Durante le accese discussioni condominiali,
il reato di diffamazione si configura quando offendi qualcuno che non è presente all'assemblea, come stabilito dall'
art. 595 del c.p.. La norma recita chiaramente: "
Chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro". Non importa se stai parlando di un vicino, dell'amministratore o di un tecnico: se quella persona non può difendersi perché assente, le tue parole possono trasformarsi in un vero e proprio reato.
La situazione diventa ancora più grave quando attribuisci fatti specifici e determinati alla persona offesa. In questo caso, sempre secondo l'articolo 595 del codice penale, "
se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro". Può sembrare incredibile, ma
anche affermazioni veritiere possono costituire diffamazione se pronunciate con l'unico scopo di screditare la vittima, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità. Per esempio, accusare un vicino di furto durante un'assemblea o rivelare dettagli compromettenti della sua vita privata può costarti molto caro, specialmente se questi fatti non hanno nulla a che fare con l'ordine del giorno.
La responsabilità penale è sempre personale, quindi può essere denunciato soltanto chi materialmente ha pronunciato le parole offensive, non chi le ha semplicemente ascoltate.
Ingiuria e calunnia: gli altri due volti della medaglia
Se invece la persona offesa è presente in assemblea, non si tratta più di diffamazione ma di ingiuria, che dal 6 febbraio 2016 non è più un reato grazie alla lettera c) del
comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo numero 7 del 15 gennaio 2016. La depenalizzazione ha trasformato l'ingiuria in un
illecito civile, con sanzioni pecuniarie che vanno da 100 a 8.000 euro. Questo significa che chi subisce ingiurie può chiedere solo un
risarcimento danni attraverso il tribunale civile.
Un esempio concreto della severità con cui i tribunali trattano questi casi arriva dalla
Corte d'Appello di Milano con la
decisione numero 7/2023, che ha condannato un
condomino milanese a pagare 5.000 euro per aver chiamato l'amministratore "emerito idiota".
Diverso è il caso della
calunnia, disciplinata dall'
art. 368 del c.p., che scatta
quando accusi qualcuno di aver commesso un reato pur sapendo che è innocente. Qui le conseguenze possono essere molto più serie, perché stai deliberatamente rovinando la reputazione di una persona con false accuse che possono portare all'inizio di un processo penale nei suoi confronti. Il calunniatore rischia la
reclusione da due a sei anni. La vittima può sporgere denuncia per calunnia, oppure avviare una causa civile per ottenere il risarcimento del danno subito alla propria reputazione.
Chat condominiali: il nuovo terreno di scontro
Le chat di WhatsApp o Telegram tra condomini sono diventate un nuovo terreno fertile per la diffamazione, sempre disciplinata dall'articolo 595 del codice penale. Anche qui vale la stessa regola della diffamazione "tradizionale": se offendi qualcuno che non partecipa alla chat, commetti diffamazione. Il reato si configura quando comunichi con almeno due persone, ed è particolarmente insidioso perché i messaggi restano scritti nero su bianco, costituendo prove concrete del reato.
La situazione si complica ulteriormente quando consideri che non tutti leggono i messaggi immediatamente. La giurisprudenza ha chiarito che, se la persona offesa legge le offese a distanza di tempo, si considera "assente" al momento della scrittura, configurando quindi la diffamazione anziché l'ingiuria. Questo significa che anche un messaggio apparentemente innocuo può trasformarsi in un reato, se letto in ritardo dalla vittima.
Inoltre, bisogna fare attenzione anche agli amministratori che diffondono informazioni riservate: divulgare i nominativi dei condomini morosi sulla bacheca condominiale può comportare sia il reato di diffamazione che la violazione della privacy, con pesanti sanzioni amministrative.
Come difendersi: dalla querela al tribunale
Se sei vittima di diffamazione durante un'assemblea condominiale,
hai tre mesi di tempo dal momento in cui vieni a conoscenza delle offese per sporgere querela, come stabilito dall'
art. 120 del c.p.. La denuncia-querela deve essere firmata personalmente dalla vittima, e può includere i nomi dei condomini presenti come testimoni delle espressioni diffamatorie.
Il verbale dell'assemblea diventa un elemento fondamentale per il processo. Se consentito e nel rispetto delle normative sulla
privacy,
anche le registrazioni audio dell'assemblea possono costituire prove valide in tribunale. Raccogliere le testimonianze dei presenti è importantissimo per costruire un caso solido. La
Corte di Cassazione, con la
sentenza numero 26325, depositata il 9 ottobre 2024, ha dato ragione a un amministratore che era stato definito "manipolatore contabile, infedele e sistematico" durante un'assemblea condominiale. I giudici hanno confermato le sentenze di primo e secondo grado, chiarendo che tali espressioni non sono configurabili nemmeno come diritto di critica, legittimato solo quando i toni utilizzati sono pertinenti al tema discusso e mantenuti nei limiti della pacatezza. Questa sentenza dimostra che la magistratura prende sul serio questi reati e che il diritto di critica ha limiti precisi che, quando superati, trasformano le parole in veri e propri reati punibili dalla legge.