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Usura: per il reato basta la sola difficoltà economico-finanziaria e non serve arrivare fino allo stato di bisogno

Usura: per il reato basta la sola difficoltà economico-finanziaria e non serve arrivare fino allo stato di bisogno
La Corte di Cassazione precisa che lo stato di bisogno della persona offesa rileva solo come circostanza aggravante del delitto di usura, e non come elemento strutturale della fattispecie penale de quo.
La seconda sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36376 del 23 giugno 2021 (depositata in data 7 ottobre 2021), si è occupata della fattispecie del delitto di usura (art. 644 del c.p.), definendone, sulla scia della pregressa giurisprudenza di legittimità, i caratteri costitutivi.

In particolare, difatti, ha posto l’accento sugli elementi soggettivi della difficoltà economico - finanziaria, nonché dello stato di bisogno del soggetto agente, intravedendo solo nel primo elemento costitutivo della fattispecie di usura, essendo il secondo elemento idoneo a perfezionare una mera circostanza aggravante.

Al fine di comprendere pienamente il dictum della Suprema Corte, è necessario partire dalla definizione dell’usura presente nel Codice penale.
In particolare, l’articolo 644 c.p. statuisce che: “Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma procura a taluno una somma di denaro od altra utilita' facendo dare o promettere, a se' o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario”.

Al fine di integrare il delitto di usura, dunque, la prestazione devoluta alla controparte, sotto forma di interessi, vantaggi, ovvero altra utilità, deve essere superiore alla soglia usuraria definita ex lege: in particolare, per quanto concerne gli interessi, la loro devoluzione, in caso di somme date a prestito (si pensi al mutuo), è sempre legittima; questi possono essere stabiliti direttamente dalla legge secondo il parametro della soglia legale (art. 1224 del c.c.), ovvero convenzionalmente dalle parti, purché, in suddetto ultimo caso, non vi sia un superamento del tasso soglia usurario.

Oltre all’usura in astratto, il Codice penale disciplina anche l’usura in concreto: quest’ultima si verifica qualora gli interessi, sebbene inferiori al limite legale stabilito ex lege, in relazione alle circostanze del caso concreto, ossia al tasso medio globalmente applicato, risultino comunque sproporzionati rispetto alla controprestazione di denaro o di altra utilità, essendo che la controparte si ritrovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (articolo 644, comma 3, c.p.).
La disposizione normativa in esame è stata prevista dal legislatore al fine di proteggere, in ogni circostanza, la figura del soggetto debitore, il quale potrebbe ritrovarsi comunque a subire controprestazioni svantaggiose, pur non essendo queste superiori rispetto all’ordinario tasso usurario stabilito ex lege. In particolare, pertanto, la norma eleva ad elemento strutturale della fattispecie di reato una condizione di natura soggettiva, ossia la condizione di difficoltà economica del soggetto debitore: questa rileva in quanto, nell’usura in concreto, manca un tasso legale predeterminato ex lege, capace di definire il superamento, o meno, la soglia dell'interesse usurario. Di tal guisa, l’illegittimità della somma da devolvere a titolo di interessi è commisurata in base allo stato soggettivo della difficoltà economica del soggetto passivo, vittima dell’interesse usurario in concreto.

La fattispecie di reato dell’usura è stata riformulata attraverso la legge n. 108/1996, la quale ha trasformato il delitto di usura da soggettivo in oggettivo: dapprima, difatti, al fine del suo perfezionamento era necessaria la presenza dello stato di bisogno della vittima. Ad oggi, questo rileva al sol fine della circostanza aggravante di cui al comma 5, n. 3, della norma in esame, in base al quale: “Le pene per i fatti di cui al comma 1 e comma 2 sono aumentate da un terzo sino alla metà (…) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno”.
Dalla lettura del comma in esame, dunque, si evince che la circostanza aggravante de quo si applica solo in caso di usura in astratto, e non a quella in concreto: in quest’ultimo caso, ove il fenomeno dell’usura rileva alla già alla luce della situazione di difficoltà economico finanziaria della vittima, non rileva l’aggravante dello stato di bisogno, essendo l’elemento della necessità già in re ipsa preso in considerazione.

Tuttavia, data la forte analogia tra i due elementi in esame (ossia, della difficoltà economico finanziaria della vittima, nonché dello stato di bisogno), è intervenuta la Corte di Cassazione, la quale nella sentenza in commento, sulla scia della pregressa giurisprudenza (Cass. pen., sez. II, 25 marzo 2014, n. 18778), definisce il discrimen tra l’uno e l’altro elemento. In particolare, vige una situazione di difficoltà economica o finanziaria" della vittima, la quale è uno degli elementi costitutivi del reato in caso di usura in concreto, qualora sussista una minima libertà contrattuale della vittima, la quale resta capace di scegliere se redigere, o meno, il contratto a quelle precise condizioni a sé inique. Sussiste, invece, una situazione di “stato di bisogno”, integrante la circostanza aggravante di cui all'art. 644, comma 5, n. 3 c.p., qualora vi sia uno stato di necessità della vittima grave ed irreversibile, capace di annientare completamente la sua capacità di autonomia negoziale, redigendo, così, contratti di credito aventi condizioni a se estremamente sfavorevoli (cfr, Cass. pen., sez. II, 16 dicembre 2015, n. 10795; Cass. pen., sez. II, 11 novembre 2010, n. 43713).


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