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Ingiuria: depenalizzato il reato ma si puņ agire in sede civile

Ingiuria: depenalizzato il reato ma si puņ agire in sede civile
La depenalizzazione comporta l'annullamento dell'eventuale sentenza di condanna perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato, ma resta salvo il diritto del danneggiato di agire in sede civile per il risarcimento del danno.
La Corte di Cassazione Penale, con la recente sentenza n. 12768 del 16 marzo 2017 si è occupata di un caso di “ingiuria”, che ha visto coinvolto un’insegnante, accusata di aver commesso ingiuria nei confronti di un alunno.

Va osservato, innanzi tutto, che il reato di ingiuria, di cui all’art. 594 cod. pen., è stato da poco “depenalizzato”: ciò significa che l’ingiuria non costituisce più un reato ma un semplice illecito civile. Di conseguenza, nel caso in cui un soggetto sia vittima di una condotta che integra gli estremi dell’ingiuria, non potrà più rivolgersi al giudice penale ma potrà solo chiedere, in sede civile, il risarcimento del danno.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Pescara aveva confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace della medesima città aveva condannato un’insegnante per il reato di ingiuria, “per avere offeso l’onore e il decoro del minore P.L. , alunno della classe elementare in cui insegnava, definendolo, unitamente agli altri compagni di classe, ‘deficiente’, ‘stupido’ e ‘zozzone’”.

Nello specifico, secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe errato, in quanto non avrebbe tenuto in adeguata considerazione la “sussistenza della ritorsione e della provocazione, ai sensi dell’art. 599 cod. pen., essendo emerso che l’insegnante era perennemente vessata dai comportamenti indisciplinati del minore P.L. e dei suoi compagni di classe”.

La Corte di Cassazione rilevava, in via preliminare, quanto abbiamo osservato all’inizio, vale a dire che il decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016 “ha disposto la depenalizzazione del reato di cui all’art. 594 cod. pen., per il quale la ricorrente è stata condannata dal Tribunale”.

Di conseguenza, la Cassazione non poteva che annullare la sentenza impugnata agli effetti penali, in quanto “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”.

Per quanto riguarda la decisione relativa al risarcimento del danno, la Cassazione evidenziava come, “in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell’ impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire "ex novo" nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile”.

In sostanza, la Corte, pur accogliendo il ricorso annullando, per forza di cose, la sentenza di secondo grado, ha precisato che la parte danneggiata aveva comunque il diritto di agire in sede civile al fine di ottenere il risarcimento del danno.


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