La misura che consente alle lavoratrici italiane di accedere alla pensione anticipata sta vivendo uno dei momenti più critici della sua storia. Secondo la normativa vigente,
Opzione Donna cesserà di esistere dal 2026, e il testo originale della
legge di bilancio non prevedeva alcun intervento per salvarla. Attualmente,
possono beneficiare di questa opportunità soltanto tre categorie specifiche di lavoratrici: le
caregiver che assistono familiari con disabilità grave, le donne con invalidità civile riconosciuta e le
dipendenti di aziende in situazione di crisi aziendale con tavoli ministeriali aperti. Per accedere al beneficio, è necessario aver maturato almeno
35 anni di contributi e avere compiuto
61 anni di età, requisito che può scendere
fino a 59 anni in base al numero di figli avuti.
La decisione del Governo di non rinnovare spontaneamente la misura ha sollevato un coro di proteste, che ha attraversato sia le opposizioni sia alcuni partiti della maggioranza. La Lega, in particolare, si è mobilitata fin da subito per compensare quella che molti hanno definito una carenza significativa della manovra economica. Il settore previdenziale si è rivelato, infatti, uno dei punti più deboli dell'intera legge di bilancio, caratterizzato dalla mancata promessa di bloccare l'aumento dell'età pensionabile e dalla cancellazione definitiva di strumenti come Quota 103. Le forze politiche hanno quindi presentato numerosi emendamenti, nel tentativo di salvare almeno parzialmente le misure di flessibilità in uscita.
L'iter parlamentare e la bocciatura tecnica della proposta
L'iter parlamentare della manovra ha visto una drastica riduzione delle proposte di modifica: dai 5.500 emendamenti iniziali si è passati a poco più di 400 emendamenti "segnalati", ovvero quelli che i partiti hanno voluto realmente sostenere e discutere. Durante questo processo di selezione, il presidente della commissione Bilancio del Senato ha dovuto esaminare attentamente ogni proposta, per verificarne la conformità tecnica e la sostenibilità economica. L'esito di questa valutazione ha portato alla dichiarazione di inammissibilità di 105 proposte o parti di esse, tra cui spicca proprio quella relativa ad Opzione Donna presentata da Fratelli d'Italia.
Il concetto di "inammissibilità" riveste un significato prettamente tecnico e non rappresenta una bocciatura politica del contenuto della proposta. Un emendamento viene dichiarato inammissibile quando presenta vizi formali che ne impediscono la discussione: può trattarsi di una proposta che non ha attinenza con la legge che intende modificare, oppure, come nel caso specifico di Opzione Donna, di una misura che comporta nuove spese senza indicare le necessarie coperture finanziarie. Quest'ultimo punto rappresenta un vincolo costituzionale fondamentale: ogni proposta che generi oneri aggiuntivi per lo Stato deve necessariamente specificare dove reperire le risorse economiche necessarie, nel rispetto degli equilibri di bilancio.
Le due proposte del centrodestra e le differenze sostanziali
Tra gli emendamenti segnalati dal centrodestra in materia pensionistica, due riguardavano specificamente Opzione Donna, ma con approcci significativamente diversi. La Lega ha presentato una proposta conservativa che si limita a chiedere il semplice rinnovo della misura per un ulteriore anno, mantenendo invariati tutti i requisiti e le categorie di beneficiarie attualmente previste. Questa proposta, più lineare e meno onerosa dal punto di vista finanziario, non è stata oggetto di dichiarazione di inammissibilità e può, quindi, proseguire il suo iter di valutazione parlamentare.
Ben diversa è invece la proposta avanzata da
Fratelli d'Italia, a prima firma della
senatrice Mancini, che prevedeva non solo il rinnovo, ma anche una
rimodulazione significativa della platea delle beneficiarie. Il testo dell'emendamento proponeva di escludere le dipendenti di aziende in crisi e di sostituirle con le
donne disoccupate, purché rispettassero specifiche condizioni: aver perso il lavoro a seguito di
licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione o termine del contratto, aver lavorato come dipendenti per almeno 18 mesi nei tre anni precedenti la disoccupazione, e aver completato il periodo di fruizione della Naspi. Tuttavia, proprio
l'assenza di indicazioni chiare sulle coperture finanziarie necessarie per sostenere questo ampliamento ha determinato la bocciatura tecnica della proposta. È altamente probabile che il partito riformulerà l'emendamento, integrando le necessarie indicazioni economiche per superare l'ostacolo procedurale e riproporlo alla discussione parlamentare.
Le reazioni politiche e le alternative delle opposizioni
La vicenda ha scatenato
dure reazioni da parte delle opposizioni, che hanno accusato la
maggioranza di prendere in giro le lavoratrici italiane. La deputata del
Movimento 5 Stelle Chiara Appendino ha definito la situazione "
l'ennesimo schiaffo a migliaia di lavoratrici già umiliate", sottolineando come presentare un emendamento senza coperture rappresenti una mancanza di serietà. Le opposizioni, dal canto loro, hanno presentato proposte alternative dichiarate ammissibili dal punto di vista tecnico. In particolare, uno degli emendamenti congiunti delle forze di opposizione
propone il ritorno alla vecchia formulazione di Opzione Donna, quella che prevedeva criteri molto più inclusivi e permetteva a un numero significativamente maggiore di lavoratrici di accedere alla pensione anticipata.
La partita sul futuro di Opzione Donna resta quindi completamente aperta, ma il tempo stringe: per garantire la continuità della misura anche nel 2026, sarà necessario trovare un accordo nelle prossime settimane, durante l'iter di approvazione della legge di bilancio. Le migliaia di donne che avranno maturato i 35 anni di contributi entro dicembre 2025 attendono con ansia una risposta definitiva, che possa garantire loro la possibilità di accedere alla pensione anticipata senza dover attendere il raggiungimento dei requisiti ordinari, previsti dalla legge Fornero.