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L’albero che fa sporgere i propri rami sul fondo confinante non attribuisce al proprietario della pianta un diritto di servitù

L’albero che fa sporgere i propri rami sul fondo confinante non attribuisce al proprietario della pianta un diritto di servitù
Anche se la pianta ha fatto protendere i propri rami per molti anni sul fondo del vicino, quest’ultimo conserva il diritto di chiederne la potatura in ogni tempo ai sensi dell’art. 896 c.c.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21694 del 15 gennaio 2019, si è trovata ad esaminare il caso di due vicini di casa, dei quali uno proprietario di un albero piantato da oltre sessant’anni, e con rami sporgenti sul fondo confinante, dei quali nessuno aveva mai provveduto a chiedere la potatura.
Nonostante questo, i giudici hanno affermato che il proprietario dell’albero non ha acquistato, a titolo di usucapione, il diritto di far prolungare i rami della pianta sul fondo del vicino.
Il proprietario del fondo confinante, di conseguenza, è legittimato a chiedere la potatura dei rami in qualsiasi momento, senza che la sua istanza incontri peraltro alcuna limitazione in base alla normativa sulla tutela del paesaggio.
Il proprietario dell’albero ha cercato di difendersi recando diverse motivazioni, tra cui la dimostrazione che l’albero esisteva nel fondo di sua proprietà da moltissimi anni e che nessuno, in quel lasso di tempo, aveva mai chiesto la potatura dei rami sporgenti.
Inoltre, affermava ancora l’attore, sarebbe intervenuta in quel periodo di tempo, a suo favore, l’usucapione del diritto di far protendere i rami della propria pianta sul fondo del vicino, in virtù del fatto che i rami avevano sporto in maniera continua ed ininterrotta per anni, gravando sul fondo del vicino senza che lo stesso avesse in alcun modo manifestato la sua intolleranza a tale fatto.
Tuttavia i giudici della Cassazione, richiamando la disposizione di cui all’art. 896 del c.c., hanno negato che tale usucapione fosse effettivamente intervenuta a favore del proprietario dell’albero, poiché la norma riconosce espressamente in capo al proprietario del fondo sul quale i rami protendono la facoltà di chiedere il taglio degli stessi in qualunque tempo.
Tale “diritto di recisione” viene ritenuto imprescrittibile dalla dottrina, salvo la costituzione di una vera e propria servitù ordinaria.
La potatura, più in particolare, può essere richiesta “in ogni tempo”, e questo dimostra chiaramente come tale diritto si estenda ben oltre il periodo ventennale utile ai fini della usucapione, decorso il quale si sarebbe potuto creare, per usucapione, il diritto di servitù consistente nella possibilità di mantenere i rami dell’albero protesi sul fondo del vicino.
Con riguardo al rapporto che si viene a creare tra le norme di matrice privatistica e quelle di diritto ambientale, i giudici affermano che il diritto alla potatura non può essere condizionato e sacrificato dalle norme che tutelano il paesaggio, poiché esiste tra i due sistemi normativi un rapporto di specialità, dato che le norme del Codice Civile sono indirizzate alla tutela della proprietà, mentre quelle pubblicistiche sono volte alla salvaguardia del paesaggio.


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