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Niente assegnazione della casa coniugale alla moglie che vive assieme al figlio maggiorenne ed economicamente autosufficiente

Famiglia - -
Niente assegnazione della casa coniugale alla moglie che vive assieme al figlio maggiorenne ed economicamente autosufficiente
E’ del 14 marzo 2016 una nuova pronuncia che affronta la questione della separazione e dei susseguenti provvedimenti assunti dal giudice in ordine all’assegnazione della casa coniugale.

Questa volta a pronunciarsi è stato il Tribunale di Gela, il quale, con un’ordinanza del 14 marzo 2016, si è trovato ad esaminare un caso di separazione tra coniugi, dovendo adottare i provvedimenti concernenti l’assegnazione della casa coniugale, di proprietà del marito ma nella quale, attualmente, viveva la moglie, assieme ad uno dei figli nati nel matrimonio, il quale aveva raggiunto la maggiore età e poteva ritenersi economicamente autosufficiente.

Come noto, infatti, ai sensi dell’art. art. 337 sexies del c.c. codice civile, il giudice, quando si pronuncia in materia di separazione, deve adottare anche i provvedimenti relativi all’assegnazione della casa famigliare. Quest’ultima, in base a tale disposizione, deve essere assegnata “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”, con la conseguenza che, normalmente, la casa viene assegnata al coniuge che vive assieme ai figli minorenni o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti.

Nel caso esaminato dal Tribunale, come detto, i figli della coppia in procinto di separarsi erano ormai maggiorenni ed economicamente autosufficienti, tanto che la moglie non aveva avanzato alcuna domanda di mantenimento con riferimento ai figli stessi, nonostante uno di essi fosse convivente con lei.

Inoltre, dalle risultanze processuali era emerso come la moglie fosse proprietaria della casa in cui, attualmente, viveva una figlia, oltre che di una quota di un’altra casa, ancora al grezzo e, dunque, non ancora abitabile. Il marito, invece, era proprietario della sola casa che era stata adibita a residenza famigliare e dove al momento viveva la moglie, assieme all’altro figlio.

Ebbene, con specifico riferimento all’assegnazione della casa coniugale, poiché i figli erano maggiorenni ed economicamente autosufficienti (pur se uno di essi viveva con la madre), il giudice rilevava come dovessero essere valutate “le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione”, favorendo “il coniuge più debole”.

Osservava, peraltro, il giudice, come “l’assegnazione della casa familiare al coniuge convivente con il figlio maggiorenne postula la non autosufficienza di questo,
atteso che rispetto al figlio maggiorenne non sussiste l’esigenza di permanere nell’ambiente domestico
”.

Infatti, se la casa, di proprietà di un coniuge, venisse assegnata all’altro coniuge, con cui il figlio economicamente autosufficiente vive, ciò si tradurrebbe, secondo il Tribunale, “in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario e in danno del contitolare”.

Nel caso in oggetto, quindi, dal momento che moglie era in grado di far fronte, in altro modo, alle proprie esigenze abitative, essendo proprietaria di un altro immobile, secondo il giudice non andava disposta l’assegnazione della casa coniugale in suo favore.

In particolare, secondo il Tribunale, non poteva statuirsi in ordine all’assegnazione della casa famigliare, con la conseguenza che l’uso e l’abitazione della stessa avrebbero dovuto seguire il diritto di proprietà, in capo al marito, il quale doveva considerarsi il coniuge economicamente più debole, dal momento che percepiva unicamente una retribuzione mensile di Euro 900 ed era gravato, altresì, dal pagamento di due rate mensili di mutuo.

In altri termini, il giudice ritiene di non dover assegnare la casa famigliare alla moglie, nonostante la stessa vivesse assieme ad uno dei figli, ma maggiorenne ed economicamente autosufficiente.
La casa, dunque, veniva restituita al marito, proprietario della stessa, il quale, oltretutto, in considerazione della sua situazione economico-reddituale, doveva considerarsi il coniuge più debole.


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