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La natura giuridica della “cessione di cubatura”

La natura giuridica della “cessione di cubatura”
Le Sezioni Unite della Cassazione si pronunciano sul c.d. contratto di cessione di cubatura confermandone la natura di diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi su una questione di massima importanza (sentenza n. 16080 del 9 giugno 2021) hanno preso posizione sulla controversa natura giuridica del c.d. contratto di cessione di cubatura. Sul punto, si sono diffuse notoriamente diverse tesi che, di volta in volta, hanno contribuito a collocare il negozio giuridico in una o in un’altra categoria. Prima di analizzare le ricostruzioni operate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, appare opportuno illustrare brevemente l’istituto.

Entrando in media res, per cessione di cubatura di intende quel contratto con il quale il proprietario di un'area edificabile, magari penalizzato dalla distribuzione di cubatura strutturata dai piani urbanistici, trasferisce al proprietario di un'area rientrante nella medesima zona regolata dal Piano Regolatore Generale tutta, ovvero una parte, della potenzialità edificatoria del proprio fondo. In tal modo, si realizza un rilevante incremento potenziale della cubatura del cessionario, il quale potrà ottenere dal Comune un titolo abilitativo più ampio che gli consentirà di realizzare una volumetria maggiore sul proprio terreno.

Ciò posto, come già anticipato, da sempre la dottrina è la giurisprudenza si interrogano circa l'effettiva natura giuridica di tale cessione, ponendo l'accento talvolta sulla natura di diritto reale, e talaltra su quella di obbligatoria. Ciò anche perché il contratto ex art. 1321 del c.c. vede l’entrata in scena anche della Pubblica Amministrazione la quale, conformemente al P.R.G., è l’unica abilitata a conferire al cessionario del contratto la possibilità di costruire per una volumetria maggiore.

In particolare, i fautori della tesi del diritto reale, ex art. 832 del c.c. e ss., farebbero leva sulla istituzione di un'autonoma causa di trascrizione prevista ex art. 2643 del c.c. n. 2 bis. Per altra parte della giurisprudenza, invece, la struttura trilaterale dell’atto sarebbe idonea a conferirla tale atto avrebbe natura obbligatoria, ponendo l'attenzione sulla funzione del provvedimento amministrativo di rilascio del permesso di costruire, solo meramente eventuale al momento dell'effettiva conclusione del contratto di cessione, il quale in sostanza si configurerebbe come atto interno al procedimento amministrativo autorizzatorio.

A dirimere la controversia sono interrvenute le citate Sezioni Unite della Cassazione che hanno affermato il seguente principio di diritto: “la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sé stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale; non richiedente la forma scritta ad substantiam ex art. 1350 del c.c.; trascrivibile ex art. 2643 del c.c. n. 2 bis; assoggettabile ad imposta proporzionale di registro come atto “diverso” avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale. La soluzione ipotizzata dalle Sezioni Unite sembra pertanto discostarsi tanto dalla natura di diritto reale tipizzato, che da mero contratto ad effetti obbligatori, ponendo l’attenzione sulla funzione traslativa dello stesso, con la conseguente applicabilità del principio del consenso traslativo ex art. 1376 del c.c..


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