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Quando compri casa fai attenzione a questi controlli dell'Agenzia delle Entrate: ecco cosa dice la Cassazione

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Quando compri casa fai attenzione a questi controlli dell'Agenzia delle Entrate: ecco cosa dice la Cassazione
Quando l'Agenzia delle Entrate può rideterminare l'imposta di registro? La soluzione è offerta dalla recente sentenza n. 31327/2023 della Corte di Cassazione, che ha esaminato le condizioni e i principi in tema di rideterminazione dell’imposta di registro
Nel momento in cui si acquista un immobile, oltre al prezzo del bene dichiarato nell’atto di compravendita, bisogna pagare anche le relative imposte.
In particolare, le imposte da corrispondere al momento dell’acquisto sono (i) l’imposta di registro, (ii) l’imposta ipotecaria e (iii) l’imposta catastale, che – normalmente – vengono versate dal Notaio al momento della registrazione dell’atto.

Mentre le ultime due imposte citate hanno misura fissa, l’importo dell'imposta di registro può variare, essendo espresso in misura percentuale rispetto al prezzo di acquisto dell’immobile: 9% in caso di acquisto da privati o da imprese (se la vendita è esente da IVA) e 10% (o 22%, a seconda dei casi) per gli acquisti da imprese con vendita soggetta ad IVA.

In ogni caso, il valore dell’imposta di registro non può mai essere inferiore a 1.000,00 euro.

Ovviamente, trattandosi di tributi, l’Amministrazione finanziaria vigila sulla corretta quantificazione (e sul pagamento) degli stessi e può intervenire nel caso di anomalie, rettificando gli importi dovuti dai cittadini/contribuenti.

L’art. 51 comma 3 del TUR (Testo Unico dell’Imposta di Registro), tuttavia, non contiene un’elencazione tassativa dei criteri che l’Ufficio può adottare per determinare il valore di un bene e, di conseguenza, procedere alla corretta quantificazione dell’imposta di registro.
L’unico obbligo incombente sull’Amministrazione è quello di motivare l’atto impositivo ai sensi dell’art. 52, comma 2 bis del TUR, tramite la specificazione del criterio in concreto adottato

Quindi, nei casi in cui l’Amministrazione rilevi delle discrepanze tra l'imposta di registro versata e l’importo effettivamente dovuto, emette un avviso di rettifica e liquidazione che, al suo interno, deve contenere la descrizione analitica del bene che è stato trasferito, nonché l’indicazione specifica dei criteri adottati per giungere alla rideterminazione dell’imposta di registro.

Ne consegue che, a prescindere dal criterio prescelto dall’Amministrazione, è necessario che lo stesso sia enunciato nella motivazione del provvedimento di rideterminazione dell’imposta di registro.

Questo è il principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 31327 del 10 novembre 2023.

La vicenda sottoposta al vaglio della Corte ha avuto origine dal ricorso promosso da due contribuenti avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale (o "CTR"), con la quale si confermava la quantificazione dell’avviso di rettifica e liquidazione per l’imposta di registro in relazione alla rideterminazione del valore venale di un terreno sulla base del criterio (adottato dall’Amministrazione) della comparazione tra quotazioni di beni similari.

Nel caso in commento, infatti, la Commissione Tributaria Regionale aveva evidenziato che l’avviso di rettifica e liquidazione impugnato conteneva sia (i) l’analitica descrizione del bene trasferito che (ii) la determinazione dei criteri seguiti per l’accertamento dell’imposta dovuta.

In particolare, con la propria sentenza, la CTR aveva rilevato che - ai fini della corretta quantificazione dell’imposta di registro - l’Amministrazione aveva tenuto conto (i) dell’ubicazione, consistenza e conformazione del bene, (ii) delle condizioni di accessibilità nonché (iii) delle condizioni socio-culturali della zona di appartenenza.
Quest’ultima voce è di particolare importanza soprattutto per gli immobili che sono ubicati in zone considerate di pregio o in località che si trovano in piena ascesa commerciale.

La Corte di Cassazione, quindi, rilevando la corretta motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione, come riportato dalla sentenza della CTR, non ha potuto far altro che rigettare il ricorso.

La Corte, infatti, ha spiegato che, ogniqualvolta l’avviso di rettifica e liquidazione contenga l’enunciazione delle motivazioni e dei criteri adottati per la sua quantificazione, essa – essendo deputata al vaglio della legittimità delle decisioni ivi impugnate – non può analizzare il merito della decisione (e, quindi, dei criteri), che rimane al vaglio esclusivo dei giudici di merito.

Di conseguenza, gli unici casi in cui la Corte di Cassazione può - in tesi - intervenire riguardano l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

In particolare, i vizi riguardanti la motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione possono esplicarsi come (i) mancanza assoluta di motivi, (ii) motivazione apparente e (iii) motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile.

Si esclude, quindi, anche la rilevanza del difetto di sufficiente motivazione (che, comunque, potrà essere sottoposto al vaglio dei giudici di merito).


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