La vicenda presa in esame dalla Suprema Corte trae origine dal fallimento della “Alfa S.p.a.”, a seguito del quale la procedura fallimentare agiva in revocatoria contro l’istituto di credito “Beta S.p.a.”, chiedendo la dichiarazione di inefficacia ex art. 67 Legge fallimentare dei pagamenti ricevuti in periodo sospetto, realizzati in parte mediante accollo di mutui contratti dalla società fallita con la banca e successivamente estinti dalla “Delta s.r.l.”, acquirente di un immobile della fallita “Alfa s.p.a.”.
Il Tribunale, accogliendo le domande della curatela, aveva dichiarato inefficaci tali pagamenti, ritenendo che l’accollo (tra “Delta s.r.l.”, accollante, e “Alfa s.p.a.”, accollato) avesse costituito un mezzo anormale di estinzione del debito.
Il giudice di secondo grado confermava la decisione, qualificando gli accolli come “non allo scoperto”, in quanto l’accollante era debitore verso il fallito, e ravvisando la scientia decoctionis da parte della banca.
Avverso tale pronuncia l’istituto di credito “Beta S.p.a.”proponeva ricorso per cassazione.
La Corte di Cassazione, Sez. I civile, con ordinanza n. 10811 del 24.04.2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso, affermando due principi fondamentali in materia di revocatoria fallimentare:
Il Tribunale, accogliendo le domande della curatela, aveva dichiarato inefficaci tali pagamenti, ritenendo che l’accollo (tra “Delta s.r.l.”, accollante, e “Alfa s.p.a.”, accollato) avesse costituito un mezzo anormale di estinzione del debito.
Il giudice di secondo grado confermava la decisione, qualificando gli accolli come “non allo scoperto”, in quanto l’accollante era debitore verso il fallito, e ravvisando la scientia decoctionis da parte della banca.
Avverso tale pronuncia l’istituto di credito “Beta S.p.a.”proponeva ricorso per cassazione.
La Corte di Cassazione, Sez. I civile, con ordinanza n. 10811 del 24.04.2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso, affermando due principi fondamentali in materia di revocatoria fallimentare:
- sulla scientia decoctionis del creditore: la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore deve essere effettiva e concreta, ma può essere desunta da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali l’andamento negativo dei bilanci, la revoca di affidamenti e il progressivo peggioramento degli indici economico-finanziari. Trattasi di valutazione riservata in via esclusiva al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità, salvo il caso di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, n. 5 c.p.c.
- sulla natura dell’accollo “non allo scoperto” come mezzo anormale di pagamento: deve ritenersi anormale quel pagamento che avvenga non secondo le modalità tipiche del rapporto obbligatorio, bensì mediante un negozio distinto e complesso volto, anche indirettamente, a favorire un creditore in danno della par condicio creditorum.
L’accollo si qualifica come “non allo scoperto” quando l’accollante è debitore del fallito e l’effetto solutorio si realizza attraverso la compensazione di reciproche obbligazioni; tale schema, secondo la S.C., non fa altro che alterare la regola della parità tra creditori, rientrando come tale tra i mezzi anormali di pagamento, revocabili appunto ex art. 67 Legge fallimentare.
In conclusione, la S.C. - con la pronuncia in esame - consolida l’orientamento secondo cui l’accollo “non allo scoperto”, implicante un rapporto di debito e credito tra accollante e debitore, costituisce mezzo anormale di pagamento e, se compiuto in periodo sospetto con conoscenza dello stato di insolvenza, è soggetto a revocatoria fallimentare (Cass. n. 4762 del 2007; Cass. n. 14978 del 2007; Cass. n. 5265 del 2010; Cass. n. 3299 del 2017; Cass. n. 3854 del 2019; Cass. n. 29257 del 2019; Cass. n. 13169 del 2020).
L’uso di operazioni triangolari o compensative per estinguere i debiti del fallito rimane fortemente rischioso per gli istituti di credito, in quanto potrebbero essere costretti alla restituzione delle somme ricevute in violazione della par condicio.
In conclusione, la S.C. - con la pronuncia in esame - consolida l’orientamento secondo cui l’accollo “non allo scoperto”, implicante un rapporto di debito e credito tra accollante e debitore, costituisce mezzo anormale di pagamento e, se compiuto in periodo sospetto con conoscenza dello stato di insolvenza, è soggetto a revocatoria fallimentare (Cass. n. 4762 del 2007; Cass. n. 14978 del 2007; Cass. n. 5265 del 2010; Cass. n. 3299 del 2017; Cass. n. 3854 del 2019; Cass. n. 29257 del 2019; Cass. n. 13169 del 2020).
L’uso di operazioni triangolari o compensative per estinguere i debiti del fallito rimane fortemente rischioso per gli istituti di credito, in quanto potrebbero essere costretti alla restituzione delle somme ricevute in violazione della par condicio.