Non è sufficiente archiviare i documenti quando si gestiscono operazioni come investimenti, eredità e vendita di beni: è, infatti, fondamentale sapere anche quanti anni vanno conservati.
Anche essere informato sui termini di accertamento fiscale è fondamentale per evitare sorprese sgradevoli e sapere come comportarsi. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha un limite temporale per effettuare i controlli fiscali, stabilito dalla legge proprio per garantire una gestione chiara e trasparente del rapporto tra il fisco e i cittadini.
Funzionalmente legati sono, quindi, i tempi previsti per l'accertamento dei redditi e i tempi di conservazione dei documenti fiscali.
In generale, l'art. 2220 del c.c. stabilisce che i documenti contabili debbano essere conservati per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.
Analogamente, in ambito fiscale, l'art. 8 dello Statuto del contribuente stabilisce che la conservazione della documentazione fiscale, inclusi i registri contabili, non può superare il termine di dieci anni dalla loro formazione, emanazione o utilizzo. Dopo il decennio, l'amministrazione fiscale non può più fondare alcuna pretesa sulla documentazione scaduta.
Le ricevute di pagamento delle imposte (come IVA o imposta di registro) devono essere conservate per almeno 5 anni, periodo entro il quale l’Agenzia delle Entrate può effettuare verifiche. Trascorso questo termine, anche se il debito è ancora esigibile, il cittadino sarà comunque tenuto al pagamento se l’imposta era dovuta.
La conservazione dei documenti legati a investimenti - come fondi comuni, azioni e obbligazioni - è essenziale per garantire trasparenza fiscale e poter dimostrare l’origine dei capitali in caso di controlli o accertamenti. Ogni operazione finanziaria dovrebbe lasciare una traccia, cartacea o digitale: ad esempio, gli estratti conto bancari costituiscono la prova concreta dei movimenti effettuati e andrebbero conservati per almeno 10 anni.
Nel caso, invece, delle polizze e documenti assicurativi bisogna fare alcune precisazioni. Se non si sono verificati sinistri, allora la quietanza di pagamento deve essere conservata per almeno un anno. Entro un anno, infatti, l’assicuratore può fare contestazioni. Se, invece, si è stati responsabili di un sinistro, la documentazione deve essere conservata fino alla chiusura definitiva.
Bisogna considerare che la prescrizione dei diritti per le polizze scatta dopo due anni.
Infine, nel caso delle polizze vita, la documentazione deve essere conservata per 10 anni dalla fine del contratto.
I documenti legati a successioni ed eredità vanno conservati per sempre. Essi attestano il passaggio del patrimonio dal defunto all’erede e sono indispensabili per gestire immobili, attività o per affrontare eventuali controversie. In caso di smarrimento, è possibile richiedere una copia della dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate.
I documenti relativi a pratiche edilizie e sanatorie devono essere tenuti per almeno 10 anni. Servono a dimostrare la regolarizzazione dell’immobile ed è sempre consigliato conservarli anche oltre, in quanto potrebbero essere richiesti da futuri acquirenti o eredi. La mancanza di tali atti può impedire la vendita o il rilascio del certificato di agibilità.
Tutto ciò premesso, si ricorda che, a norma dell’art. 43 delle disp. accert. imp. redditi, gli avvisi di accertamento:
Anche essere informato sui termini di accertamento fiscale è fondamentale per evitare sorprese sgradevoli e sapere come comportarsi. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha un limite temporale per effettuare i controlli fiscali, stabilito dalla legge proprio per garantire una gestione chiara e trasparente del rapporto tra il fisco e i cittadini.
Funzionalmente legati sono, quindi, i tempi previsti per l'accertamento dei redditi e i tempi di conservazione dei documenti fiscali.
In generale, l'art. 2220 del c.c. stabilisce che i documenti contabili debbano essere conservati per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.
Analogamente, in ambito fiscale, l'art. 8 dello Statuto del contribuente stabilisce che la conservazione della documentazione fiscale, inclusi i registri contabili, non può superare il termine di dieci anni dalla loro formazione, emanazione o utilizzo. Dopo il decennio, l'amministrazione fiscale non può più fondare alcuna pretesa sulla documentazione scaduta.
Le ricevute di pagamento delle imposte (come IVA o imposta di registro) devono essere conservate per almeno 5 anni, periodo entro il quale l’Agenzia delle Entrate può effettuare verifiche. Trascorso questo termine, anche se il debito è ancora esigibile, il cittadino sarà comunque tenuto al pagamento se l’imposta era dovuta.
La conservazione dei documenti legati a investimenti - come fondi comuni, azioni e obbligazioni - è essenziale per garantire trasparenza fiscale e poter dimostrare l’origine dei capitali in caso di controlli o accertamenti. Ogni operazione finanziaria dovrebbe lasciare una traccia, cartacea o digitale: ad esempio, gli estratti conto bancari costituiscono la prova concreta dei movimenti effettuati e andrebbero conservati per almeno 10 anni.
Nel caso, invece, delle polizze e documenti assicurativi bisogna fare alcune precisazioni. Se non si sono verificati sinistri, allora la quietanza di pagamento deve essere conservata per almeno un anno. Entro un anno, infatti, l’assicuratore può fare contestazioni. Se, invece, si è stati responsabili di un sinistro, la documentazione deve essere conservata fino alla chiusura definitiva.
Bisogna considerare che la prescrizione dei diritti per le polizze scatta dopo due anni.
Infine, nel caso delle polizze vita, la documentazione deve essere conservata per 10 anni dalla fine del contratto.
I documenti legati a successioni ed eredità vanno conservati per sempre. Essi attestano il passaggio del patrimonio dal defunto all’erede e sono indispensabili per gestire immobili, attività o per affrontare eventuali controversie. In caso di smarrimento, è possibile richiedere una copia della dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate.
I documenti relativi a pratiche edilizie e sanatorie devono essere tenuti per almeno 10 anni. Servono a dimostrare la regolarizzazione dell’immobile ed è sempre consigliato conservarli anche oltre, in quanto potrebbero essere richiesti da futuri acquirenti o eredi. La mancanza di tali atti può impedire la vendita o il rilascio del certificato di agibilità.
Tutto ciò premesso, si ricorda che, a norma dell’art. 43 delle disp. accert. imp. redditi, gli avvisi di accertamento:
- devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Quindi, ad esempio, per un reddito del 2020, l'Agenzia può procedere con un controllo fino al 2025;
- nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, l'avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata;
- fino alla scadenza del termine stabilito nei punti precedenti, l'accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Nell'avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte.
Un'importante novità deriva, inoltre, dalla sentenza della Cassazione n. 4638/2024, che ha chiarito come la documentazione relativa a vantaggi fiscali ottenuti dal contribuente, per esempio in relazione ad agevolazioni fiscali, debba essere conservata anche oltre i dieci anni. Questo significa che un contribuente, il quale si avvalga di agevolazioni fiscali, sarà obbligato a conservare la documentazione per periodi più lunghi, a meno che non intervenga un accertamento fiscale prima della scadenza del termine decennale.
In questo contesto, la giurisprudenza sembra orientarsi verso la necessità di garantire che i contribuenti non possano avvalersi del termine decennale per eludere l'onere probatorio nei casi di agevolazioni fiscali.
La notifica dell’avviso di accertamento – si sottolinea – è un passaggio fondamentale. Se l'Agenzia delle Entrate non invia tale avviso entro i termini stabiliti, il contribuente non sarà più sottoposto a verifica per quel periodo d'imposta.