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Agenzia delle Entrate, dal 2026 le criptovalute saranno tracciate dal fisco: multe salate a chi non collabora: novità UE

Agenzia delle Entrate, dal 2026 le criptovalute saranno tracciate dal fisco: multe salate a chi non collabora: novità UE
Dal 2026, l'Agenzia delle Entrate riceverà automaticamente dati dettagliati su tutte le operazioni cripto degli italiani, grazie a una nuova direttiva europea. Chi pensava di muoversi ancora in una zona grigia dovrà ricredersi: arrivano controlli serrati, multe salate e persino il blocco degli account per chi non collabora. Ecco nel dettaglio cosa si rischia
Il governo italiano ha dato il via libera allo schema di decreto che recepisce la direttiva UE 2226/2023, meglio conosciuta come Dac 8. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel panorama della fiscalità europea, pensata per chiudere definitivamente ogni varco attraverso cui potrebbe sfuggire materia imponibile. Fino a questo momento, gli Stati membri dell'Unione Europea potevano scegliere discrezionalmente solo due categorie di reddito da comunicare agli altri Paesi. Questa flessibilità ha creato, nel tempo, evidenti squilibri e opportunità di evasione. Dal primo gennaio 2026, invece, la trasmissione automatica dei dati diventa obbligatoria e riguarda praticamente tutte le fonti di reddito principali: dagli stipendi alle pensioni, dai compensi dei dirigenti alle rendite delle polizze vita, fino alla proprietà e ai redditi generati da beni immobili.
Ma la vera novità riguarda le cripto-attività, che per la prima volta entrano a pieno titolo nel sistema di reporting fiscale europeo. L'obiettivo dichiarato è quello di garantire piena tracciabilità anche nei settori più innovativi e digitalizzati, impedendo che la tecnologia possa diventare uno schermo dietro cui nascondere ricchezza o movimenti finanziari rilevanti. Si chiude, così, un'epoca in cui le criptovalute potevano muoversi in un limbo normativo, e si apre una fase di controllo capillare e coordinato.
Perché proprio le criptovalute finiscono nel mirino
Per anni le criptovalute hanno rappresentato una sorta di far west digitale dal punto di vista fiscale. La loro natura decentralizzata, la velocità delle transazioni e l'assenza di intermediari tradizionali le hanno rese difficili da monitorare con gli strumenti classici dell'amministrazione finanziaria. Ogni Paese ha adottato regole diverse, creando un mosaico normativo frammentato che ha inevitabilmente facilitato comportamenti elusivi o evasivi.
La direttiva Dac 8 interviene proprio per uniformare il quadro e imporre standard comuni a tutta l'Unione Europea. Dal primo gennaio 2026, gli exchanger di criptovalute - cioè le piattaforme che permettono di comprare, vendere o scambiare asset digitali - saranno obbligati a comunicare all'Agenzia delle Entrate una serie di informazioni molto dettagliate sui propri utenti. Non si tratta di dati generici: dovranno essere trasmessi i dati anagrafici completi, i codici fiscali, la residenza fiscale dichiarata e, soprattutto, tutte le operazioni effettuate, inclusi acquisti, vendite, trasferimenti e pagamenti.
Il livello di dettaglio richiesto supera di gran lunga quello previsto dal Common Reporting Standard (CRS), lo standard internazionale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, e va persino oltre le raccomandazioni del Gafi, l'organismo che si occupa di prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. In pratica, chi utilizza criptovalute sarà tracciato con la stessa precisione con cui, oggi, viene monitorato chi ha un conto corrente bancario tradizionale.
Sanzioni pesanti e blocchi operativi per chi non si adegua
La nuova normativa non si limita a imporre obblighi: prevede anche un sistema di sanzioni molto severo per garantire che le regole vengano effettivamente rispettate. Tutti gli operatori che forniscono servizi legati alle cripto-attività dovranno, prima di tutto, ottenere l'autorizzazione prevista dalla normativa MiCAr (Markets in Crypto-Assets Regulation, regolamento UE n. 2023/1114) entro il 31 dicembre 2025. Questa scadenza vale sia per chi vuole entrare nel mercato, sia per chi è già attivo secondo le regole italiane dell'Oam (Organismo Agenti e Mediatori). Una volta autorizzati, gli exchanger saranno tenuti a condurre un'adeguata verifica fiscale e antiriciclaggio su tutti i clienti, raccogliendo e aggiornando costantemente i loro dati fiscali, ottenendo autocertificazioni valide e verificando la correttezza delle informazioni trasmesse. Chi non rispetta questi obblighi rischia sanzioni pecuniarie che vanno da 1.500 a 15.000 euro per ogni singola violazione e, poiché le multe sono cumulabili, gli errori ripetuti possono tradursi in esborsi davvero consistenti.
Ma non sono solo gli operatori a essere coinvolti: anche gli utenti hanno precise responsabilità. Se un cliente ignora due solleciti consecutivi inviati dalla piattaforma per fornire o aggiornare le proprie informazioni fiscali, la sua operatività verrà bloccata. Non potrà più comprare, vendere o trasferire criptovalute fino a quando non avrà regolarizzato la propria posizione. Si tratta di un meccanismo di responsabilità condivisa pensato per incentivare la massima collaborazione da entrambe le parti. La strategia è chiara: rendere impossibile operare nel mercato delle criptovalute senza essere completamente trasparenti verso il Fisco. Chi sperava di continuare a muoversi nell'ombra dovrà fare i conti con una realtà ben diversa.
Cosa devono fare ora operatori e investitori
Il margine di tempo per adeguarsi alle nuove regole è molto stretto. I prestatori di servizi per cripto-attività devono muoversi rapidamente su tre fronti: richiedere l'autorizzazione Micar entro dicembre 2025, aggiornare i propri sistemi informatici per essere in grado di raccogliere e gestire i dati fiscali richiesti, e prepararsi a trasmettere annualmente tutte le informazioni a partire dal 2026. Non si tratta di adempimenti banali: richiedono investimenti tecnologici, formazione del personale e una revisione completa dei processi operativi.
Un aspetto particolarmente delicato riguarda la classificazione delle cripto-attività, che non sono tutte uguali dal punto di vista normativo. La normativa Micar distingue almeno due categorie principali: gli EMT (Electronic Money Tokens), assimilabili a moneta elettronica e che rientrano nel regime CRS, e gli ART (Asset Referenced Tokens), legati al valore di uno o più asset sottostanti e che seguono invece le regole del Carf (Crypto-Asset Reporting Framework). Questa distinzione è importante perché comporta regimi di trasmissione dati differenti, e un errore di classificazione potrebbe causare problemi fiscali sia all'intermediario che agli utenti.
Anche gli investitori e gli utilizzatori di criptovalute devono prepararsi al cambiamento. È necessario che forniscano informazioni fiscali corrette e aggiornate alle piattaforme che si utilizzano, che rispondano tempestivamente a qualsiasi richiesta o sollecito ricevuto, e che tengano una traccia ordinata di tutte le operazioni effettuate.


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