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Intossicati ad un pranzo di nozze: condannato il titolare della ditta di catering

Intossicati ad un pranzo di nozze: condannato il titolare della ditta di catering
La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del titolare di una ditta di catering, ritenuto responsabile per aver distribuito, in occasione di un pranzo di nozze, alimenti induriti e in parte congelati.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5472 del 6 febbraio 2018, si è occupata di un interessante caso di intossicazione alimentare, che ha avuto come soggetti gli invitati ad un pranzo di nozze.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista il titolare di una ditta di catering, che era stato condannato per i reati di “commercio di sostanze alimentari nocive” (art. 444 c.p.), “delitti colposi contro la salute pubblica” (art. 452 c.p.) e “lesioni personali colpose” (art. 590 c.p.).

Nello specifico, l’imputato era stato ritenuto penalmente responsabile per aver distribuito degli alimenti (tra cui pesce) induriti e, in parte, congelati, che avevano provocato a numerosi invitati ad un matrimonio dei disturbi gastro-alimentari.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, nel caso di specie, non sarebbe stata fornita alcuna prova della intossicazione alimentare e non era neppure stato accertato “quale, tra gli alimenti assunti, fosse nocivo, essendosi fatto un generico riferimento ai frutti di mare e, in qualche caso, alle ostriche”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle considerazioni svolte dall’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Osservava la Cassazione, infatti, che il giudice di secondo grado aveva, giustamente, ritenuto che le prove raccolte in corso di causa avessero offerto una serie di elementi che dimostravano la riconducibilità dei disturbi lamentati dagli invitati al matrimonio “alla somministrazione dei prodotti ittici forniti dalla ditta dell'imputato in occasione di quel pranzo”.

Evidenziava la Corte, peraltro, che alcuni testimoni avevano riferito che “l'aragosta servita al banchetto era parzialmente congelata e che al suo interno erano stati rinvenuti pezzi di ghiaccio”.

Alla luce delle risultanze probatorie, dunque, il giudice era giunto alla logica conclusione secondo cui l’episodio epidemico in questione “derivasse da una fonte di contagio comune, ascrivibile agli alimenti colposamente somministrati dalla società di catering dell'imputato in occasione del banchetto nuziale”.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata.


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