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Emotrasfusioni con sangue infetto: le somme devolute a titolo di risarcimento vanno scomputate dal mero indennizzo

Sanità - -
Emotrasfusioni con sangue infetto: le somme devolute a titolo di risarcimento vanno scomputate dal mero indennizzo
In caso di contagio dovuto da emotrasfusioni di sangue infetto, la parte danneggiata ha diritto all’indennizzo ex lege, il cui ammontare va defalcato tenendo conto delle somme da corrispondere a titolo risarcitorio
La Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza n. 34086 del 18 novembre 2022, si è pronunciata in materia di trasfusione di sangue infetto, ribadendo l’orientamento giurisprudenziale prevalente circa la necessità di scomputare le somme devolute a titolo risarcitorio a favore del soggetto danneggiato, da quelle già riconosciute a titolo di indennizzo.

Invero, nei casi di danno subito dal soggetto danneggiato paziente, a seguito di emotrasfusione di sangue infetto in una struttura ospedaliera, ovvero convenzionata con il servizio sanitario nazionale, la legge prevede la possibilità di riconoscere non solo una somma a titolo di indennizzo, bensì anche altra a titolo di risarcimento del danno.

In particolare, la [[legge del 25 febbraio 1992, n. 210]], prevede, a favore del soggetto danneggiato, una somma da corrispondere a titolo indennitario: trattasi, in particolare, di indennizzo da attività lecita, da corrispondere al danneggiato al quale è stata trasmessa una malattia infettiva a seguito di iniezione di sangue infetto. La legge prevede, in tal caso, l’indennizzo e non il risarcimento, stante l’assenza di responsabilità della struttura sanitaria, la quale non poteva prevedere la circostanza per il sangue trasportato presso la struttura sanitaria fosse infetto.

Tuttavia, a seguito del danno conseguenza comunque subito dall’iniezione infetta, la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto, nel tempo, a favore del paziente danneggiato, anche la possibilità di richiedere, in via giudiziaria, una somma a titolo di risarcimento del danno. Ciò alla luce del fatto che spesso i malanni trasmessi attraverso sangue infetto sono particolarmente gravi, e pertanto capaci di causare al soggetto danneggiato danni permanenti, ossia presenti nell’intero arco temporale di vita (si pensi, ad esempio, alla trasmissione dei virus HBV, HIV o HCV). In tal caso, il risarcimento del danno era da riconoscersi a seguito del comportamento omissivo del personale sanitario (quale soggetto preposto all’esecuzione della prestazione sanitaria dalla P.A., ex [[art. 2049 c.c.]]), il quale, al momento della iniezione del sangue infetto, non aveva proceduto agli attenti controlli circa la provenienza del sangue.

La corresponsione di ambo le somme (a titolo di indennizzo e risarcimento) a favore del soggetto danneggiato da emotrasfusioni infette rischiava di generare, a suo favore, una situazione di arricchimento: in altri termini, il soggetto danneggiato finiva per arricchirsi dal fatto illecito subito, essendo corrisposta a suo favore una somma di denaro superiore rispetto a quella corrispondente al ripristino dello status quo ante.
Così che, secondo una parte considerevole della giurisprudenza, era necessario scomputare le somme riconosciute al danneggiato a titolo di indennizzo ex lege n. 210/1992, dal quantum devoluto a titolo di risarcimento del danno, secondo la logica della “compensatio lucri cum damno (Sezioni Unite n. 12567/2018). Petanto il soggetto danneggiato, nel promuovere il giudizio risarcitorio avverso il Ministero della salute, alla luce degli omessi controlli e cautele da parte del personale sanitario operante, aveva diritto ad un quantum risarcitorio minoritario, essendo necessario scomputare a tale somma quella già ricevuta a titolo indennitario. A contrario, il Ministero della salute si sarebbe ritrovato a devolvere, allo stesso soggetto danneggiato, per le medesime cause del danno, due diverse attribuzioni patrimoniali.

La necessità di delimitare le somme a titolo di risarcimento del danno si evince anche dall’ art. 2, comma 3, della legge in esame (L. n. 210/92), il quale prevede la possibilità dei parenti di richiedere il risarcimento del danno iure proprio in caso in morte del soggetto per vaccinazione, ovvero emotrasfusione infetta. La norma, in particolare, statuisce che: "qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie previste dalla presente legge sia derivata la morte, l'avente diritto può optare fra l'assegno reversibile di cui al comma 1 e un assegno una tantum di lire 150 milioni. Ai fini della presente legge, sono considerati aventi diritto nell'ordine i seguenti soggetti a carico: il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli minorenni, i fratelli maggiorenni inabili al lavoro. I benefici di cui al presente comma spettano anche nel caso in cui il reddito della persona deceduta non rappresenti l'unico sostentamento della famiglia".
In definitiva, la Corte di Cassazione, all’interno dell’ordinanza in esame, ha ribadito il filone giurisprudenziale prevalente, riconoscendo la necessità di defalcare il quantum risarcitorio dalle somme già corrisposte al danneggiato a titolo indennitario, ex lege n. 210/90: altrimenti, la vittima danneggiata verrebbe a godere di un ingiustificato arricchimento, stante il fatto che verrebbe posto a carico della Pubblica amministrazione una duplice attribuzione patrimoniale, in relazione all’unico fatto pregiudizievole.


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