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Affitti brevi, trovato l'accordo, ecco quanto si pagherà per prima e seconda casa, dalla terza obbligo di partita Iva

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Affitti brevi, trovato l'accordo, ecco quanto si pagherà per prima e seconda casa, dalla terza obbligo di partita Iva
La Manovra 2026 introduce novità su affitti brevi, ISEE, compensazioni fiscali e dividendi
Dopo giorni di trattative serrate, nella maggioranza è arrivata l’intesa su alcuni temi molto attesi, ovvero affitti brevi, prima casa ai fini ISEE, compensazioni fiscali e trattamento dei dividendi societari. Secondo la nota diffusa dal Governo, “si è trovato un accordo sugli affitti brevi, sull’ampliamento dell’esenzione Isee sulla prima casa, sull’articolo 18 riferito ai dividendi, è stata chiarita la possibilità di compensazione anche per i contributi previdenziali delle imprese, e si è discusso delle misure a favore delle forze dell’ordine”.

Il capitolo più discusso è stato quello degli affitti brevi. La prima casa resta tassata al 21%, senza aumenti, mentre la seconda abitazione al 26%. La vera novità, però, arriva dal terzo immobile. Chi mette a reddito tre o più appartamenti con affitti brevi verrà trattato come un vero e proprio operatore del settore turistico-ricettivo. Questo cambio di inquadramento fa scattare automaticamente l’obbligo di aprire una partita IVA e di gestire l’attività secondo le regole previste per le imprese: contabilità, dichiarazioni fiscali dedicate e tutti gli adempimenti tipici di un’attività commerciale.

La cedolare secca è, in sostanza, un modo alternativo e semplificato per tassare i redditi derivanti dagli affitti abitativi. Chi decide di adottarla sostituisce l’IRPEF, le addizionali regionali e comunali e perfino l’imposta di registro e il bollo con un’unica imposta proporzionale. Questo regime può essere utilizzato anche quando si affittano immobili per periodi brevi, che non richiedono la registrazione formale del contratto.
Non tutti, però, possono scegliere la cedolare secca. La normativa la riserva alle persone fisiche che affittano immobili destinati ad abitazione. Restano esclusi gli imprenditori, i professionisti e chi, nell’ambito della propria attività, concede un immobile ai dipendenti. Anche i redditi generati da beni condominiali non possono essere tassati in questo modo, perché non sono considerati redditi personali.

La cedolare secca, naturalmente, si applica solo agli immobili destinati a uso abitativo e appartenenti alle categorie catastali appropriate. Non riguarda uffici, negozi o locali destinati ad attività professionale. È un regime pensato per le case, non per gli immobili commerciali.
La scelta può essere fatta subito, al momento della registrazione del contratto, oppure negli anni successivi.

La maggioranza ha trovato un’intesa anche sul fronte dell’ISEE, tema particolarmente rilevante per le famiglie con redditi medio-bassi. Dal 2026 le abitazioni con un valore catastale fino a 91.500 euro verranno escluse dal calcolo dell’indicatore.
L’esecutivo inoltre sta valutando l’introduzione di un meccanismo di maggiorazione per i nuclei con più figli, al fine di allargare ulteriormente la platea dei beneficiari.

Un altro fronte su cui si è registrato un cambio di rotta riguarda i crediti d’imposta. La bozza iniziale del Governo aveva previsto un blocco generalizzato alla compensazione dei debiti contributivi a partire da luglio 2026, misura giudicata troppo penalizzante dalle imprese.
L’accordo raggiunto, invece, prevede che le aziende potranno continuare a compensare i contributi previdenziali INPS con i propri crediti fiscali. Rimarrà esclusa, però, la compensazione dei premi assicurativi INAIL, che continueranno a essere versati secondo le regole ordinarie.

Sul fronte societario, la trattativa si è concentrata sulla tassazione dei dividendi. La proposta originaria riduceva drasticamente l’accesso all’agevolazione, che oggi consente di tassare solo il 5% degli utili distribuiti tra società, imponendo una soglia minima di partecipazione del 10%.
In base al compromesso raggiunto, la tassazione ridotta continuerà ad applicarsi già con una partecipazione del 5%, oppure quando la quota posseduta ha un valore fiscale di almeno 2,5 milioni di euro.


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