Come è noto, il contribuente deve conservare i documenti fiscali perché gli possono servire come prova in caso di controlli o accertamenti da parte dell'Agenzia delle Entrate. In mancanza delle carte, sarebbe ostacolato nel dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni, andando incontro al pagamento di sanzioni tributarie. Ma la domanda sorge spontanea: per quanto tempo è necessario conservare le carte del Fisco, prima che scatti la cosiddetta prescrizione? Per quanti anni un contribuente deve custodire con cura le passate dichiarazioni dei redditi, le fatture e tutti i documenti che abbiano un rilievo per il Fisco?
Secondo il senso comune, sono sufficienti cinque anni di conservazione della burocrazia cartacea, dopo di che sarebbe possibile dire addio alle ingombranti carte. Ma è davvero così? Per capire come stanno realmente le cose, occorre considerare con attenzione le vigenti regole fiscali e - in particolare - l'art. 43 delle disp. accert. imp. redditi, che dispone in materia di termini per gli accertamenti sulle imposte sui redditi, e l'art. 57 D.P.R. 633/1972, che fa lo stesso per l'Iva. Ebbene, entrambi i testi stabiliscono che il potere dell'Amministrazione finanziaria di effettuare un accertamento viene meno dopo cinque anni dall'anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Perciò, seguendo questo principio, per una dichiarazione fatta nel 2022 per il 2021, basterebbe conservare i documenti fiscali fino al 31 dicembre 2027, per poi poter buttare via i vecchi faldoni nella convinzione della decadenza del potere di accertamento fiscale.
Il punto, però, è che le cose non stanno esattamente in questi termini. Infatti, c'è una sorta di disallineamento normativo tra regole del Codice Civile e norme fiscali, che va letto nei termini seguenti:
- il citato termine di cinque anni attiene esclusivamente alla decadenza dell'azione di accertamento, vale a dire il tempo entro cui le Entrate possono notificare al contribuente l'avviso di accertamento;
- ma l'accertamento, ovviamente, si basa sul contenuto scritto dei documenti e di riferimento è l'art. 2220 del c.c., il quale obbliga imprese, professionisti e, di fatto, a chiunque tenga scritture contabili, a conservare fatture, lettere, registri e altri documenti, per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.
In termini pratici, anche se il Fisco non può più aprire un accertamento oltre i cinque anni, può comunque chiedere di esibire documenti fino a dieci anni indietro, se un controllo è iniziato entro il termine di decadenza. Questo è un dettaglio molto importante e che ricorda alla generalità dei contribuenti che l'obbligo di conservazione resta in piedi, fino alla conclusione della verifica (come indica l'art. 22 del D.P.R. 600/1973). Vero è che l'art. 2220 c.c. si rivolge, in particolare, a imprese e professionisti con partita Iva, ma è preferibile interpretare la legge in senso estensivo e cioè raccomandando, cautelativamente e prudentemente, a tutti i contribuenti privati la conservazione almeno decennale dei documenti (dalla data dell'ultima registrazione), che possano avere un rilievo fiscale. Peraltro, tale scelta è coerente con la prassi amministrativa e giurisprudenziale.
Non rispettando questo vincolo civilistico, il contribuente si espone al rischio concreto di trovarsi senza pezze d'appoggio, necessarie a difendersi efficacemente in sede di accertamento e contenzioso, provando la correttezza delle proprie dichiarazioni. D'altronde, a favore del Fisco vale il principio di presunzione di legittimità dell'accertamento: senza documenti probatori, le contestazioni dell'Amministrazione finanziaria si presumono fondate, spettando al contribuente dimostrare il contrario.
Al fine di fare piena luce sui doveri in materia, è intervenuto l'art. 8 dello st. del contribuente, norma di chiusura che stabilisce come, ai fini tributari, non possa essere imposto un obbligo di conservazione superiore a dieci anni. Significa che, trascorso questo periodo di tempo dalla formazione o dall'utilizzo del documento, le Entrate non possono più fondare alcuna richiesta di visione delle carte e avanzare pretese su tale documentazione. La norma è molto importante perché, di fatto, impedisce di estendere indefinitamente gli oneri a carico del contribuente. Concludendo, dopo questo periodo, la carta può finalmente lasciare spazio negli armadi. Ma, prima, è sempre meglio un faldone in più che una cartella esattoriale imprevista.