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Commette reato di occulta la targa dell’auto?

Commette reato di occulta la targa dell’auto?
Integra gli estremi del reato di cui all’art. 490 cod. pen. la condotta di distruzione, soppressione od occultamento delle targhe di un autoveicolo.

Cosa succede se nascondiamo la targa della nostra auto con del nastro adesivo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9013 del 27 febbraio 2018, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un soggetto, che era stato condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di cui all’art. [[n490cp] ] c.p. (soppressione, distruzione e occultamento di atti veri), “per aver occultato con nastro adesivo una lettera della targa della autovettura con cui circolava per renderla non riconoscibile nonché per il reato di resistenza a pubblico ufficiale per avere con violenza tentato di impedire ad un operatore della polizia municipale di effettuare una fotografia della targa così modificata prima che egli riuscisse ad asportarne il nastro”.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la rilevanza penale della condotta, riteneva, comunque, di dover annullare la sentenza impugnata.

Nello specifico, la Corte di Cassazione evidenziava come il giudice avesse correttamente ritenuto che integrasse “gli estremi del reato di cui all’art. 490 cod. pen., in relazione agli artt. 477 e 482 dello stesso codice, la condotta di distruzione, soppressione od occultamento delle targhe di un autoveicolo poiché queste costituiscono certificazioni amministrative, trattandosi di documenti che attestano la immatricolazione e l’iscrizione al pubblico registro automobilistico”.

Nel caso di specie, tuttavia, il giudice aveva omesso di pronunciarsi in ordine alla richiesta di applicazione della disciplina della “particolare tenuità del fatto” (art. 131 bis c.p.), la quale “non poteva ritenersi di per sé esclusa”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dall’imputato, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima procedesse all’esame della richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto.


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