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Responsabile l'istruttore di kite-surf per i danni subiti dall'allievo durante la lezione

Responsabile l'istruttore di kite-surf per i danni subiti dall'allievo durante la lezione
La Corte d'appello ha precisato che l'istruttore di kite-surf non deve limitarsi a valutare le condizioni atmosferiche, dovendo anche scegliere con diligenza i mezzi e i luoghi più idonei per le esercitazioni.
Se un allievo si fa male durante una lezione dello sport praticato, l’istruttore può essere condannato al risarcimento del danno?

La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza n. 77 del 21 dicembre 2016, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Corte d’appello, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti del proprio istruttore di kite-surf, evidenziando di aver riportato delle lesioni varie durante una lezione e chiedendo, pertanto, di essere risarcito dei danni subiti.

Nello specifico, il danneggiato, durante un delle prima lezioni di kite-surf, era andato a sbattere contro un muro di cemento, a causa della propria inesperienza, nonché delle forti raffiche di vento, che erano abituali nella località in cui si era svolta la lezione.

Secondo il ricorrente, in particolare, l’allenatore avrebbe dovuto ritenersi responsabile in quanto l’esercitazione in questione era stata tenuta in modo imprudente, dal momento che l’istruttore aveva fatto montare sull’attrezzo utilizzato dall’infortunato una vela più grande dell’ordinario, in modo tale da avere maggiore impatto sul vento.

Inoltre, la lezione si era svolta su una spiaggia diversa rispetto a quella, più tranquilla, in cui si erano svolte le precedenti lezioni, spiaggia caratterizzata da fortissime raffiche ed era, dunque, adatta a persone più esperte di tale sport.

Il Tribunale di Taranto, pronunciatosi nel primo grado di giudizio, aveva accolto la domanda dell’infortunato, condannando l’allenatore al risarcimento del danno, che veniva quantificato in oltre 30.000 euro.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’allenatore decideva di rivolgersi alla Corte d’appello, nella speranza di veder riformata la sentenza di primo grado a lui sfavorevole.

La Corte d’appello, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’appellante, rigettando i motivi di appello, in quanto infondati.

Osservava la Corte, in particolare, che l’attività didattica che ha ad oggetto la pratica di uno sport, consiste nella spiegazione in concreto della condotta di gioco, come prevista dalle regole che lo disciplinano.

Di conseguenza, per quanto riguarda l’eventuale responsabilità civile per i danni occorsi nell’esercizio di un’attività sportiva, è particolarmente importante tenere in considerazione tali regole tecniche, dal momento che le stesse consentono di verificare se un determinato gesto sportivo si sia conformato o meno al modello astratto previsto dalle regole stesse.

Attraverso tale modello astratto, infatti, è possibile prevedere in anticipo quali sono i rischi connessi all’attività sportiva, potendosi, dunque, valutare, se una certa condotta sia o meno antigiuridica.

L’insegnamento dell’attività sportiva, secondo la Corte, comporta necessariamente anche l’illustrazione all’allievo dei rischi connessi all’attività medesima, essendo, in proposito, irrilevante che l’allievo sia maggiorenne o minorenne.

Inoltre, proseguiva la Corte, i rischi devono essere illustrati non solo all’allievo principiante ma anche a quello più esperto, in quanto, ciò che rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità del maestro, “non è il grado di preparazione ed esperienza dell’allievo in sé considerate, ma il rapporto che sussiste tra questi ed il maestro, il quale è tenuto a vigilare sul suo operato nello svolgimento dell’attività sportiva”.

Ciò premesso, la Corte d’appello riteneva che la fattispecie in esame rientrasse nell’ambito di applicabilità dell’art. 2048 c.c. (responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte), con la conseguenza che il Tribunale di primo grado aveva correttamente ritenuto che l’istruttore ha, nei confronti dell’allievo, un dovere di protezione e di vigilanza che non si risolve solo nella valutazione delle condizioni atmosferiche, ma che comprende anche la scelta dei mezzi e dei luoghi più idonei per le esercitazioni.

Ebbene, nel caso di specie, a giudizio della Corte d’appello, appariva evidente che la località scelta dall’istruttore per la lezioni non poteva che considerarsi “altamente pericolosa e poco prudente” e, dunque, il Tribunale aveva del tutto correttamente condannato l’istruttore al risarcimento del danno subito dall’allievo.

Ciò considerato, la Corte d’appello rigettava l’appello proposto dall’istruttore, confermando integralmente la sentenza di primo grado che l’aveva condannato al risarcimento del danno.


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