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Articolo 1746 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Obblighi dell'agente

Dispositivo dell'art. 1746 Codice Civile

Nell'esecuzione dell'incarico l'agente deve tutelare gli interessi del preponente e agire con lealtà e buona fede. In particolare, deve adempiere l'incarico affidatogli in conformità delle istruzioni ricevute(1) e fornire al preponente le informazioni riguardanti le condizioni del mercato nella zona assegnatagli, e ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari. È nullo ogni patto contrario(2).

Egli deve altresì osservare gli obblighi che incombono al commissionario a eccezione di quelli di cui all'articolo 1736, in quanto non siano esclusi dalla natura del contratto di agenzia(3).

È vietato il patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità, anche solo parziale, per l'inadempimento del terzo. È però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell'agente purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura e importo individualmente determinati; l'obbligo di garanzia assunto dall'agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell'affare l'agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l'agente un apposito corrispettivo(4).

Note

(1) In ogni caso, le istruzioni fornite non possono limitare eccessivamente la libertà dell'agente (v. 1742 c.c.).
(2) Tale comma è stato sostituito dall'art. 2, D. lgs. 15 febbraio 1999, n. 65.
(3) Le parole "ad eccezione di quelli di cui all'articolo 1736" sono state inserite dall'art. 28 comma 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 526. L'agente, cioè, non può stipulare il patto c.d. star del credere.
(4) Comma inserito dalla L. 21 dicembre 1999, n. 526. Prima della novella, al contratto di agenzia poteva essere aggiunta la clausola c.d. dello star del credere (v. 1736 c.c.), con la quale l'assuntore (qui l'agente) garantiva l'adempimento del terzo contraente. Ad essa non si applicava la disciplina dettata dall'art. 1736 c.c., ma quella contenuta negli accordi economici collettivi stipulati tra le associazioni di categoria degli agenti, da una parte, e delle ditte preponenti, dall'altra.

Ratio Legis

Il primo comma stabilisce che l'agente deve agire con la diligenza del buon padre di famiglia quale specificazione dell'art. 1176 c.c..
L'applicazione delle norme in tema di commissione (1731 c.c.) si giustifica in considerazione dell'analogia della posizione che rivestono agente e commissionario.
Infine, la norma vieta una generale pattuizione, a carico dell'agente, dello star del credere, per evitare che questi possa vincolarsi in modo indeterminato a garanzia di una obbligazione altrui al fine di conservare la propria posizione lavorativa (v. 1936 ss. c.c.).

Spiegazione dell'art. 1746 Codice Civile

Il dovere dell'agente di fornire informazioni al preponente

L'agente come il mandatario deve adempiere l'incarico in conformità delle istruzioni ricevute e ha il dovere particolare di fornire informazioni al preponente. Le informazioni riguardano: a) le condizioni generali della zona riservata all'attività dell'agente e hanno per oggetto gli elementi che possono servire al preponente per fare previsioni circa l'andamento e il risultato degli affari nella zona; b) la utilità o la convenienza di ogni affare.

Quando l'agente propone un affare e non dà alcuna informazione occorre por mente al modo di esecuzione del rapporto per decidere nei casi concreti se e come egli abbia adempiuto all'obbligo d'informare. Se per esempio la mancanza d'informazioni è abitualmente considerata fra le parti come la tacita espressione dell'apprezzamento favorevole dell'agente sull'affare, il preponente non può sostenere quando non gli sono state date espressamente informazioni che l'agente ha omesso di darle né l'agente può assumere di averle date sfavorevoli.

Stante l'obbligo dell'agente di riferire anche circa la solvibilità del cliente e in genere sulle qualità morali di lui che si riflettono sul credito di cui gode, l'agente non assume, rispetto alle persone alle quali le informazioni si riferiscono, alcuna responsabilità per il contenuto di queste. Le informazioni sono destinate a rimanere riservate nell'ambito personale del preponente e dell'agente. Se il primo dopo averle ricevute le divulga, è egli solo responsabile della divulgazione.


Entro quali limiti l'agente deve adempiere agli obblighi del commissionario

L'agente deve adempiere tutti gli obblighi del commissionario in quanto non sono incompatibili col rapporto di agenzia.
Non è escluso che l'agente di commercio possa agire anche quale commissionario concludendo l'affare in nome proprio nello stesso modo che può concluderlo quale rappresentante quando la rappresentanza gli viene conferita.

Se l'agente opera quale commissionario, e si tratta di uno di quei rapporti per i quali a norma dell'art. 1735 è ammessa l'entrata del commissionario nel contratto, l'agente ha la facoltà di concludere l'affare per proprio conto.
L'agente può con lo «star del credere » assumere la responsabilità dell'esecuzione dell'affare nei modi indicati dall'art. 1736.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1746 Codice Civile

Cass. civ. n. 23973/2019

La responsabilità indiretta della compagnia assicuratrice per il fatto illecito del sub-agente, fondata, ai sensi dell'art. 2049 c.c., sul nesso di occasionalità necessaria tra le incombenze di quest'ultimo e il danno subìto dal cliente, postula che il fatto dannoso sia stato agevolato o reso possibile dall'inserimento del sub-agente nell'organizzazione dell'impresa e sussiste, pertanto, nonostante la tendenziale autonomia della posizione del sub-agente rispetto all'assicuratore, nell'ipotesi in cui quest'ultimo, quale primo preponente, abbia conferito al sub-agente un autonomo e diretto potere rappresentativo oppure mantenga comunque un controllo diretto anche sul suo operato o, ancora, si avvalga di un'organizzazione imprenditoriale articolata in un reticolo di agenzie che operano di regola a mezzo di sub-agenti abilitati a vendere i suoi prodotti assicurativi, nonché nell'ipotesi in cui ricorra la prova di un'apparenza di rapporto diretto del sub-agente con la compagnia per ottenere prodotti assicurativi in nome e per conto di essa.

Cass. civ. n. 15062/2008

La norma di cui all'art. 1746, terzo comma, c.c. (nel testo introdotto dall'art. 28, comma 2, della legge n. 65 del 1999) che vieta ogni patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità anche solo parziale per l'inadempimento del terzo, consentendo, eccezionalmente ed a precise condizioni, la concessione di apposita garanzia da parte dell'agente con riferimento a singoli affari, si applica, in assenza di una disciplina transitoria che ne preveda l'applicazione retroattiva, unicamente ai patti stipulati successivamente alla sua entrata in vigore o tutt'al più alle obbligazioni nate da tali patti successivamente alla data indicata e non anche alla fase di adempimento di tali obbligazioni.

Cass. civ. n. 10728/2006

Ai sensi dell'art. 1746 c.c. è imposto all'agente di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede nell'esecuzione dell'incarico. Tuttavia, tale norma non impedisce all'agente — così come al subagente — vincolato da un contratto a tempo indeterminato suscettibile di disdetta, di ricercare soluzioni professionali alternative, che vengano in concreto a risultare pregiudizievoli per il preponente (come nel caso, non infrequente, dell'acquisizione di un mandato di agenzia da parte di un'impresa in concorrenza con l'originario preponente), se non impiega mezzi e modalità che siano di per sé qualificabili come scorretti, vuoi ai fini dell'acquisizione del nuovo incarico professionale, vuoi nell'esecuzione del medesimo, sulla base dei principi di carattere generale in materia contrattuale e, specificamente, di quelli di correttezza e di buona fede nell'esecuzione del rapporto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., ovvero delle regole in tema di concorrenza sleale tra imprenditori. Né, alla stregua di ciò, può ritenersi di per sé scorretto il comportamento di un subagente che, intenzionato a porre fine al rapporto in corso con l'agente, ne metta al corrente l'imprenditore preponente, offrendo l'occasione al medesimo di valutare le conseguenze di tale ipotesi ed a se stesso la possibilità di comunicare la propria eventuale disponibilità ad assumere un incarico diretto, sempreché non siano posti in essere mezzi di per sé scorretti, poiché, in difetto di precise pattuizioni in proposito, non è ravvisabile un obbligo di fedeltà in capo al subagente nei confronti dell'agente suo preponente che vieti iniziative di questo genere, compiute con il rispetto del principio generale della correttezza. (Nella specie, la S.C., enunciando il richiamato principio, ha rigettato il ricorso proposto dall'agente e confermato la sentenza impugnata, con la quale era stato escluso che il comportamento del subagente avesse comportato violazione di obblighi derivanti dal contratto di subagenzia, considerato che l'obbligo di cooperazione dell'agente ai fini del raggiungimento degli interessi del suo preponente non comprendeva l'obbligo di restare per sempre vincolato al medesimo, così come neanche il canone generale di correttezza e buona fede poteva impedire all'agente, in mancanza di specifiche clausole contrattuali, di cercare una sistemazione migliore ed eventualmente anche di proporre, nel caso del subagente, le proprie prestazioni direttamente al mandante del proprio preponente)

Cass. civ. n. 17254/2004

In tema di rapporto di agenzia con una società di leasing, fra gli obblighi dell'agente vi è quello di promuovere la conclusione di un affare giuridicamente ed economicamente conforme allo schema contrattuale che, per il leasing, presuppone la previa conclusione di un contratto di compravendita del bene e, per i beni mobili registrati, la regolare immatricolazione del veicolo e conseguente iscrizione al Pra, eventi temporalmente e logicamente successivi al contratto di vendita e talvolta successivi alla stipulazione del contratto di leasing. La necessità della verifica della realizzazione del presupposto fondamentale dell'operazione tende a prevenire il maggior rischio cui sono esposte dette società, cioè il rischio che il bene non esista, o sia diverso da quello acquistato e pagato o sia finito in proprietà di terzi, non attenendo, l'obbligo dell'agente, all'esecuzione del contratto di leasing, sibbene al perfezionamento, giuridico ed economico, dell'operazione. Conseguentemente, l'inadempimento del predetto obbligo integra giusta causa di recesso e l'accertamento relativo è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato ed esente da vizi logico-giuridici.

Cass. civ. n. 7644/1996

L'obbligo imposto all'agente dall'art. 1746 c.c. di fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato nella zona assegnatagli nonché ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari, (che si traduce nell'obbligo di informare in generale sullo sviluppo della concorrenza e sulle reali prospettive di penetrazione del mercato) pur avendo carattere secondario e strumentale rispetto all'obbligo principale dell'agente di promuovere la conclusione di affari, può assumere in concreto una rilevanza tale da giustificare, in caso di sua violazione, la risoluzione del rapporto per colpa dell'agente, come avviene quando — secondo la valutazione insindacabile del giudice di merito — l'omissione delle informazioni o l'inesattezza di quelle fornite siano suscettibili di provocare gravi conseguenze negative sull'andamento commerciale dell'impresa preponente. (Nella fattispecie la sentenza impugnata — confermata dalla Suprema Corte — aveva ritenuto che integrasse una inadempienza grave da parte dell'agente la mancata comunicazione del fatto che il proprio figlio aveva intrapreso nella medesima zona un'attività di agente per una ditta concorrente, contattando per conto della nuova società tutti i clienti del padre, ed utilizzando a tale fine l'elenco dei clienti, i locali lavorativi e il recapito telefonico del proprio genitore).

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GIUSEPPE P. chiede
martedì 03/11/2020 - Abruzzo
“Un Sub Agente collabora con 3 Compagnie (A,B,C )
Ha in conto separato sul quale confluiscono i premi delle 3 Compagnie.
Compagnia A vuole,per controlli amministrativi, l'estratto conto con riportati tutti gli incassi (compresi quelli delle Compagnie B e C ) :Ciò è legittimo? Per quale motivo vuole sapere anche gli incassi delle polizze delle Compagnie B e C con i nominativi dei rispettivi assicurati ?Non infrange la normativa privacy?Non potrebbe individuarci un elemento di concorrenza sleale? Grazie.Giuseppe P.”
Consulenza legale i 09/11/2020
Per quanto concerne la normativa sulla privacy, la comunicazione dell’estratto conto contenente il nominativo dei clienti, il genere di polizza sottoscritta e il premio versato potrebbe in astratto violare la normativa privacy.

I clienti avranno, infatti, firmato al momento della conclusione del contratto un’informativa privacy in cui acconsentivano al trattamento dei propri dati personali ai soli fini del contratto di assicurazione.

L’unico caso in cui ai sensi del GDPR sia possibile per il titolare comunicare a terzi i dati è quello in cui il destinatario di tale comunicazione sia qualificabile come “responsabile del trattamento” ai sensi dell’art. 28 del GDPR. In questo caso, infatti, il responsabile è un mero ausiliario del titolare, deve sottostare alle sue istruzioni e non può fare con i dati quanto non sia strettamente funzionale all’erogazione in favore del titolare stesso dello specifico servizio che da questo sia stato richiesto.

Diverso è il caso della comunicazione mediante trasmissione dei dati ad un terzo, affinché questi li utilizzi a sua volta in qualità di titolare.

L’art. 4. nr. 2 del GDPR è chiaro nello stabilire che nella definizione di “trattamento” rientri anche la mera “comunicazione mediante trasmissione” dei dati. Secondo il GDPR pertanto la comunicazione mediante trasmissione dei dati è in sé una forma di trattamento, che in quanto tale necessita dell’individuazione ai sensi dell’art. 6 del Regolamento di una base giuridica che la giustifichi, tenuto conto della finalità che si intenda perseguire.
Escludendo il consenso dell’interessato, la base giuridica del trattamento potrebbe essere:
  • il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento (art. 6, lett. c), GDPR);
  • il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell'interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l'interessato è un minore (art. 6, lett. f), GDPR)
Nel caso di specie, salvo ci sia un ordine di esibizione del giudice, la base giuridica del trattamento non potrebbe che essere il legittimo interesse (art. 6, lett. f)), tanto dell’agente (titolare del trattamento) che della compagnia A, la quale adduce esigenze legate a controlli amministrativi.

D’altro canto, qualunque operazione di trattamento, anche se in ipotesi lecita ai sensi dell’art. 6 GDPR, deve comunque essere rispettosa dei principi generali di liceità di cui all’art. 5, tra cui di particolare rilievo è il principio di minimizzazione del trattamento di cui alla lettera c). del richiamato art. 5. Questo principio pretende che il trattamento sia pertinente e limitato a quanto strettamente necessario rispetto alle finalità perseguite.

A mente dunque di questo principio, se la compagnia A chiede di avere accesso ad informazioni relative a tutti i clienti dell’agente (anche relativi a clienti della compagnia B e C) per controlli amministrativi, tale richiesta si può ritenere giustificata in base al legittimo interesse; allo stesso tempo, però, il principio di minimizzazione verosimilmente richiederà che tali informazioni siano fornite in forma anonimizzata, con la sola eccezione tutt’al più dei clienti che hanno un rapporto con la compagnia A.

Sotto il profilo privacy, pertanto, l’estratto conto potrà essere inviato alla compagnia A, ma con l’accortezza di rendere anonime tutte le informazioni che riguardano Clienti delle compagnie B e C.

Alla stessa conclusione si deve giungere per quanto riguarda i profili legati alla concorrenza.

Infatti, la comunicazione ad aziende concorrenti di nominativi clienti, tipologie di polizze e importi dei premi versati costituisce certamente una condotta contraria al divieto di concorrenza.

Se anche non fosse stato sottoscritto un divieto di concorrenza, per l’agente (e il subagente), il divieto di concorrenza è “effetto naturale del contratto” con la compagnia assicurativa. Infatti, seppure non vi sia una norma specifica che lo preveda, come ad esempio l’art. 2015 c.c. per il lavoratore subordinato, il divieto di concorrenza si desume indirettamente dal primo comma dell’art. 1746 c.c., in base al quale l’agente deve tutelare gli interessi del preponente ed agire con lealtà e buona fede.

Pertanto, la comunicazione dei dati relativi ai clienti delle compagnie B e C alla compagnia A potrebbe esporre il subagente a contestazioni relative alla violazione del divieto di concorrenza.

Non solo.

Infatti, tali condotte potrebbero configurare atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c.

Si consiglia, pertanto, di consegnare l’estratto conto alla compagnia A solo dopo aver rimosso o comunque reso anonimi (anche sotto il profilo del genere di polizze sottoscritte e relativi premi) i dati relativi ai clienti delle compagnie B e C.