La rivoluzione informatica ha ampliato in modo esponenziale l’uso di strumenti digitali nella vita quotidiana: le macchine, infatti, oggi non si limitano a eseguire operazioni, ma possono apprendere e prendere decisioni autonomamente.
Questo cambiamento, tuttavia - come già osservava l'autorevole giurista Stefano Rodotà - si è conformato anche come “rivoluzione della dignità” dal momento che le persone, ormai in costante balia di algoritmi e profilazione dei dati, sono ridotte alla stregua di oggetti da utilizzare in base alle logiche di produzione.
Di qui la necessità di un adeguato quadro regolatorio per rispondere alla domanda, posta dalla società civile, di assicurare la tutela dei diritti e delle libertà delle persone.
L’Unione Europea ha già avviato un processo di regolamentazione in vari ambiti digitali, come la protezione dei dati personali. Con il regolamento UE 2024/1689, noto come AI Act, ha poi stabilito regole armonizzate per l’uso dell’intelligenza artificiale, evidenziando l’importanza di una visione antropocentrica e un approccio trasparente e responsabile.
Adesso un passo in avanti in questa direzione è stato compiuto dal legislatore nazionale con l’approvazione, in via definitiva, della legge quadro sull’intelligenza artificiale avvenuta lo scorso 17 settembre.
In particolare il capo V, rubricato "Disposizioni penali", prevede all’articolo 26 una serie di modifiche al codice penale. Analizziamole di seguito.
Aggravanti comuni all’art. 61 c.p.
In primo luogo viene integrato l’art. 61, primo comma, c.p. in materia di circostanze aggravanti comuni, prevedendosi ora tra le predette aggravanti l’aver commesso il fatto mediante sistemi di intelligenza artificiale quando:
Questo cambiamento, tuttavia - come già osservava l'autorevole giurista Stefano Rodotà - si è conformato anche come “rivoluzione della dignità” dal momento che le persone, ormai in costante balia di algoritmi e profilazione dei dati, sono ridotte alla stregua di oggetti da utilizzare in base alle logiche di produzione.
Di qui la necessità di un adeguato quadro regolatorio per rispondere alla domanda, posta dalla società civile, di assicurare la tutela dei diritti e delle libertà delle persone.
L’Unione Europea ha già avviato un processo di regolamentazione in vari ambiti digitali, come la protezione dei dati personali. Con il regolamento UE 2024/1689, noto come AI Act, ha poi stabilito regole armonizzate per l’uso dell’intelligenza artificiale, evidenziando l’importanza di una visione antropocentrica e un approccio trasparente e responsabile.
Adesso un passo in avanti in questa direzione è stato compiuto dal legislatore nazionale con l’approvazione, in via definitiva, della legge quadro sull’intelligenza artificiale avvenuta lo scorso 17 settembre.
In particolare il capo V, rubricato "Disposizioni penali", prevede all’articolo 26 una serie di modifiche al codice penale. Analizziamole di seguito.
Aggravanti comuni all’art. 61 c.p.
In primo luogo viene integrato l’art. 61, primo comma, c.p. in materia di circostanze aggravanti comuni, prevedendosi ora tra le predette aggravanti l’aver commesso il fatto mediante sistemi di intelligenza artificiale quando:
- gli stessi, per la loro natura o le modalità di utilizzo, abbiano costituito mezzo insidioso;
- il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o privata difesa;
- il loro impiego abbia aggravato le conseguenze del reato.
Si ricorda che l’art. 61, primo comma, c.p. prevede, tra l’altro, le aggravanti dell’aver profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (n. 5) e dell’aver aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto (n. 8). L’aggravante di cui alla norma in commento si applica ai casi in cui l’ostacolo alla pubblica o privata difesa o l’aggravamento delle conseguenze del reato derivino dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale.
Modifiche all’art. 294 c.p. sui diritti politici
Si prevede, ancora, l’introduzione di una circostanza aggravante del delitto di attentati contro i diritti politici del cittadino di cui all’art. 294 c.p.
L’art. 294 c.p., nel testo vigente, punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce, in tutto o in parte, l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà. Nello specifico, ora, la novella introduce un comma aggiuntivo all’art. 294 c.p., volto ad aggiungere una circostanza aggravante a effetto speciale ai sensi della quale si prevede la reclusione da due a sei anni se l’inganno è posto in essere mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale.
Il nuovo reato di illecita diffusione di contenuti manipolati (deep fake)
Modifiche all’art. 294 c.p. sui diritti politici
Si prevede, ancora, l’introduzione di una circostanza aggravante del delitto di attentati contro i diritti politici del cittadino di cui all’art. 294 c.p.
L’art. 294 c.p., nel testo vigente, punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce, in tutto o in parte, l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà. Nello specifico, ora, la novella introduce un comma aggiuntivo all’art. 294 c.p., volto ad aggiungere una circostanza aggravante a effetto speciale ai sensi della quale si prevede la reclusione da due a sei anni se l’inganno è posto in essere mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale.
Il nuovo reato di illecita diffusione di contenuti manipolati (deep fake)
Il termine “deepfake” deriva dall’unione di “deep learning”- una metodologia di apprendimento automatico combinata con tecniche di intelligenza artificiale - e “fake”, ovvero falso. Il deepfake incarna la pratica di alterare o creare contenuti, specialmente video o audio, manipolando o sostituendo volti ed espressioni per renderli indistinguibili dalla realtà.
Con l'introduzione nel codice penale dell’art. 612-quater, volto a prevedere il nuovo reato di "Illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale", si punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque cagioni un danno ingiusto ad una persona cedendo, pubblicando o diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a trarre in inganno sulla loro genuinità.
Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, attraverso la disposizione in commento si vuole offrire una tutela rafforzata della persona, incentrando l'offensività della condotta sul pregiudizio all’autodeterminazione ed al pieno svolgimento della personalità, circostanza confermata anche dalla collocazione sistematica della disposizione fra i delitti contro la persona e, segnatamente contro la libertà morale.
Il delitto, inoltre, è punibile a querela, ma si procede d’ufficio se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio ovvero se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o infermità, o nei confronti di una pubblica autorità a causa delle funzioni esercitate.
Con l'introduzione nel codice penale dell’art. 612-quater, volto a prevedere il nuovo reato di "Illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di intelligenza artificiale", si punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque cagioni un danno ingiusto ad una persona cedendo, pubblicando o diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a trarre in inganno sulla loro genuinità.
Secondo quanto riportato dalla relazione illustrativa, attraverso la disposizione in commento si vuole offrire una tutela rafforzata della persona, incentrando l'offensività della condotta sul pregiudizio all’autodeterminazione ed al pieno svolgimento della personalità, circostanza confermata anche dalla collocazione sistematica della disposizione fra i delitti contro la persona e, segnatamente contro la libertà morale.
Il delitto, inoltre, è punibile a querela, ma si procede d’ufficio se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio ovvero se il fatto è commesso nei confronti di persona incapace, per età o infermità, o nei confronti di una pubblica autorità a causa delle funzioni esercitate.