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Auto acquistata con denaro dell'ex marito: prestito o regalo?

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Auto acquistata con denaro dell'ex marito: prestito o regalo?
Cosa succede se un coniuge "presta" all'altro i soldi per comprare un'autovettura? La risposta della Cassazione
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza n. 11664/2023) affronta nuovamente la spinosa materia dei rimborsi di spese fatte dai coniugi durante il matrimonio, e della sorte di questi pagamenti in caso di separazione e divorzio.
Nel caso specifico, un uomo aveva chiesto e ottenuto l'emissione di un decreto ingiuntivo per la restituzione delle somme date alla ex moglie affinché quest'ultima acquistasse un'autovettura per sé.
Per procurarsi il denaro l'uomo aveva addirittura acceso un finanziamento.
Contro il decreto ingiuntivo la ex moglie aveva proposto opposizione.


Tuttavia, sia il giudice di primo grado che la Corte di Appello avevano respinto l'opposizione proposta dalla donna.
In particolare la Corte di secondo grado evidenziava che la dazione del denaro non era stata contestata, così come il fatto che l'ex marito si fosse procurato la somma stipulando un prestito con una finanziaria; inoltre la somma stessa era stata in parte restituita.
La Corte, dunque, accoglieva la ricostruzione data dall'uomo, che in giudizio sosteneva di avere dato la somma alla moglie a titolo di mutuo.
Secondo i giudici di secondo grado, invece, non era attendibile la tesi difensiva della donna, la quale affermava, invece, di aver ricevuto il denaro titolo di mera liberalità, anche in considerazione del fatto che, quando era avvenuta la dazione, il matrimonio era già in crisi.
Inoltre, la somma stessa non risultava proporzionata rispetto alle sostanze e alla capacità di lavoro delle parti.

La ex moglie aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, senza tuttavia avere successo neanche in quella sede.
Infatti, secondo la Suprema Corte, i motivi di ricorso erano infondati: le motivazioni della sentenza di appello si conformavano a un consolidato orientamento della stessa Cassazione.


In particolare venivano richiamate alcune pronunce (Cass. 17050/2014; Cass. 27372/2021), secondo cui "se è pur vero che chi agisce per l'adempimento di un obbligo di restituzione di somme che assume di avere pagato è tenuto a fornire la prova del titolo su cui fonda la sua pretesa, è anche innegabile che chi riceve il denaro altrui non è in linea di principio autorizzato a trattenerlo senza causa, e che la mancata prova da parte dell'attore della sussistenza di un contratto di mutuo, a giustificazione del diritto alla restituzione di somme che concretamente dimostri di avere versato, non elimina il problema di accertare se sia consentito all'accipiens di trattenere le somme ricevute, senza essere tenuto quanto meno ad allegare la causa che ne giustifichi l'acquisizione".
E ancora, secondo la Cassazione: "il nostro ordinamento annovera fra i suoi principi basilari quello dell'inammissibilità di trasferimenti di ricchezza ingiustificati, cioè privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro o di beni da un patrimonio ad un altro. Ne discende che il rigetto della domanda di restituzione dell'asserito mutuante, per mancanza di prova della pattuizione del relativo obbligo, è condizionato anche dalla risoluzione della questione relativa alla sussistenza di una causa che giustifichi il diritto dell'accipiens a trattenere le somme ricevute, qualora questi non deduca alcuna valida causa idonea a giustificarlo".


In termini più semplici, la donna non aveva giustificato diversamente la ricezione della somma di denaro, ovvero non aveva provato di averla ricevuta per una diversa, valida causa.
La Corte ha, quindi, respinto il ricorso della donna, escludendo che la somma ricevuta dal marito per acquistare l'auto potesse essere considerata una donazione.


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