Come è noto, Quota 103, Ape sociale e Opzione Donna costituiscono i più noti canali alternativi al pensionamento di vecchiaia ordinario. Sono, cioè, meccanismi di uscita anticipata o flessibile dal mondo del lavoro e, per questo, caratterizzati da vincoli aggiuntivi legati a fattori come età, contributi, categorie tutelate, modalità di calcolo dell'importo ecc. Ebbene, ogni anno - con la stesura della legge di Bilancio - si ripresenta puntualmente il "nodo pensioni anticipate", perché le citate misure non costituiscono una parte strutturale del sistema previdenziale, ma interventi temporanei e rinnovati di volta in volta dal Governo, in base alle necessità e alle possibilità del momento.
In altre parole, la loro riconferma o revisione è legata a scelte politiche e risorse disponibili, tenuto conto che la spesa previdenziale rappresenta - tra le uscite - la voce più consistente per i conti pubblici italiani. Ecco perché la questione dell'accesso al pensionamento anticipato torna ciclicamente e resta uno dei temi più dibattuti della manovra economica, non prestandosi di certo a conferme affrettate rispetto al calendario dei lavori sul testo della manovra che verrà.
Ma, dopo la redazione del Documento programmatico di finanza pubblica, a ottobre la fase di stesura della legge di Bilancio entra nel vivo in Consiglio dei Ministri e - dalle ultime indiscrezioni che giungono dagli ambienti di governo, in particolare dal Ministero del Lavoro - pare che all'orizzonte non ci siano scossoni o colpi di scena: in una via di continuità, Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna ci saranno anche l'anno prossimo. Nessuna rivoluzione, ma la conferma di tre strumenti che - in questi anni - hanno rappresentato le principali vie per andare in pensione con qualche anno di anticipo.
Cogliamo allora l'occasione per ricordare - in breve - come funzionano e quali opportunità garantiscono a chi, ormai, si trova in una fase avanzata della propria carriera lavorativa.
Quota 103, la formula più nota per l'uscita anticipata, è stata prevista dal legislatore al fine di essere un compromesso tra esigenze di sostenibilità dei conti e richieste di maggiore libertà nel lasciare l'occupazione. Gli interessati debbono ricordare che, per accedervi, sono necessari almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. L'importo della pensione è calcolato con il sistema contributivo puro e non è cumulabile, fino all'età della pensione di vecchiaia, con redditi da lavoro dipendente o autonomo (salvo il lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5mila euro lordi annui). Inoltre, fino al compimento dei 67 anni, l'assegno pensionistico non potrà superare quattro volte il trattamento minimo Inps.
E attenzione: chi matura i requisiti dopo il primo gennaio 2024 deve aspettare quella che, in gergo, si chiama "finestra mobile": sette mesi per i lavoratori del settore privato e nove per quelli pubblici. In sostanza, anche chi raggiunge la fatidica quota non potrà smettere di lavorare immediatamente, ma dovrà attendere lo scorrere del periodo di differimento disposto dalle norme vigenti.
La diversa misura denominata Opzione donna è molto selettiva, ma anch'essa - con tutta probabilità - sarà prorogata per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre prossimo. In particolare, prevede almeno 35 anni di contributi effettivi (escludendosi periodi riconosciuti come malattia, infortunio, disoccupazione) e 61 anni d'età alla data della domanda di pensionamento.
L'importo è calcolato interamente con il metodo contributivo e ci saranno finestre di attesa di 12 o 18 mesi, in base alla categoria di appartenenza. Inoltre, le madri lavoratrici possono avvalersi di uno sconto di un anno per figlio, fino a un massimo di due, potendo così accedere al canale agevolato a 60 o 59 anni (pur con una riduzione dell'assegno).
C'è poi l'Ape Sociale - sigla che sta per "anticipo pensionistico" - ma che, a ben vedere, è una misura-ponte più che una pensione vera e propria. In particolare, è un sostegno temporaneo finanziato dallo Stato e gestito dall'istituto di previdenza, che non si rivolge alla generalità dei lavoratori. Questo canale di pensionamento anticipato può essere percorso dai lavoratori meritevoli di particolare tutela, ossia disoccupati di lungo corso e senza indennità di disoccupazione, caregiver, invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%) o addetti ad attività gravose (per almeno 7 anni negli ultimi 10 o 6 negli ultimi 7 anni, in base al settore lavorativo). Tutte queste categorie potranno beneficiare di un'indennità che li accompagnerà fino all'età della pensione di vecchiaia, consentendo loro di lasciare anticipatamente il lavoro a 63 anni e 5 mesi con almeno 30 anni di contributi.
Attenzione, però: chi ha svolto mansioni usuranti vede la soglia aumentare a 36 anni. Inoltre, le donne rientranti nelle categorie summenzionate potranno contare su una riduzione contributiva fino a due anni in relazione al numero dei figli. Anche a questa formula si applicano limiti di incumulabilità con altri redditi e non è possibile beneficiarne in caso di titolarità di pensione diretta.
Concludendo, quelle appena viste sono tre misure diverse per struttura e finalità, accomunate però dall'obiettivo di offrire maggiore flessibilità a chi, per età o condizioni personali, non può o non vuole attendere la pensione di vecchiaia. Soluzioni temporanee, nate come risposte a esigenze specifiche, che continuano a svolgere il ruolo di cuscinetto e di ossigeno in un sistema previdenziale ancora in cerca di una riforma organica, lungimirante e longeva, evitando di irrigidirne eccessivamente i meccanismi. Una volta ultimato dal Governo, il testo della manovra - con il capitolo pensioni - approderà in Parlamento, dovrà potrà essere ritoccato in vista del varo finale entro il 31 dicembre prossimo.
In altre parole, la loro riconferma o revisione è legata a scelte politiche e risorse disponibili, tenuto conto che la spesa previdenziale rappresenta - tra le uscite - la voce più consistente per i conti pubblici italiani. Ecco perché la questione dell'accesso al pensionamento anticipato torna ciclicamente e resta uno dei temi più dibattuti della manovra economica, non prestandosi di certo a conferme affrettate rispetto al calendario dei lavori sul testo della manovra che verrà.
Ma, dopo la redazione del Documento programmatico di finanza pubblica, a ottobre la fase di stesura della legge di Bilancio entra nel vivo in Consiglio dei Ministri e - dalle ultime indiscrezioni che giungono dagli ambienti di governo, in particolare dal Ministero del Lavoro - pare che all'orizzonte non ci siano scossoni o colpi di scena: in una via di continuità, Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna ci saranno anche l'anno prossimo. Nessuna rivoluzione, ma la conferma di tre strumenti che - in questi anni - hanno rappresentato le principali vie per andare in pensione con qualche anno di anticipo.
Cogliamo allora l'occasione per ricordare - in breve - come funzionano e quali opportunità garantiscono a chi, ormai, si trova in una fase avanzata della propria carriera lavorativa.
Quota 103, la formula più nota per l'uscita anticipata, è stata prevista dal legislatore al fine di essere un compromesso tra esigenze di sostenibilità dei conti e richieste di maggiore libertà nel lasciare l'occupazione. Gli interessati debbono ricordare che, per accedervi, sono necessari almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. L'importo della pensione è calcolato con il sistema contributivo puro e non è cumulabile, fino all'età della pensione di vecchiaia, con redditi da lavoro dipendente o autonomo (salvo il lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5mila euro lordi annui). Inoltre, fino al compimento dei 67 anni, l'assegno pensionistico non potrà superare quattro volte il trattamento minimo Inps.
E attenzione: chi matura i requisiti dopo il primo gennaio 2024 deve aspettare quella che, in gergo, si chiama "finestra mobile": sette mesi per i lavoratori del settore privato e nove per quelli pubblici. In sostanza, anche chi raggiunge la fatidica quota non potrà smettere di lavorare immediatamente, ma dovrà attendere lo scorrere del periodo di differimento disposto dalle norme vigenti.
La diversa misura denominata Opzione donna è molto selettiva, ma anch'essa - con tutta probabilità - sarà prorogata per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre prossimo. In particolare, prevede almeno 35 anni di contributi effettivi (escludendosi periodi riconosciuti come malattia, infortunio, disoccupazione) e 61 anni d'età alla data della domanda di pensionamento.
L'importo è calcolato interamente con il metodo contributivo e ci saranno finestre di attesa di 12 o 18 mesi, in base alla categoria di appartenenza. Inoltre, le madri lavoratrici possono avvalersi di uno sconto di un anno per figlio, fino a un massimo di due, potendo così accedere al canale agevolato a 60 o 59 anni (pur con una riduzione dell'assegno).
C'è poi l'Ape Sociale - sigla che sta per "anticipo pensionistico" - ma che, a ben vedere, è una misura-ponte più che una pensione vera e propria. In particolare, è un sostegno temporaneo finanziato dallo Stato e gestito dall'istituto di previdenza, che non si rivolge alla generalità dei lavoratori. Questo canale di pensionamento anticipato può essere percorso dai lavoratori meritevoli di particolare tutela, ossia disoccupati di lungo corso e senza indennità di disoccupazione, caregiver, invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%) o addetti ad attività gravose (per almeno 7 anni negli ultimi 10 o 6 negli ultimi 7 anni, in base al settore lavorativo). Tutte queste categorie potranno beneficiare di un'indennità che li accompagnerà fino all'età della pensione di vecchiaia, consentendo loro di lasciare anticipatamente il lavoro a 63 anni e 5 mesi con almeno 30 anni di contributi.
Attenzione, però: chi ha svolto mansioni usuranti vede la soglia aumentare a 36 anni. Inoltre, le donne rientranti nelle categorie summenzionate potranno contare su una riduzione contributiva fino a due anni in relazione al numero dei figli. Anche a questa formula si applicano limiti di incumulabilità con altri redditi e non è possibile beneficiarne in caso di titolarità di pensione diretta.
Concludendo, quelle appena viste sono tre misure diverse per struttura e finalità, accomunate però dall'obiettivo di offrire maggiore flessibilità a chi, per età o condizioni personali, non può o non vuole attendere la pensione di vecchiaia. Soluzioni temporanee, nate come risposte a esigenze specifiche, che continuano a svolgere il ruolo di cuscinetto e di ossigeno in un sistema previdenziale ancora in cerca di una riforma organica, lungimirante e longeva, evitando di irrigidirne eccessivamente i meccanismi. Una volta ultimato dal Governo, il testo della manovra - con il capitolo pensioni - approderà in Parlamento, dovrà potrà essere ritoccato in vista del varo finale entro il 31 dicembre prossimo.