanto eventualmente effettuato con i nuovi parametri. Pertanto attendo di leggervi.”
Consulenza legale i 21/05/2018
Il promotore finanziario che svolge la sua attività sulla base di un contratto di agenzia rientra nell’ambito di applicazione della previdenza Enasarco, espressamente destinata agli agenti e rappresentanti di cui agli articoli 1742, 1752 del Codice Civile. Tanto è stato anche confermato con risposta all’interpello prot. N. 2524/2005 della Direzione Generale per l’Att. Ispettiva del Ministero del lavoro che ha così chiarito: « […] l’esistenza di un contratto di agenzia ai sensi dell’art. 1742 c.c. determina l’appartenenza dei promotori finanziari alla più ampia categoria degli agenti e rappresentanti di commercio […]».

Per quanto riguarda l’indennità di fine rapporto per gli agenti di commercio, essa è regolata dall’art. 1751 del codice civile e dagli Accordi Economici Collettivi.

In realtà, l’articolo del codice civile sull’ammontare di tale indennità è vago in quanto fa riferimento ad una serie di parametri generici prescrivendo che: all’atto della cessazione del rapporto, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:
  1. l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti;
  2. il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
  3. il pagamento di tale indennità sia equo, tenendo conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.
L’unica specifica precisione riguarda l’indicazione del tetto massimo della misura dell’indennità, infatti ai sensi dello stesso articolo del codice civile, questa non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

Il rapporto di agenzia e l’attività di promotore finanziario, come già sopra accennato, possono altresì essere regolati dagli Accordi Economici Collettivi (AEC) i quali, definiscono, invece, con precisione l’importo dell’indennità di fine rapporto. Gli Accordi Economici Collettivi stabiliscono tre distinte indennità che vanno a rappresentare nel loro insieme l’indennità di fine rapporto stabilita dall’art.1751c.c. e prevedono, fra l'altro, anche il superamento dell'importo massimo previsto dal codice e dalle norme europee.
Le tre indennità in parola sono le seguenti:
  1. FIRR (Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) costituito da un accantonamento annuale presso l’apposito Fondo gestito dall’ENASARCO;
Tale indennità si calcola annualmente con le seguenti modalità:
AGENTE MONOMANTATARIO
  • 4% sulla quota di provvigioni fino a € 12.400 annui
  • 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 12.400 annui e € 18.600 annui
  • 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 18.600 annui
AGENTE PLURIMANDATARIO
  • 4% sulla quota di provvigioni fino a € 6.200 annui
  • 2% sulla quota di provvigioni compresa tra € 6.200 annui e € 9.300 annui
  • 1% sulla quota di provvigioni eccedente € 9.300 annui
  1. Indennità Suppletiva di Clientela riconosciuta all’agente anche in assenza di un incremento della clientela, (pari al 4% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme maturate durante il rapporto).
Tale indennità verrà versata all’agente allo scioglimento del rapporto e sarà dovuta allo stesso indipendentemente dalla prova da parte dell’agente di avere sviluppato gli affari e/o la clientela del preponente, così come invece è previsto dall’indennità civilistica di cui all’art. 1751 c.c. (sul punto cfr. l’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia).
Essa verrà riconosciuta secondo le seguenti aliquote:
3% sull’ammontare globale delle provvigioni e delle altre somme dovute
0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturate dal quarto anno (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni)
ulteriore 0,50% aggiuntivo sulle provvigioni maturare dal sesto anno compiuto (nel limite massimo annuo di € 45.000 di provvigioni)
  1. Indennità Meritocratica

L’AEC Industria 2014 prevede un calcolo piuttosto strutturato per quantificare l’indennità meritocratica, che sarà riconosciuta all’agente solamente nel caso in cui risulti superiore alla somma delle due indennità sopra analizzate (FIRR + suppletiva).


Nulla, però, vieta all’agente, al verificarsi di precise condizioni, di richiedere la corresponsione di quanto previsto dall’art. 1751 anziché gli Accordi Economici Collettivi se questi ultimi stabiliscono una indennità di fine rapporto inferiore.

Orbene, da quanto emerge dal quesito sembrerebbe che la preponente stia utilizzando legittimamente la disciplina di cui all’art. 1751 c.c.. Potrebbe essere utile, a questo punto, sapere se il contratto sottoscritto e attualmente in vigore prevede la disciplina degli Accordi Economici Collettivi, al fine di poter utilizzare i meccanismi di liquidazione delle indennità di fine rapporto ivi previste e, conseguentemente, valutarne la maggiore convenienza rispetto all’indennità di cui all’art. 1751 c.c.

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