Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 1359 del 4 febbraio 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Nel rapporto di agenzia, il patto così detto dello star del credere, (per cui l'agente, in relazione agli affari non andati a buon fine, non solo non percepisce alcuna provvigione, ma partecipa anche al rischio di impresa sopportando in parte —a prescindere da qualsiasi colpa o dolo — le perdite subite dall'imprenditore preponente, come conseguenza dell'inadempimento dei clienti da lui procurati) non consente di trasferire sull'agente il detto rischio oltre la misura massima prevista dagli accordi collettivi e, pertanto, è affetto da nullità parziale il patto con cui l'agente si impegna a tenere indenne il preponente delle perdite subite per l'inadempimento del terzo contraente in misura superiore a quella suddetta, qualunque sia il congegno negoziale utilizzato dalle parti ed anche quando la responsabilità per lo star del credere sia collegata alla generica violazione degli obblighi stabiliti per l'agente dall'art. 1746 c.c

(massima n. 2)

Il rapporto di agenzia è soggetto al regime delle transazioni e rinunzie vigente per il rapporto di lavoro subordinato ed opera anche relativamente ad esso il principio per cui le generiche quietanze a saldo e transazione di ogni avere non hanno sostanza transattiva, né sono dichiarazioni di una volontà negoziale o abdicativa di specifici diritti determinati od obiettivamente determinabili, ma unicamente dichiarazioni di scienza o di opinioni, e cioè del convincimento dell'interessato di essere stato soddisfatto dei suoi diritti, e quindi non ostative di una successiva richiesta di tutela giurisdizionale di ulteriori diritti non ancora soddisfatti.

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