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Omissione di soccorso: le precisazioni della Corte di Cassazione

Omissione di soccorso: le precisazioni della Corte di Cassazione
Ai fini della configurabilità del reato di "fuga", di cui all'art. 189 C.d.S., è necessario che l'imputato sia consapevole di aver cagionato un danno alle persone, con conseguente necessità di assistenza.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 32114 del 4 luglio 2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di “omissione di soccorso” (art. 189 Codice della Strada).
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale della stessa città, con la quale un soggetto era stato condannato per il reato di cui all’art. 189 Codice della Strada, “per non essersi fermato e non aver prestato assistenza alle vittime di due distinti incidenti stradali”, da lui causati mentre era alla guida della propria autovettura.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, nel caso di specie, non sussistevano gli estremi della “omissione di soccorso”, dal momento che tale reato presuppone che l’investito abbia effettivamente bisogno di essere soccorso, con la conseguenza che l’obbligo di soccorso non può dirsi sussistentenel caso di assenza di lesioni o se altri vi abbiano già provveduto e non risulti più necessario”.

Nel caso di specie, infatti, era intervenuto sul luogo del sinistro un terzo soggetto, che aveva, quindi, sollevato l’autore dell’incidente da eventuali responsabilità, avendo tale intervento determinato il venir meno della “effettiva necessità di assistenza dei soggetti incidentati”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Osservava la Cassazione, in proposito, che la Corte d’appello aveva fondato la propria decisione di condanna sulla base delle dichiarazioni rese dalle persone offese nei due incidenti, che erano avvenuti a distanza ravvicinata di tempo l’uno dall’altro.

Nel primo incidente, in particolare, l’auto condotta dall’imputato, a seguito di una brusca accelerata, era ruotata di 90 gradi rispetto al senso di marcia, andando a urtare contro un’altra auto, al cui interno era presente, oltre alla conducente, una passeggera.

Dall’auto condotta dall’imputato erano scesi due giovani di origine nordafricane (tra cui, l’imputato), i quali - oltre ad essere “visibilmente alterati da sostanze stupefacenti o alcoliche” - avevano raccolto i pezzi di auto che si erano staccati a seguito dell’urto, erano risaliti sull’auto e si erano allontanati a grande velocità, noncuranti delle lesioni cagionate alle due donne.

Nel secondo sinistro, che era avvenuto poco dopo il primo, l’auto condotta dall’imputato aveva tamponato un’auto ferma al semaforo, causando alla passeggera “una contusione al ginocchio destro”.

Anche in questo caso, l’imputato non si era fermato per prestare soccorso, invertendo bruscamente il senso di marcia e allontanandosi, facendo perdere le proprie tracce.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente ritenuto che l’imputato fosse pienamente consapevole di aver causato “sinistri idonei a cagionare danno alle persone” e che le vittime necessitassero di assistenza.

Sul punto, la Cassazione ricordava che, il reato di “fuga”, di cui all’art. 189 C.d.S., presuppone, appunto, che l’imputato sia consapevole, non solo di aver causato l’incidente, ma anche di aver cagionato un danno alle persone, con conseguente necessità del soccorso.

Nel caso di specie, dunque, poiché tale consapevolezza era stata perfettamente accertata, secondo la Cassazione il ricorso doveva essere rigettato, con integrale conferma della sentenza oggetto di impugnazione e condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.


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