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Legge 104, se utilizzi i permessi 104 ti tagliano i bonus produttivi: è successo in un'azienda, ma è legale?

Lavoro - -
Legge 104, se utilizzi i permessi 104 ti tagliano i bonus produttivi: è successo in un'azienda, ma è legale?
Taglio ai bonus produttivi per i lavoratori dell'azienda LFoundry di Avezzano che hanno utilizzato i permessi 104.
Premi di produzione a misura ridotta per alcuni dipendenti dell'azienda LFoundry, nota azienda leader nel settore della nano-bio- tecnologia. Nella specie i destinatari dei tagli sono i lavoratori che utilizzano i permessi ex art 33 Legge 104.

Con questo provvedimento il legislatore ha riconosciuto il diritto del dipendente pubblico e privato, che assiste un soggetto disabile in situazione di gravità, di fruire di tre giorni di permesso mensile, anche continuativi, a condizione che la persona assistita non si trovi ricoverata a tempo pieno.
Tale diritto spetta
  • al coniuge
  • ai parenti o affini entro il secondo grado
  • o il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap abbiano compiuto i 65 anni di età o siano affetti da patologie invalidanti, deceduti o mancanti.
L'utilizzazione del permesso retribuito in attività diverse da quelle per le quali il legislatore ha previsto il diritto al permesso, giustifica il licenziamento disciplinare.

Ma, occorre ricordare, che ancor prima che venisse emanata la L. 104, la tutela delle persone disabili già rinveniva un riconoscimento nei principi costituzionali e, in particolare, nell'art. 2 della Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale e nell'art. 3 della Costituzione, che prevede, tra i compiti prioritari della Repubblica, quello di rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione del Paese, e nell'art. 10 della Costituzione, per effetto del quale l'ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto (si fa riferimento alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità).

Quali tutele dunque per i lavoratori della LFoundry (e qualunque altro lavoratore discriminato per lo stesso motivo)?
La L. 104/1992 (2 bis) è chiara nell’affermare il divieto di discriminare o riservare un trattamento meno favorevole ai lavoratori che chiedono o usufruiscono dei benefici di cui al citato art. 33 L.104, nonché di ogni altro beneficio concesso ai lavoratori medesimi in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali viene prestata assistenza e cura.

Le controversie in materia di discriminazione sono regolate dall’art. 28 d. lgs. 150/2011 che prevede, ai fini della trattazione, il rito semplificato di cognizione e la competenza del tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio. Nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto (in questo caso l’azienda) l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione. I dati di carattere statistico possono essere relativi anche alle assunzioni, ai regimi contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata.

Con la sentenza che definisce il giudizio, il giudice può condannare il convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti.
Ai fini della liquidazione del danno, il giudice tiene conto del fatto che l'atto o il comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero ingiusta reazione ad una precedente attività del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento.


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