Il trattamento di fine rapporto è considerato alla stregua di una retribuzione differita, in quanto viene corrisposto dal datore di lavoro al lavoratore al momento della cessazione del rapporto, fatto salvo il caso di destinazione integrale alla previdenza complementare o di cessione del credito a terzi.
Esso è calcolato sommando, per ciascun anno di servizio, la quota di retribuzione annua che si ottiene dividendo quest'ultima per 13,5 e poi rivalutandola (dal momento del calcolo a quello dell'effettiva erogazione al dipendente). Non è soggetto ai contributi previdenziali ma è tassabile.
L'istituto è disciplinato dall'art. 2120 del codice civile che prevede, ad alcune condizioni, la possibilità di richiederne in via anticipata la liquidazione per non attendere gli ordinari termini previsti dalle disposizioni codicistiche.
Si legge all'art. 2120 citato che il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un'anticipazione non superiore al 70% sul trattamento, cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta. Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità:
Esso è calcolato sommando, per ciascun anno di servizio, la quota di retribuzione annua che si ottiene dividendo quest'ultima per 13,5 e poi rivalutandola (dal momento del calcolo a quello dell'effettiva erogazione al dipendente). Non è soggetto ai contributi previdenziali ma è tassabile.
L'istituto è disciplinato dall'art. 2120 del codice civile che prevede, ad alcune condizioni, la possibilità di richiederne in via anticipata la liquidazione per non attendere gli ordinari termini previsti dalle disposizioni codicistiche.
Si legge all'art. 2120 citato che il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un'anticipazione non superiore al 70% sul trattamento, cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta. Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% degli aventi titolo e, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti.
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità:
- di sostenere spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti ASL;
- di acquistare la prima casa di abitazione per sé o per i figli;
- di sostenere le spese relative ai congedi parentali e per la formazione.
L'anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto. Accordi individuali o collettivi che prevedano il pagamento mensile del TFR sono, quindi, da considerarsi illegittimi (INL, nota n.616/2025).
Ma è, invece, legittima la trattenuta del TFR a compensazione del preavviso non dato dal lavoratore?
Con la sentenza n. 5476/2025, il Tribunale di Napoli – Sezione Lavoro ha affrontato il tema della possibilità per il datore di lavoro di trattenere unilateralmente somme dovute al lavoratore, a fronte di crediti vantati nell'ambito del medesimo rapporto di lavoro. In particolare, il giudice ha ritenuto legittima la trattenuta operata dal datore a titolo di indennità sostitutiva del preavviso sul trattamento del fine rapporto (TFR), maturato dal dipendente che aveva risolto il contratto senza il rispetto del termine di preavviso.
Richiamando l'orientamento consolidato della Corte di Cassazione (Cass. n. 26365/2024), il Tribunale ha ribadito che, quando le reciproche obbligazioni di datore e lavoratore derivano dal medesimo rapporto contrattuale, non si configura una compensazione in senso tecnico ai sensi dell'art. 1241 c.c., bensì una mera operazione di saldo tra poste contrattuali opposte. In questi casi, il giudice può procedere autonomamente alla verifica del bilancio finale del rapporto, senza necessità di una domanda riconvenzionale o di un'esplicita eccezione di parte. Si tratta di un accertamento contabile che rientra nei poteri officiosi del giudice del lavoro.
Nel caso concreto, il lavoratore aveva diritto al TFR per la cessazione del rapporto, ma aveva rassegnato le dimissioni in forma immediata e unilaterale, senza rispettare il periodo di preavviso contrattualmente previsto. Il datore, nel calcolo delle spettanze finali, aveva trattenuto una somma pari all'indennità sostitutiva del preavviso, erogando al lavoratore solo la parte residua.
Il Tribunale ha giudicato legittima tale trattenuta, rilevando che entrambe le obbligazioni – il diritto al TFR e il debito per l'omesso preavviso – erano sorte nell'ambito del medesimo rapporto di lavoro.
Di conseguenza, la compensazione “di fatto” è risultata ammissibile, subordinata esclusivamente alla verifica giudiziale della correttezza degli importi trattenuti e residui.