Il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati si assottiglia progressivamente. Nel 2070, secondo l’Eurostat, l’indice di dipendenza degli anziani potrebbe superare il 65%, ben oltre la media europea che si attesta sul 59,1%. Questo scenario impone una riflessione urgente sulle modalità di finanziamento delle pensioni pubbliche.
Tfr nelle mani dell’Inps: la proposta al vaglio
Per contrastare la fragilità del sistema, si fa strada un’ipotesi innovativa: lasciare il Tfr maturato dai lavoratori nelle casse dell’Inps. L’idea, sostenuta dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, è di utilizzare il Tfr per rafforzare la previdenza pubblica, senza far ricorso a nuovi prelievi fiscali o tagli.
In pratica, i contributi di fine rapporto resterebbero in gestione pubblica, evitando il trasferimento automatico ai fondi pensione integrativi. Questi fondi verrebbero investiti per generare rendite che, in fase di pensionamento, potrebbero favorire l’uscita anticipata dal lavoro o integrare l’assegno pensionistico.
Anticipo pensionistico e sostenibilità: gli obiettivi dell’intervento
Il progetto non prevede la creazione di un nuovo fondo separato, né una banca pubblica previdenziale. I contributi del Tfr continuerebbero a essere accantonati come previsto, ma verrebbero utilizzati direttamente per garantire flessibilità in uscita.
Un esempio? Ridurre l’effetto del moltiplicatore 3,2 (quello che, oggi, regola l’accesso alla pensione anticipata con assegno pari almeno a 3 volte l’assegno sociale). L’obiettivo è offrire una via d’uscita anticipata a quei lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti, restano bloccati da vincoli rigidi.
Nessuna perdita per i lavoratori, ma cresce il vincolo sull’uso
Dal punto di vista dei diritti individuali, il Tfr resta di proprietà del lavoratore. Tuttavia, se il nuovo modello venisse approvato, non sarebbe più possibile chiedere anticipi per esigenze personali, come l’acquisto di una casa o spese sanitarie.
Questo è forse il limite principale della misura: la liquidazione maturata diventerebbe un capitale vincolato, accessibile solo al momento del pensionamento e non più uno strumento di sostegno immediato.
Giovani, fondi integrativi e silenzio-assenso: il dibattito resta aperto
Nel frattempo, il presidente dell’Inps Gabriele Fava sottolinea l’importanza di rafforzare la previdenza complementare, soprattutto tra i giovani, ancora poco coinvolti. Solo 1 su 4 degli assicurati ha meno di 35 anni, una soglia preoccupante per la tenuta del sistema.
Per incentivare l’adesione, si valuta il ritorno al meccanismo del silenzio-assenso per i neoassunti: se il lavoratore non esprime una scelta, il Tfr viene versato automaticamente in un fondo pensione complementare.
Quali effetti avrà sui lavoratori? Pro e contro della gestione pubblica del Tfr
L’ipotesi di trattenere il Tfr all’interno del sistema previdenziale pubblico porta con sé implicazioni concrete per milioni di lavoratori dipendenti. Sul versante dei vantaggi, la proposta consentirebbe di accedere a una pensione integrata o anticipata, offrendo una maggiore flessibilità nell’uscita dal lavoro, soprattutto per chi ha maturato contributi ma è penalizzato dai meccanismi attuali. Inoltre, mantenere il Tfr all’Inps potrebbe garantire una gestione più sicura e trasparente, vincolata a criteri pubblici e orientata al rafforzamento del sistema previdenziale nazionale. Tuttavia, non mancano gli svantaggi rilevanti. Il principale riguarda la limitazione della libertà di utilizzo del Tfr: il lavoratore non potrebbe più chiedere anticipi per esigenze personali – come spese mediche, ristrutturazioni o acquisto della prima casa – rendendo il trattamento di fine rapporto un capitale vincolato fino alla pensione.
In sostanza, quello che, oggi, è anche uno strumento di protezione in caso di necessità verrebbe trasformato in una riserva obbligatoria, gestita dallo Stato. A ciò si aggiunge il rischio che eventuali rischi finanziari o ritardi nell’erogazione possano ricadere sui lavoratori, riducendo la percezione di controllo diretto sul proprio risparmio.
Il Governo punta a inserire questa riforma nel pacchetto normativo della prossima Legge di bilancio 2026 o attraverso un decreto ad hoc. In un contesto in cui la spesa sociale cresce e le risorse diminuiscono, il dibattito sulla gestione del Tfr si inserisce in una riflessione più ampia: come garantire pensioni dignitose senza scaricarne il peso sulle generazioni future?