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Marta Fascina ad Arcore: discriminata perché convivente e non moglie di Silvio Berlusconi?

Famiglia - -
Marta Fascina ad Arcore: discriminata perché convivente e non moglie di Silvio Berlusconi?
La legge tutela allo stesso modo conviventi e coniugi dopo la morte del partner? No, la legge italiana mette il coniuge al primo posto
A un mese di distanza dalla morte di Silvio Berlusconi, aumentano gli interrogativi intorno al destino della sua ultima compagna, Marta Fascina, che l’ex Premier chiamava moglie, a seguito delle nozze "simboliche" celebrate nel marzo del 2022.
La donna potrà rimanere a Villa San Martino, dove ha risieduto per gli ultimi 3 anni insieme al compagno Silvio Berlusconi?
Nonostante il figlio, Piersilvio Berlusconi, abbia chiesto alla Fascina di lasciare Villa San Martino entro 3 mesi, a salvaguardia della donna vi è la Legge n. 76/2016, la c.d. Legge Cirinnà, a tutela delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e valida anche per i conviventi di sesso opposto. L’art. 1, comma 42 della stessa legge stabilisce infatti che il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza, di proprietà del defunto, per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.
Quindi la Legge Cirinnà, se da un lato dà il tempo al convivente superstite di cercare una nuova abitazione e di riprendersi anche da un punto di vista emotivo, dopo la grave perdita, dall’altro lato garantisce un tipo di tutela ben limitata nel tempo.
Infatti, se la signora Fascina fosse regolarmente convolata a nozze con Berlusconi, avrebbe avuto tutti i diritti riservati alla moglie superstite a seguito della scomparsa del compianto marito.
Più precisamente, l’articolo 540, comma 2, del Codice civile, attribuisce al coniuge superstite il diritto di abitazione della casa utilizzata come residenza familiare, anche in presenza di altri chiamati all’eredità. Sempre lo stesso art. 540 c.c. estende a tale diritto di abitazione il diritto di uso dei mobili che corredano l’immobile di proprietà del partner defunto.
Pertanto, il codice civile garantisce al coniuge superstite una rilevante tutela, anche nei confronti degli altri eredi e che non si presta a limiti di tempo. L’intento del legislatore è stato quello di garantire una rilevante tutela riservata a coloro che hanno legami di parentela particolarmente stretti. Ciò non include l’ex convivente.
Tuttavia la Cassazione, con la sentenza n. 7128/2023, nel tentativo di riequilbrare la posizione del coniuge superstite almeno a quella degli altri eredi del defunto, ha ridefinito i limiti del diritto di abitazione, previsto dall’art. 540 c.c..
La Suprema Corte, con tale sentenza, sostiene che il diritto di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale.
In questo senso, la nozione di casa adibita a residenza familiare può corrispondere, da un punto di vista quantitativo, ad un solo alloggio. Infatti, specifica la sentenza, l’ex coniuge non potrà scegliere di abitare a suo piacere in due o più residenze alternative di proprietà del defunto partner. Ciò in quanto il diritto di abitazione rimane circoscritto alla sola residenza familiare, come suindicata.
Quindi, alla fine della storia, neanche come moglie la Fascina avrebbe potuto godere liberamente delle numerose proprietà di Silvio, in quanto vincolata alla sola residenza familiare di Arcore.


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