Nell’ambito di un processo tributario, la prova documentale assume una significativa rilevanza e ha maggiore peso rispetto alle prove testimoniali. Il giudice tributario, nel decidere una controversia tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate, ha il dovere di valutare tutte le prove addotte dalle parti, inclusi gli elementi provenienti dai social network.
Sul punto la Guardia di Finanza, con la circolare n. 1 del 2018, ha sottolineato esplicitamente che, durante ispezioni e controlli fiscali, è possibile verificare anche i dispositivi elettronici del contribuente, come computer e smartphone.
A sua volta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8259/2025, ha riconosciuto come legittimo l’uso di documenti ottenuti dalla Guardia di Finanza durante verifiche fiscali, anche quando questi erano estratti da computer del contribuente.
Nel caso di specie, marito e moglie erano imputati e, poi, condannati in primo grado in quanto dapprima promuovevano un procedimento di separazione personale (continuando però a convivere more uxorio), prevedendo, tra le condizioni della separazione:
Sul punto la Guardia di Finanza, con la circolare n. 1 del 2018, ha sottolineato esplicitamente che, durante ispezioni e controlli fiscali, è possibile verificare anche i dispositivi elettronici del contribuente, come computer e smartphone.
A sua volta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8259/2025, ha riconosciuto come legittimo l’uso di documenti ottenuti dalla Guardia di Finanza durante verifiche fiscali, anche quando questi erano estratti da computer del contribuente.
Nel caso di specie, marito e moglie erano imputati e, poi, condannati in primo grado in quanto dapprima promuovevano un procedimento di separazione personale (continuando però a convivere more uxorio), prevedendo, tra le condizioni della separazione:
- l'impegno del marito a trasferire alla moglie la quota del 100% di un immobile, a titolo di contributo una tantum al mantenimento a favore della stessa e successivamente ricorrevano per ottenere la pronuncia dello scioglimento del matrimonio, in realtà continuando a convivere more uxorio;
- l'intestazione di un'autovettura Porsche Cayenne alla madre dell'imputata, essendo l'autovettura in realtà di proprietà del genero;
- la corresponsione da parte del marito di una somma in contanti nell'ambito della compravendita di un’altra autovettura, acquistata a nome della moglie.
A quest'ultimo veniva notificato con avviso di accertamento, poco prima delle operazioni fraudolente, un debito verso l'erario di quasi 500.000 euro.
La Procura rinveniva su Facebook una serie di elementi atti a comprovare la natura fraudolenta della separazione e del successivo divorzio. Elementi cui la Suprema Corte ha riconosciuto efficacia di piena prova documentale, confermando la decisione di condanna del Tribunale.
Post sui social network, che includono testi, fotografie, video e altre rappresentazioni di fatti o cose, sono qualificati giuridicamente come riproduzioni informatiche ai sensi dell’articolo 2712 del codice civile che testualmente dispone: "le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime.”
Questo significa che una foto pubblicata su Instagram o un post su un profilo Facebook possono avere l’efficacia di una prova documentale piena, a condizione che la parte contro cui vengono utilizzati (ad esempio, il contribuente sottoposto ad accertamento) non ne contesti specificamente la conformità all’originale.
Anche le chat di WhatsApp possono essere utilizzate come prova, anche senza che sia stato disposto alcun tipo di controllo diretto, come stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8376 del 28 febbraio 2025. Ne consegue che le autorità, come l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza, potrebbero analizzare le conversazioni per individuare eventuali comportamenti di evasione.
Tuttavia, affinché un cellulare e il suo contenuto possano essere sequestrati, si devono rispettare precise condizioni.
Infatti, il sequestro di uno smartphone non viene disposto in automatico: deve essere giustificato dalla necessità di acquisire prove rilevanti per un'indagine. In particolare, nel contesto fiscale, può avvenire se:
Infatti, il sequestro di uno smartphone non viene disposto in automatico: deve essere giustificato dalla necessità di acquisire prove rilevanti per un'indagine. In particolare, nel contesto fiscale, può avvenire se:
- vi sono fondati indizi di reato: le autorità devono dimostrare che il telefono potrebbe contenere prove di evasione fiscale o di altri illeciti tributari;
- è autorizzato da un magistrato: il sequestro di dispositivi digitali deve essere disposto da un giudice, che valuta la legittimità e la proporzionalità della misura;
- riguarda reati fiscali gravi: il semplice sospetto di evasione non è sufficiente. Il sequestro è più probabile in casi di frode fiscale, fatture false o occultamento di redditi.