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Senza previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica non salva dal reato l'ottenimento postumo del permesso di costruire

Senza previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica non salva dal reato l'ottenimento postumo del permesso di costruire
La Corte di Cassazione conferma in caso di opera abusiva già realizzata in zona vincolata, l’eventuale rilascio postumo del solo permesso di costruire non è idoneo a sanare l'intervento già posto in essere dal privato, in assenza di previa richiesta originaria del provvedimento di autorizzazione paesaggistica.
La terza sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 5750 del 2 febbraio 2023 (depositata in data 10 febbraio 2023), si è occupata del reato di abuso edilizio, di cui art. 44, lett. c), Testo unico edilizia, confermandone il perfezionamento anche in caso di successivo rilascio, da parte della Pubblica Amministrazione, del solo provvedimento del permesso di costruire.
Ciò in quanto, in caso di opera edilizia abusivamente realizzata in zona vincolata, il solo rilascio, da parte dell’autorità amministrativa, del solo permesso di costruire, e non, dell’autorizzazione paesaggistica, rende pienamente perfezionati i reati di abuso edilizio, ex art. 44 lett. c), d.P.R. 380/01, nonché quello di abuso paesaggistico, di cui all’ art. 181, Codice dei beni culturali e del paesaggio.

In altri termini, sulla scia della pregressa giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. III, 12 novembre 2020, n. 190), non è sufficiente il mero permesso di costruire in caso di zona vincolata, essendo, sempre necessario anche il provvedimento di autorizzazione paesaggistica, il quale non è rilasciabile ex post, salvo casi eccezionali indicati dalla legge.

Al fine di comprendere al meglio la decisione in esame, può farsi riferimento alle nozioni di teoria generale.

In particolare, il permesso di costruire è un titolo autorizzativo, rilasciato su richiesta del privato dal Comune di riferimento, ed è necessario al fine di eseguire interventi di trasformazione urbanistica e edilizia. Il suo rilascio implica un accertamento di carattere vincolato da parte dell’amministrazione procedente, costituito dalla previa verifica della conformità dell’opera rispetto alla normativa urbanistico – edilizia. La giurisprudenza di legittimità, in merito, ha precisato difatti che: “l’istruttoria di una domanda di concessione edilizia deve ritenersi congruamente e correttamente condotta allorché sia volta alla verifica della conformità delle opere realizzande alle prescrizioni urbanistico-edilizie ed a quelle recate da norme speciali (ad es. in materia sanitaria, antisismica, paesaggistica, ecc.); una tale verifica, così come il provvedimento autorizzatorio nel quale la stessa sfocia, ha carattere vincolato, nel senso che non può eccedere un tale accertamento, sì che il provvedimento finale non necessità di altra motivazione, che non sia quella della rispondenza dell'opera alle dette prescrizioni e della stretta osservanza delle limitazioni dalle stesse poste in tema di volume, altezza, densità, distanze, ecc. degli edifici” (Cons. Stato Sez. IV, 1 aprile 2011, n. 2050). Anche se, invero, non mancano alcune pronunce che affermano l’esistenza di un apprezzamento tecnico discrezionale da parte della P.A. procedente, ossia: “la verifica di compatibilità tra previsioni generali urbanistiche e loro applicazione al momento della presentazione di una proposta progettuale di uno specifico intervento si colora di indiscussi momenti di apprezzamento tecnico - discrezionale; qui, volendo ricorrere alle categorie tradizionali, possono rintracciarsi ambiti in cui la verifica di compatibilità tra progetto e previsioni di piano si limita alla constatazione di dati reali e momenti in cui all’amministrazione è rimesso un più ampio margine di apprezzamento che sfugge all’applicazione di parametri predeterminati, per ancorarsi a più elastici criteri di natura tecnico discrezionale”.

Quanto, invece, all’autorizzazione paesaggistica, trattasi di un provvedimento autorizzatorio, aggiuntivo rispetto al titolo edilizio del permesso di costruire, il quale attesta la conformità dell’opera rispetto alla normativa in materia di Codice dei beni culturali (D.Lgs 42/2004). In particolare, suddetta autorizzazione è necessaria in caso di costruzione in aree sottoposte a tutela paesaggistica, ove è necessario operare un maggiore controllo circa la possibilità di effettuare un intervento edilizio, qualora modificativo dei luoghi o dell’aspetto degli edifici.

Il rilascio dell’autorizzazione in esame è regolato dagli artt. 146 e 149 del Codice dei Beni Culturali: la sua assenza genera l'inefficacia del titolo edilizio rilasciato, essendo quest’ultimo non idoneo a produrre alcun effetto giuridico in materia di costruzione. Difatti, non è ammessa in tal caso la sanatoria urbanistica, ai sensi dell'art. 36 d.P.R. 380/01 (cfr., Cass. pen., sez. III, 11 gennaio 2023 n. 544).

Ex lege, non è possibile rilasciare in via tardiva il provvedimento di autorizzazione paesaggistica (ossia, successivamente alla costruzione), salvo casi eccezionali espressamente individuati dalla legge (in particolare, all’interno dell’art. 167, commi 4 e 5, D.L.vo 42/04, il quale tipizza i c.d. “abusi minori” in materia paesaggistica). Pertanto, la sua assenza originaria determina la non legittimità dell’opera costruita, non sanabile ex post.

Alla luce delle suddette coordinate di teoria generale, la Corte di Cassazione, all’interno della pronuncia in esame, ha confermato che, in caso di opera abusiva già realizzata in zona vincolata, l’eventuale rilascio postumo del solo permesso di costruire (all’interno di una procedura di sanatoria dell’abuso edilizio, ex art. 36, d.P.R. 380/01), non è idoneo a sanare l'intervento già posto in essere dal privato, in assenza di previa richiesta originaria del provvedimento di autorizzazione paesaggistica.


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