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È possibile ricevere la paga su carte prepagate senza Iban?

Lavoro - -
È possibile ricevere la paga su carte prepagate senza Iban?
Ammessa in via definitiva la possibilità per il datore di pagare il proprio dipendente con ricarica su carta prepagata anche senza Iban.
La legge n. 205 del 2017, entrata in vigore il 1° luglio 2018, ha vietato ai datori di lavoro di versare la retribuzione tramite contanti e di avvalersi, invece, di strumenti tracciabili, ci si domanda se vi rientrino le carte ricaricabili, dotate o meno di Iban.

Sul punto ha portato chiarimento l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che con due provvedimenti ha stabilito che la carta di credito prepagata con o senza iban, intestata al lavoratore, può essere regolarmente usata per il pagamento della retribuzione; onere del datore di lavoro la conservazione delle ricevute di versamento.

Essenziale è che la retribuzione avvenga tramite mezzi tracciabili, che non siano contanti, salvo il caso in cui si tratti di rapporti di lavoro domestico, compensi derivanti da borse di studio, tirocini o rapporti autonomi di natura occasionale.
Qualora la norma in questione venga violata il datore incorre nella la sanzione pecuniaria oscillante tra un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 5.000.

Per quanto riguarda i mezzi che rendono tracciabile il pagamento, si ricordano, non solo il classico bonifico sul conto corrente, ma anche l’assegno non trasferibile, il vaglia postale, i contanti presso lo sportello bancario o postale in cui si ha un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento.

Gli strumenti di pagamento elettronici, dunque, sono certamente utilizzabili per il pagamento degli stipendi, comprese le carte prepagate senza iban intestate ai dipendenti perché sarà sufficiente conservare le ricevute di versamento ai fini della loro esibizione e per consentirne la tracciabilità.

La scelta delle modalità di pagamento non spetta al datore di lavoro, ma al dipendente che potrà valutare ciò che gli risulta più comodo, senza mai subire alcuna imposizione da parte del datore di lavoro.
Questo salvo il caso in cui la modalità prescelta dal dipendente comporti un eccessivo onere economico e/o di tempo per l’azienda, così che si potrà addivenire ad un diverso accordo tra i due.

In ogni caso permane l’obbligo per il datore di lavoro di consegnare ai propri dipendenti un prospetto paga, firmato, siglato o riportante il timbro del datore di lavoro, con una serie di indicazioni, tra le quali i dati del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli elementi della retribuzione (compreso l’Anf) e le trattenute.
Se la retribuzione avviene metà in denaro e metà in natura, può limitarsi a riportare le somme in denaro, infatti la retribuzione in natura è indicata solo se e nella misura in cui determina un incremento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali e fiscali.

Ci si può affidare anche al mezzo della posta elettronica per l’invio del cedolino paga, infatti la firma della busta paga non è più necessaria, questo anche per evitare che il datore compia dei soprusi verso il proprio dipendente obbligandolo a sottoscrivere una ricevuta di pagamento diversa dall’importo effettivamente accreditato.


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