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Il venditore è responsabile in caso di rampa di accesso all'autorimessa non realizzata a regola d'arte

Il venditore è responsabile in caso di rampa di accesso all'autorimessa non realizzata a regola d'arte
Il giudice deve valutare il rispetto di quanto previsto dal D.M. 1 febbraio 1986, in materia di sicurezza e prevenzione incendi, e la eventuale violazione delle prescrizioni ivi previste in materia di pendenza della rampa di accesso e di raggio minimo di curvatura.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1208 del 18 gennaio 2017, si è occupata di un altro interessante caso in materia condominiale.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, due condomini avevano agito in giudizio nei confronti del condominio, evidenziando di aver acquistato due appartamenti e un locale da destinarsi ad autorimessa ma che la rampa di accesso all'autorimessa “era stata realizzata in difformità dalla normativa vigente e comunque non a regola d'arte, poichè la pendenza era di gran lunga superiore a quanto pattuito, onde essi non avevano potuto fruire del box acquistato”.

Di conseguenza, gli attori chiedevano che il venditore fosse condannato “all'esecuzione di opere idonee a rendere la rampa di accesso menzionata conforme alla regole dell'arte ed agli standards normativi in materia, ovvero al risarcimento dei danni derivanti dall'inutilizzabilità dell'autorimessa ed alla conseguente perdita di valore degli appartamenti”.

Il Tribunale di Taranto, pronunciatosi in primo grado, aveva condannato il convenuto al risarcimento dei danni ma la sentenza veniva riformata in grado d’appello, dal momento che la Corte rilevava che “la rampa di accesso all'autorimessa, ancorchè non realizzata a regola d'arte, ne aveva reso soltanto disagevole l'utilizzo, considerati l'eccessiva pendenza e lo sbocco troppo vicino alla sede stradale”.

Secondo la Corte, inoltre, i ricorrenti erano decaduti dalla possibilità di agire in giudizio, in quanto avevano denunciato i vizi dopo il termine di otto giorni dalla scoperta, previsto dall’art. 1495 cod. civ.

I condomini, ritenendo la decisione ingiusta decidevano di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado.

Osservavano i ricorrenti, in particolare, come la Corte d’appello non avesse in alcun modo esaminato la questione relativa alla classificazione dell'autorimessa e al “contrasto con le disposizioni del D.M. 1 febbraio 1986, in materia di prevenzione antincendi e conseguente inagibilità del bene”.

Secondo i ricorrenti, inoltre, la Corte d’appello avrebbe “escluso la gravità ex art. 1669 c.c., del vizio derivante dall'eccessiva pendenza della rampa di accesso”, omettendo di valutare adeguatamente i rilievi della consulenza tecnica espletata in corso di causa.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Precisava la Cassazione, in particolare, che “l'operatività della garanzia ex art. 1669 c.c., non è limitata ai gravi difetti della costruzione relativi al bene principale, come gli appartamenti costruiti, dovendo essa ricomprendere ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell'opera”.

Ebbene, secondo la Cassazione, nel caso di specie, la Corte d’appello non aveva esaminato “la questione dell'applicabilità all'autorimessa, acquistata dai ricorrenti unitamente agli appartamenti, delle disposizioni del D.M. 1 febbraio 1986, in materia di sicurezza e prevenzione incendi, e la dedotta violazione delle prescrizioni ivi previste in materia di pendenza della rampa di accesso e di raggio minimo di curvatura”.

Inoltre, secondo la Cassazione, la Corte d'appello aveva errato anche perché si era limitata “ad evidenziare la persistente possibilità di uso dell'autorimessa omettendo di valutare adeguatamente, anche in relazione alle prescrizioni del D.M. 1 febbraio 1986, i rilievi della Ctu, riportati nel corpo del ricorso dei ricorrenti, secondo cui ‘la pendenza della rampa di accesso superava evidentemente il 20%, presentava un insufficiente raggio di curvatura ed un'invasione della sede stradale antistante da parte del piano inclinato della rampa... onde non risultava possibile un uso agevole e sicuro della stessa’”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione riteneva di dover annullare la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello, la quale avrebbe dovuto specificamente valutare “l'applicabilità del D.M. 1 febbraio 1986 al caso di specie e l'incidenza dei vizi di costruzione e delle violazioni descritte dal Ctu sulla funzionalità dell'autorimessa, ai fini di verificare se esse comportino o meno l'inagibilità della rampa di accesso e, conseguentemente, una notevole menomazione all'utilizzo di detto bene”.


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