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Il figlio ha diritto di essere risarcito dal padre naturale che si disinteressa di lui

Famiglia - -
Il figlio ha diritto di essere risarcito dal padre naturale che si disinteressa di lui
Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti del figlio naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione.
E’ del 25 gennaio 2017, un’interessante decisione del Tribunale di Cagliari in materia di diritto di famiglia e, in particolare, di mantenimento dei figli.

Nel caso esaminato dal Tribunale, un soggetto aveva agito in giudizio, evidenziando al Giudice di essere nato dalla relazione intrapresa dai propri genitori al di fuori dal matrimonio e precisando che il padre, dopo il compimento del primo anno d’età, aveva interrotto ogni rapporto con la madre e con il figlio stesso, sposandosi con un’altra donna.

Il figlio precisava, inoltre, che il padre non l’aveva mai riconosciuto e non aveva nemmeno mai contribuito al proprio mantenimento.

Successivamente, la madre aveva sposato un altro uomo in Olanda, il quale lo aveva riconosciuto come proprio figlio.

Solo all’età di 11 anni, il figlio era a venuto a conoscenza del nome del proprio padre naturale ma questi, dopo aver ricevuto una lettera dal figlio stesso, gli aveva risposto, per il tramite di un avvocato, dichiarando di non aver mai conosciuto la madre.

Il figlio, successivamente, aveva impugnato il riconoscimento effettuato dal marito della madre e il Tribunale aveva accolto la domanda, facendo riacquistare al figlio il cognome della madre.

Con il procedimento sfociato nella sentenza oggetto di esame, invece, il figlio aveva chiesto al Tribunale il risarcimento del danno morale subito a seguito della condotta posta in essere dal proprio padre naturale (nel frattempo deceduto), che gli aveva negato l’affetto paterno, nonché il dovuto mantenimento.

Gli eredi del padre naturale si opponevano alla domanda proposta dal figlio, negando la paternità stessa.

Il Tribunale, tuttavia, riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal figlio ricorrente, accogliendo le relative pretese.

Osservava il Tribunale, infatti, che gli accertamenti effettuati in corso di causa, nonché nel corso del precedente procedimento di disconoscimento della paternità, aveva dimostrato che il ricorrente era effettivamente figlio dell’uomo che aveva rifiutato di riconoscerlo e di mantenerlo.

La stessa madre, infatti, aveva confermato di aver avuto una relazione con l’uomo in questione, che era durata per oltre un anno dopo la nascita del figlio.

La circostanza, inoltre, era stata confermata anche dalle dichiarazioni rese da altri parenti.

A ulteriore riprova della sussistenza del rapporto di paternità, il Tribunale osservava che anche le indagini mediche effettuate avevano dimostrato la totale compatibilità genetica dei due soggetti.

Alla luce di tali considerazioni, dunque, il Tribunale accoglieva la domanda di dichiarazione giudiziale della paternità naturale (art. 269 c.c.) proposta dal figlio, precisando che quest’ultimo, ai sensi dell’art. 262 cod. civ., avrebbe potuto aggiungere il cognome del padre a quello della madre (anteponendolo o sostituendolo allo stesso).

Il Tribunale accoglieva anche la domanda risarcitoria proposta dal figlio, riconoscendo, effettivamente, la responsabilità del padre naturale che, pur essendo pienamente consapevole della propria paternità, aveva mantenuto i rapporti con il figlio solo per un anno, per poi completamente disinteressarsene.

A sostegno delle proprie ragioni, il Tribunale citava una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 3079 del 16.02.2015), nella quale si era precisato che “il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione, che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione – oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento – un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell’illecito civile e legittima l’esercizio, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., di un’autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole”.


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