La recente sentenza della Cassazione n. 15027/2025 fa luce su un principio di grande importanza: un lavoratore che si macchia di condotte violente può essere sanzionato due volte, sia mediante un’azione disciplinare, che perdendo il punteggio utile ad ottenere una promozione. Vediamo, nel dettaglio, le ragioni a sostegno della recente pronuncia della Corte.
Un dipendente, apparentemente sulla giusta via per ottenere una promozione, si è reso protagonista di un episodio di violenza fisica e psicologica nei confronti di un suo collega, seppur al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro abituale. Avuta conoscenza di tale comportamento spiacevole del dipendente, l’azienda lo ha sospeso e, di conseguenza, gli ha revocato i punti maturati per accedere all’avanzamento di carriera. Il lavoratore si è opposto a tali misure adottate dall’azienda (un istituto bancario), ritenendo di essere stato doppiamente sanzionato per il medesimo comportamento.
Esperiti i primi due gradi di giudizio, il lavoratore - insoddisfatto dalle due sentenze già ottenute - ha deciso di ricorrere alla Corte di cassazione la quale, con la sentenza n. 15027/2025, ha sancito che non sussiste alcuna forzatura del principio di “ne bis in idem” posto che, sebbene la condotta sia stata solo una, essa ha comportato più violazioni del codice di condotta aziendale e, pertanto, merita di ottenere diverse conseguenze disciplinari.
Innanzitutto, è bene chiarire che il divieto di “bis in idem” agisce solo in ambito giurisdizionale e, pertanto, si riferisce solo agli organi del potere giudiziario, ai quali è preclusa la possibilità di giudicare due volte uno stesso evento.
Tuttavia, nel caso in esame, l’azienda ha esercitato il suo potere contrattuale interno: ha sospeso e sanzionato e, contemporaneamente, ha applicato regole oggettive dal punto di vista meritocratico. In sostanza, il dipendente violento ha subìto:
Un dipendente, apparentemente sulla giusta via per ottenere una promozione, si è reso protagonista di un episodio di violenza fisica e psicologica nei confronti di un suo collega, seppur al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro abituale. Avuta conoscenza di tale comportamento spiacevole del dipendente, l’azienda lo ha sospeso e, di conseguenza, gli ha revocato i punti maturati per accedere all’avanzamento di carriera. Il lavoratore si è opposto a tali misure adottate dall’azienda (un istituto bancario), ritenendo di essere stato doppiamente sanzionato per il medesimo comportamento.
Esperiti i primi due gradi di giudizio, il lavoratore - insoddisfatto dalle due sentenze già ottenute - ha deciso di ricorrere alla Corte di cassazione la quale, con la sentenza n. 15027/2025, ha sancito che non sussiste alcuna forzatura del principio di “ne bis in idem” posto che, sebbene la condotta sia stata solo una, essa ha comportato più violazioni del codice di condotta aziendale e, pertanto, merita di ottenere diverse conseguenze disciplinari.
Innanzitutto, è bene chiarire che il divieto di “bis in idem” agisce solo in ambito giurisdizionale e, pertanto, si riferisce solo agli organi del potere giudiziario, ai quali è preclusa la possibilità di giudicare due volte uno stesso evento.
Tuttavia, nel caso in esame, l’azienda ha esercitato il suo potere contrattuale interno: ha sospeso e sanzionato e, contemporaneamente, ha applicato regole oggettive dal punto di vista meritocratico. In sostanza, il dipendente violento ha subìto:
- sanzione disciplinare, cioè un provvedimento interno per violazione del codice aziendale il quale, citando la sentenza, vieta ai lavoratori di adottare “comportamenti che si configurino come forme di offesa, di diffamazione, di molestia, di molestia sessuale (…) espressi in forma fisica, verbale o non verbale in grado di ledere la dignità della persona o creare un clima intimidatorio, ostile, umiliante, offensivo”;
- perdita della possibilità di essere promosso. Il comportamento immaturo tenuto dal lavoratore non rispecchiava le qualità che dovrebbe possedere un manager e, dunque, lo ha qualificato come incompatibile con tale posizione lavorativa.
La Cassazione conferma che le conseguenze subite dal lavoratore sono del tutto legittime.
Pertanto, la doppia sanzione non è una decisione arbitraria del datore di lavoro, bensì uno strumento coerente con l’obbligo di rispettare il codice di condotta aziendale.
La Cassazione, con la sentenza 15027/2025, ci ricorda autorevolmente che il datore di lavoro può agire su due fronti diversi: la sanzione disciplinare e l’esclusione o perdita di avanzamenti. Si tratta di due risposte autonome, ma entrambe giustificate se collegate a un comportamento inaccettabile e rilevante sotto più profili. Al di là dell’aspetto puramente normativo, la lezione è chiara: il rispetto delle regole e della persona rimane al centro del diritto del lavoro.
Un messaggio forte per tutti noi: strutture aziendali stabili si costruiscono sul rispetto, sulla sicurezza e sulla valutazione equa e meritocratica, non su comportamenti impulsivi o violenti. In un’epoca di crescente sensibilità verso il benessere sul lavoro, questa sentenza è un’ulteriore passo verso la normalizzazione di un ambiente professionale sano.
Pertanto, la doppia sanzione non è una decisione arbitraria del datore di lavoro, bensì uno strumento coerente con l’obbligo di rispettare il codice di condotta aziendale.
La Cassazione, con la sentenza 15027/2025, ci ricorda autorevolmente che il datore di lavoro può agire su due fronti diversi: la sanzione disciplinare e l’esclusione o perdita di avanzamenti. Si tratta di due risposte autonome, ma entrambe giustificate se collegate a un comportamento inaccettabile e rilevante sotto più profili. Al di là dell’aspetto puramente normativo, la lezione è chiara: il rispetto delle regole e della persona rimane al centro del diritto del lavoro.
Un messaggio forte per tutti noi: strutture aziendali stabili si costruiscono sul rispetto, sulla sicurezza e sulla valutazione equa e meritocratica, non su comportamenti impulsivi o violenti. In un’epoca di crescente sensibilità verso il benessere sul lavoro, questa sentenza è un’ulteriore passo verso la normalizzazione di un ambiente professionale sano.