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Avvocato, devi risarcire il cliente se gli dai consigli sbagliati, ecco in quali casi: nuova sentenza di Cassazione

Avvocato, devi risarcire il cliente se gli dai consigli sbagliati, ecco in quali casi: nuova sentenza di Cassazione
La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti della responsabilità dell’avvocato per errore professionale, riconoscendo il risarcimento al cliente che perde una chance giudiziale a causa di un consiglio errato sull’impugnazione della sentenza
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30392 depositata il 18 novembre 2025, si è occupata del tema della responsabilità dell’avvocato quando un errore di valutazione finisce per precludere un esito favorevole del processo. La Suprema Corte ha ricostruito chiaramente i confini entro cui è possibile chiedere un risarcimento per la perdita di una chance giudiziale.
La vicenda nasce da una storia durata diversi anni e legata alla trasformazione irreversibile di un terreno da parte di un Comune. Nel corso del contenzioso, tre sorelle, eredi dell’originario proprietario, si sono costituite nella causa instaurata per ottenere il risarcimento dei danni.

La sentenza di primo grado non era stata favorevole per le attrici, ma due di loro decidevano comunque di impugnare, riuscendo così ad ottenere in appello il riconoscimento di una parte delle somme dovute. La terza sorella, invece, si era affidata al consiglio del proprio avvocato, che le aveva assicurato che non occorresse presentare ricorso, perché – essendo litisconsorte necessaria – avrebbe goduto automaticamente degli esiti favorevoli dell’impugnazione promossa dalle altre due.

Una fiducia mal riposta. L’appello delle sorelle, infatti, ha prodotto effetti solo a loro beneficio, mentre la posizione della terza è rimasta cristallizzata nella decisione di primo grado, nelle more divenuta irrevocabile proprio perché non impugnata. Quando la donna ha realizzato di essere stata esclusa dagli effetti positivi della sentenza d’appello, decide di agire nei confronti del proprio difensore, convinta che il mancato ricorso sia dipeso da un’informazione errata e che ciò le abbia causato un danno immediato e quantificabile.
Il giudizio però non è semplice, perché il tema centrale diventa la ricostruzione di ciò che sarebbe accaduto se la cliente avesse presentato tempestivamente l’impugnazione. Si tratta del c.d. giudizio controfattuale, un passaggio decisivo nelle cause di responsabilità professionale dell’avvocato, per cui, per ottenere il risarcimento, non basta dimostrare l’errore del legale, ma occorre anche provare che, in condizioni corrette, l’esito del processo sarebbe stato verosimilmente diverso.

Sia il Tribunale sia la Corte d’Appello avevano riconosciuto la scorrettezza della consulenza, ma avevano escluso la possibilità di condannare il professionista, ritenendo non dimostrato il legame tra l’omissione (il consiglio di non impugnare) e la perdita effettiva del risultato utile. In sostanza, i giudici territoriali sostenevano che non fosse affatto certo che un appello autonomo della terza sorella avrebbe prodotto lo stesso esito ottenuto dalle altre due.
La Cassazione, però, ha ribaltato la prospettiva. Nell’esaminare il ricorso, la Suprema Corte ha affermato che la valutazione sul possibile esito del giudizio mancato è, di solito, un accertamento di merito e, come tale, non può essere oggetto di esame in sede di legittimità. Tuttavia, questo limite non è assoluto, in quanto, se il giudice di merito ha fondato la sua prognosi su un presupposto giuridico sbagliato, la Cassazione ha il dovere di intervenire.

Ed è esattamente quanto accaduto nel caso in esame. L’errore alla base del giudizio controfattuale è stato definito come una “manifesta irragionevolezza giuridica”. Secondo la Cassazione, la cliente avrebbe avuto pieno titolo per proporre l’impugnazione individualmente e, alla luce delle posizioni identiche delle altre eredi, avrebbe verosimilmente ottenuto lo stesso riconoscimento. Negare il nesso causale, quindi, significava costruire una prognosi fondata su un presupposto totalmente errato, al punto da rendere necessario l’intervento della Corte.
La Cassazione ha affermato un principio che riguarda migliaia di controversie in materia di malpractice legale, per cui il cliente deve essere messo nella condizione di fare una scelta informata, soprattutto quando si tratta di impugnazioni. Se quella scelta viene alterata da un’informazione scorretta, comportando la perdita di un risultato che le condizioni del processo lasciavano ragionevolmente prevedere, l’avvocato può essere chiamato a rispondere del danno.


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