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Articolo 1170 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Azione di manutenzione

Dispositivo dell'art. 1170 Codice Civile

Chi è stato molestato(1) nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un'universalità di mobili può, entro l'anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo.

L'azione è data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente. Qualora il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, l'azione può nondimeno esercitarsi, decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Anche colui che ha subito uno spoglio non violento o clandestino può chiedere di essere rimesso nel possesso, se ricorrono le condizioni indicate dal comma precedente.

Note

(1) La molestia provocata al possesso altrui deve essere di rilevante misura, e deve andare di pari passo con un animus turbandi, con l'intenzione, cioè, di provocare disturbo al possessore; il consenso manifesto o meno del possessore all'altrui attività esclude che possa ricorrere un caso di molestia.

Ratio Legis

A differenza dell'azione di spoglio, l'azione in questione mira a mantenere la situazione possessoria invariata, ed ha, inoltre, funzione preventiva nei confronti di eventuali e nuove molestie.
Essa può, inoltre, essere esperita esclusivamente dal possessore, ed è esercitabile anche qualora sussista un semplice pericolo tale da rendere prevedibile una successiva molestia. L'azione di manutenzione è esercitabile solo a tutela del possesso di beni immobili o di universalità di mobili, in modo da impedire che il suo esercizio divenga un ostacolo alla circolazione delle merci.
Essa suppone che il possesso duri da un anno in modo continuo e non interrotto e non sia stato acquisito violentemente o clandestinamente. Va, tuttavia, sottolineato che tale tutela è prevista in ipotesi in cui il possesso sia stato conseguito in modo violento od occulto, ma da almeno un anno esso abbia acquisito caratteristiche di pacificità e pubblicità.

Brocardi

Ad colorandam possessionem
Adversus extraneos vitiosa possessio prodesse solet
Animus turbandi
Petitori possessionis, non ei qui possidet, onus probandi incumbit
Possessio defenditur ad instar iuris
Possidentes exceptionem, non possidentes actionem habent
Probatio onus petitoris, commodum possessoris

Spiegazione dell'art. 1170 Codice Civile

Effetto recuperatorio dell'azione di manutenzione

La sola innovazione che il nuovo codice ha introdotto in materia di manutenzione è quella dell’ effetto recuperatorio ora attribuito all'azione medesima: innovazione quanto mai opportuna, non essendovi ragione per tutelare la turbativa ed escludere invece qualsiasi difesa possessoria per lo spoglio quando non ricorrano gli estremi per la proponibilità dell'azione di reintegra.

Il primo comma dell'articolo corrisponde all'art. 694 codice del 1865, di cui ha purtroppo, come già si è visto, riprodotto anche l'espressione « possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili »; il secondo fissa i presupposti per la proponibilità dell'azione, presupposti che - anche questo lo si è detto – sono sostanzialmente gli stessi che per il vecchio codice.

La seconda parte di tale comma contiene una norma analoga a quella dettata dall'art. 349 per l'usucapione.


Coordinamento della norma con l'art. 1145, comma 2

Si e veduto come alla norma vada coordinata quella dell'art. 1145, comma 2, dove, per eliminare dubbi ed incertezze, si è espressamente dichiarato che l'azione di manutenzione spetta, nei rapporti tra privati, anche rispetto all'esercizio di facoltà che possono formare oggetto di concessione da parte della pubblica amministrazione. Si è del pari accennato come quest'ultima norma non abbia un diretto valore ai fini della soluzione della questione circa la proponibilità dell'azione di manutenzione in materia mineraria, proponibilità che è indubbia tanto per il nuovo come per il vecchio codice.


Esperibilità dell' azione a tutela del possesso di una servitù non apparente

Sono note le controversie agitatesi sotto l'impero del codice del 1865, sulla manutenibilità o meno del possesso di quelle servitù (conti­nue, non apparenti, discontinue) che non sono suscettibili di acquisto per usucapione. Poiché anche per il nuovo codice le servitù non apparenti non possono acquistarsi a mezzo dell'usucapione, la questione si pone riguardo ad esse negli stessi termini e deve, a nostro avviso, venire risolta nello stesso senso, nel senso cioè della manutenibilità del possesso di tali servitù.

I requisiti per la proponibilità dell'azione di manutenzione sono infatti tassativamente elencati dall'articolo 1170 e tra essi non è compresa la capacità di condurre alla prescrizione.

Inoltre, con il negare la manutenzione si vengono, in sostanza, a confondere i requisiti per l'acquisto del possesso con quelli stabiliti per l'acquisto del diritto e si viene a tutelare il possesso solo in quanto abbia in se una possibilità di diritto, mentre esso è tutelato per se medesimo, indipendentemente da ogni ricerca sulla reale appartenenza al possessore del diritto corrispondente. Né varrebbe invocare in contrario la storia dell'istituto.

L'indagine storica non può sostituire la spiegazione dogmatica, ma soltanto essere ausiliare di essa, ove questa non nasca con evidenza dall'ordinamento positivo. Perciò, anche se lo svolgimento dell'azione di manutenzione si è venuto determinando parallelamente a quello dell'usucapione, ciò nondimeno, poiché i1 legislatore del 1865 e più ancora il nuovo hanno dato una sistemazione autonoma alla teoria del possesso e di tale correlazione non c’è più traccia nel testo della legge, i due istituti debbono considerarsi distinti.

D'altro canto, a ben vedere, i precedenti immediati della norma sembrano suffragare piuttosto la tesi della manutenibilità che non la contraria. Durante la compilazione del codice napoleonico, la Cassazione di Parigi aveva proposto di introdurre un art. 3 di questo tenore : « en matiere de servitude urbaine ou rurale l' action possessoire n' est recevable que lorsque la servitude peut se lrescrire ». La proposta fu respinta, così come fu respinta l'analoga proposta dai compilatori del codice civile albertino e del codice di procedura sardo del 1854. Il principio fu invece accolto dal codice di procedura civile parmense (art. 544), che, al pari dei codici francese ed Albertino, era ben noto al legislatore del 1865 ed a quello del 1941: e chiaro pertanto che se l'uno o l'altro avessero inteso seguire lo stesso sistema, avrebbero introdotto una disposizione del genere.

Considerazione questa che vale tanto più per il legislatore del 1941, in quanto ad esso non erano e non potevano essere ignote le controversie dottrinali e giurisprudenziali agitatesi sotto l'impero del codice del 1865.


Questioni varie

È appena il caso di osservare che, per il nuovo codice così come per il vecchio:

a) la molestia è un attentato al possesso, consistente in uno o più fatti od atti che, compiuti contro la volontà del possessore e con l'intenzione di agire contro di lui, ne impediscano l'esercizio o mutino o limitino il modo di esercizio precedente e ad ogni modo implichino una pretesa contraria al possesso altrui;

b) il possessore di uno ius in re aliena non è legittimato ad agire per far rimuovere le molestie che vengono arrecate al possesso della proprietà, ove esse non turbino ad un tempo il possesso dello ius in re aliena,

c) ove la turbativa consista, anziché in un solo atto, in più atti succedutisi ad intervalli, il termine per la proposizione dell'azione decorre dal primo atto soltanto ove si tratti di atti uniformi ed intermittenti, determinati da un unico proposito o di atti distinti che siano in relazione gli uni con gli altri; ove invece gli atti siano autonomi, ognuno di essi da luogo ad una propria azione ed alla decorrenza del termine relativo.

Per l'ammissibilità dell'azione di manutenzione nei rapporti tra compossessori, contro la molestia arrecata a mezzo di ufficiale giudiziario e contro gli atti della pubblica amministrazione si rimanda alla spiegazione dell’ art. 1168 del c.c.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

552 Per ciò che concerne l'azione di manutenzione (art. 1170 del c.c.), questa, in conformità del codice del 1865 (art. 694), è data al possessore di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di una universalità di mobili, il quale sia stato molestato in tale possesso. Si esige che il possesso duri da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non sia stato acquistato in modo violento o clandestino. L'azione può nondimeno proporsi anche se il possesso sia stato acquistato in modo violento o clandestino, quando sia decorso un anno dalla cessazione della violenza o della clandestinità. Rimane immutato il termine per l'esercizio dell'azione, che deve esperirsi entro un anno dalla turbativa. L'ultimo comma dell'art. 1170 consente una protezione anche a chi abbia sofferto uno spoglio non violento o non clandestino, se concorrono gli altri estremi richiesti per l'azione di manutenzione. Non sarebbe stato, infatti, coerente ammettere l'azione di manutenzione per la turbativa ed escludere qualsiasi difesa possessoria per lo spoglio, quando questo, data la mancanza della violenza o della clandestinità, non potesse venir represso con l'azione di reintegrazione. Il progetto della Commissione Reale (art. 554) estendeva ai mobili l'azione di manutenzione; l'innovazione non mi è sembrata da accogliere, potendo apportare notevole turbamento alla circolazione dei beni.

Massime relative all'art. 1170 Codice Civile

Cass. civ. n. 2991/2019

In tema di tutela possessoria, non assumono rilevanza la legittimità dell'esercizio del vantato possesso e la sua rispondenza ad un valido titolo, quanto piuttosto la mera situazione di fatto esistente al momento dello spoglio o della turbativa, sicché, ove si controverta in ordine ad una servitù di passaggio su fondo privato per l'accesso alla strada pubblica, rimane estranea al giudizio la presenza o meno di un titolo autorizzativo, rilasciato dalla competente autorità amministrativa stradale, a compiere gli atti che esteriorizzano il possesso di tale servitù. Ne consegue che, anche in mancanza di detto titolo, la domanda possessoria tra privati è ammissibile e, quindi, valutabile nel merito, pure ai fini dell'eventuale condanna al risarcimento dei danni eventualmente prodotti dall'avversa condotta illecita.

In caso di spoglio o turbativa del possesso, la reintegrazione o la cessazione della turbativa, anche se intervenute, per iniziativa spontanea del soggetto attivo, prima che il giudice gliene abbia fatto ordine ai sensi dell'art. 703 c.p.c., non eliminano l'interesse del soggetto passivo ad ottenere una sentenza che, benché non possa contenere quell'ordine, ormai inutile, esamini la fondatezza nel merito dell'azione possessoria, sia ai fini del necessario regolamento delle spese sia per la valutazione dell'eventuale ed accessoria domanda risarcitoria, dovendosi considerare, altresì, che una pronuncia di cessazione della materia del contendere, oltre all'esecuzione spontanea della rimessione in pristino, deve implicare pure il riconoscimento da parte del convenuto della illegittimità del suo operato.

Cass. civ. n. 26787/2018

In tema di azioni a difesa del possesso, è configurabile la molestia possessoria ove la condotta comporti una modifica dello stato dei luoghi, idonea a determinare una condizione di potenziale pericolo al possesso altrui e a produrre un'apprezzabile compressione delle facoltà con cui detto possesso si esteriorizza, sicché costituisce turbativa del possesso l'installazione di una porta sul muro comune, che limita le possibilità di utilizzazione del corrispondente spazio da parte dell'altro proprietario e consente l'esercizio di una servitù di passaggio sul fondo di quest'ultimo.

Cass. civ. n. 23855/2018

In tema di azione di manutenzione del possesso, affinché un soggetto possa qualificarsi come autore morale della turbativa, occorre che egli, pur non avendo autorizzato la condotta illecita, ne abbia tratto vantaggio (criterio del "cui prodest") e che sia consapevole dell'illiceità dell'atto di molestia compiuto da terzi.

Cass. civ. n. 20726/2018

La riduzione in pristino, cui è diretta l'azione di manutenzione, può consistere non già nella mera riproduzione della situazione dei luoghi modificata o alterata da una determinata azione lesiva dell'altrui possesso, ma anche nell'esecuzione di un "quid novi", qualora il rifacimento puro e semplice sia inidoneo a realizzare il ripristino stesso.

Cass. civ. n. 20581/2018

Poiché il possessore di un fondo ha il potere di usarne e goderne secondo la sua normale destinazione, qualunque intervento del vicino titolare di una servitù di passo su parte di tale fondo, diretto a limitare tale uso e godimento oltre il necessario per il godimento di quella servitù, costituisce turbativa del possesso del fondo e legittima il possessore a chiedere la cessazione della turbativa stessa.

Cass. civ. n. 3901/2017

L'"animus turbandi", per l'esperibilità dell'azione di manutenzione del possesso di un edificio molestato dalla violazione delle distanze legali, non è escluso dall'ottenimento della concessione edilizia da parte dell'autore della turbativa, rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi; tale elemento psicologico, inoltre, deve presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto.

Cass. civ. n. 19586/2016

In tema di azioni possessorie, la distinzione tra spoglio e molestia riguarda la natura dell'aggressione all'altrui possesso, nel senso che il primo incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la seconda si rivolge contro l'attività di godimento di quest'ultimo, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole e scomodo, altresì costituendo la qualificazione della fattispecie concreta un apprezzamento discrezionale del giudice di merito, da effettuarsi in base alle prove acquisite nel processo e sottratto al sindacato di legittimità ove scevro da vizi logici e di diritto. (Nella specie, la S.C. ha condiviso la qualificazione dell'azione, ricondotta all'art. 1170 c.c., contenuta nella decisione impugnata, ritenendo che l'apposizione, lungo una strada, di una catena manualmente amovibile, sorretta da paletti in ferro fissi, non avesse inciso sulla possibilità di passaggio pedonale e veicolare ivi esercitato dal ricorrente, ma, esclusivamente, sulla sua modalità di fruizione, resa meno agevole e comoda).

Cass. civ. n. 107/2016

L'elemento psicologico della molestia possessoria consiste nella volontarietà del fatto che determina la diminuzione del godimento del bene da parte del possessore e nella consapevolezza che esso è oggettivamente idoneo a modificarne o limitarne l'esercizio, senza che rilevi, in senso contrario, il perseguimento, da parte dell'agente, del fine specifico di molestare il soggetto passivo ovvero la mancata previsione delle concrete ed ulteriori conseguenze della sua azione.

Cass. civ. n. 8731/2014

L'azione di manutenzione possessoria tutela il potere di fatto sulla cosa e non il corrispondente diritto reale, sicché la violazione delle distanze legali tra costruzioni può essere denunciata ex art. 1170 cod. civ. solo quando abbia determinato un'apprezzabile modificazione o limitazione dell'esercizio del possesso.

Cass. civ. n. 18216/2013

In tema di azione di manutenzione del possesso, affinché un soggetto possa qualificarsi come autore morale della turbativa, occorre che egli, pur non avendo autorizzato la condotta illecita, ne abbia tratto vantaggio (criterio del "cui prodest") e che sia consapevole dell'illiceità dell'atto di molestia compiuto da terzi.

Cass. civ. n. 13417/2013

La lesione possessoria consistente nel rifiuto della restituzione di un fondo opposto dal detentore qualificato al possessore mediato, accompagnato dall'opposizione fatta contro quest'ultimo e perciò dalla manifestazione dell'avvenuta interversione, configura uno spoglio semplice, riconducibile alla previsione di cui all'art. 1170, terzo comma, cod. civ., il quale disciplina la cosiddetta azione di manutenzione recuperatoria, idoneamente esperibile in presenza delle condizioni soggettive e temporali contemplate dal comma precedente.

Cass. civ. n. 1494/2013

In tema di azioni possessorie, integra gli estremi di uno spoglio, e non quelli di una semplice molestia, la privazione anche soltanto parziale del possesso, la quale può manifestarsi con un atto che restringa o riduca le facoltà inerenti il potere esercitato sull'intera cosa, oppure diminuisca o renda meno comodo l'esercizio del possesso medesimo, come nell'ipotesi di eliminazione di una conduttura e di procurata inutilizzabilità di una fossa biologica, facente parte di una fognatura, tale da incidere negativamente sulla possibilità di esercizio di una servitù di scarico.

Cass. civ. n. 20800/2011

La molestia possessoria può realizzarsi, anche senza tradursi in attività materiali, attraverso manifestazioni di volontà che devono - però - esprimere la ferma intenzione del dichiarante di tradurre in atto il suo proposito, mettendo in pericolo l'altrui possesso. Invece, se le manifestazioni di volontà - siano esse verbali o scritte - siano rivolte all'affermazione di un diritto proprio o alla negazione di un diritto altrui, senza far temere imminenti azioni materiali contrastanti con la situazione di possesso, non si è in presenza di molestia possessoria, bensì solo di espressioni intese ad evitare - se possibile - una controversia giudiziaria. La ricorrenza di una o dell'altra ipotesi rientra nella valutazione del giudice di merito, il cui accertamento - se adeguatamente motivato - sfugge al controllo di legittimità.

Cass. civ. n. 11201/2008

In tema di distanze nelle costruzioni, nel caso di trasformazione del tetto in terrazzo, munito di riparo o ringhiera, che venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale rispetto all'altrui fondo, il comodo affaccio esercitabile su di questo costituisce turbativa del possesso del vicino. Tale possesso è reclamabile con l'azione di manutenzione ed alla predetta turbativa è possibile porre rimedio con l'esecuzione di opere idonee, secondo l'insindacabile apprezzamento del giudice di merito in quanto sorretto da coerente motivazione, ad evitare l'affaccio a distanza inferiore a quella legale. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito, che aveva ritenuto sufficiente, per impedire il ravvicinato affaccio sul fondo dell'attore, dal terrazzo ricavato dal convenuto sul tetto del suo edificio eliminando le tegole, un muretto alto 80 cm, spesso 20 cm, ed un cancelletto alto 110 cm, privo di punte di lancia).

Cass. civ. n. 6305/2008

In tema di azione di manutenzione, qualora alla turbativa del possesso concorra una pluralità di atti, il dies a quo dal quale decorre il termine annuale per proporre detta azione possessoria va individuato in quello in cui è percepibile, da parte del soggetto passivo, che un singolo atto costituisca parte di una pluralità di atti intesa a realizzare una lesione possessoria. Va, pertanto, distinta l'ipotesi in cui la lesione del possesso si sostanzia in una pluralità di atti ciascuno dei quali autonomamente lesivo, da quella in cui l'atto lesivo sia uno solo, ancorché preceduto da altri atti di carattere strumentale; nell'un caso, il detto termine decorre dal primo degli atti lesivi quando essi siano connessi in modo da costituire una progressione seriale di attentati possessori, mentre decorre da ciascuno e per ciascuno degli atti lesivi ove essi presentino carattere di autonomia; nell'altro, essendovi un unico atto lesivo, quello finale, il dies a quo decorre da quest'ultimo; tuttavia, anche in tal caso, se gli atti strumentali, di per se stessi non lesivi, siano tali da rendere evidente la loro funzionalità alla realizzazione finale della lesione, il termine decorre dal primo di essi percepibile come tale. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto che la realizzazione di una scala di accesso ad un lastrico solare rappresentava il primo atto da cui far decorrere il termine annuale per proporre l'azione possessoria essendo lo stesso indicativo della volontà di trasformare detto lastrico inagibile in una terrazza da cui esercitare una servitù di veduta, determinando la denunziata lesione).

Cass. civ. n. 24025/2006

Con riferimento ad azione di manutenzione esperita dopo l'entrata in vigore del D.L.vo n. 80 del 1998, ma prima delle modifiche introdotte dall'art. 7 legge n. 205 del 2000, relativa all'imposizione arbitraria di una servitù di linea elettrica aerea non assistita da provvedimento autoritativo di pubblica utilità, si configura la denuncia di un comportamento materiale non connesso, neppure implicitamente, all'esercizio di poteri d'imperio, facendosi valere un diritto soggettivo. E ciò assume rilievo, agli effetti dell'attribuzione della giurisdizione al giudice ordinario, a seguito della sentenza n. 281 del 2004 della Corte costituzionale, tenendosi conto, in ogni caso, che a seguito della dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 34 del D.L.vo citati (come sostituito dal predetto art. 7 legge n. 205 del 2000), con la sentenza n. 204 del 2004, l'esclusione dei «comportamenti» dal testo della norma preclude la possibilità di esperire azioni possessorie davanti al giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 17286/2006

Sussiste difetto assoluto di giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di manutenzione del possesso proposta nei confronti dell'atto con cui la P.A., nell'ambito di un rapporto di concessione, dispone in via provvedimentale il rilascio del bene detenuto dal privato; infatti, non solo la relativa pronunzia potrebbe elidere gli effetti dell'azione amministrativa, in contrasto con il divieto sancito dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, all. E, ma, soprattutto, in conseguenza dell'adozione del provvedimento amministrativo, la posizione del privato è qualificabile in termini di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

Cass. civ. n. 1146/2003

Il termine annuale per l'esercizio dell'azione di manutenzione, stabilito dall'art. 1170 c.c. a pena di decadenza, decorre dalla turbativa possessoria, e non già dalla conoscenza o apprendimento che il possessore ne abbia avuto. L'onere di dimostrare il mancato decorso di tale termine, qualora venga sollevata eccezione sul punto, incombe su chi agisce a fini di tutela possessoria.

Cass. civ. n. 1136/2003

La violazione delle distanze legali nella collocazione di un tubo (nella specie, di gas) integra una molestia al possesso del fondo finitimo perché, anche quando non ne comprime l'esercizio, importa tuttavia, automaticamente una modificazione o una restrizione delle relative facoltà.

Cass. civ. n. 10343/2002

In materia di tutela possessoria, il possesso tutelabile con l'azione di manutenzione deve essere qualificato da determinati requisiti, tra i quali vi è quello della durata (pacifica e non interrotta) fissata nel minimo di un anno ed un giorno, che attestino una situazione di esercizio del diritto corrispondente, socialmente non contestata (si veda Corte Cost. 22 luglio 1996, n. 290).

Cass. civ. n. 8261/2002

L'inibitoria a sostare con automezzi propri o a far sostare quelli di clienti e fornitori sulla strada oggetto di servitù di passaggio, pronunciata nei confronti di un contitolare frontista riconosciuto responsabile di turbativa del godimento di detta servitù da parte di altro contitolare, non implicando accertamenti futuri ma risultando emessa sulla base dell'apprezzamento della persistenza e comunque della frequenza di condotte mantenute in passato, trova fondamento nella responsabilità per fatto proprio, e non già nella responsabilità per fatto altrui, avendo essa ad oggetto non qualsiasi automezzo bensì solamente quelli dello stesso responsabile nonché di terzi cui il medesimo ha ben il potere di impedire ivi di sostare.

Cass. civ. n. 12080/2000

Ad integrare una molestia suscettibile di legittimare l'esercizio dell'azione possessoria di manutenzione è sufficiente un'attività materiale o giuridica, consapevolmente posta dall'agente, direttamente o indirettamente e con un apprezzabile contenuto di disturbo che comporti un diverso modo di essere del possesso o del suo esercizio, senza che occorra che detta attività si sustanzi in una specifica violazione di legge. Né si richiede una condotta colposa dell'agente, come nel caso dell'illecito aquiliano, essendo diretta la tutela possessoria non a colpire il contegno riprovevole tenuto dall'aggressore in violazione del precetto del neminem ledere bensì a salvaguardare lo stato di fatto esistente.

Cass. civ. n. 1214/1999

Le turbative che abilitano all'esercizio delle azioni a difesa della servitù (azione confessoria e azioni possessorie) non devono consistere necessariamente in alterazioni fisiche attuali dello stato di fatto, essendo sufficiente un comportamento che ponga in dubbio o in pericolo l'esercizio della servitù.

Cass. civ. n. 855/1999

Dall'installazione di fili di ferro per stendere i panni decorre il termine annale per l'esperimento dell'azione di manutenzione onde chiedere la cessazione della turbativa consistente nello sgocciolamento dell'acqua sugli utenti del cortile comune, costituendo la stessa il primo atto idoneo a manifestare la successiva utilizzazione.

Cass. civ. n. 11404/1998

L'animus turbandi, per l'esperibilità dell'azione di manutenzione del possesso di un edificio molestato dalla violazione delle distanze legali, non è escluso dall'ottenimento della concessione edilizia da parte dell'autore della turbativa, rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi.

Cass. civ. n. 5325/1998

L'ultrannalità del possesso, per l'esperibilità dell'azione di manutenzione tra compossessori, se uno di essi amplia la sfera del proprio possesso rendendo più scomodo, o restringendo, il precedente modo di esercizio del possesso altrui, pur se per mera tolleranza — come nel caso di un coerede che apra un varco, costituito da cancello con lucchetto, nella recinzione di un fondo, apposta da altro coerede iure familiaritatis — va computata dall'inizio del compossesso.

Cass. civ. n. 2604/1996

L'azione di manutenzione, la quale è ammissibile anche contro l'immissione di fumi o rumori, è soggetta al termine di decadenza di un anno dalla turbativa, il quale deve essere raccordato all'inizio delle immissioni stesse allorquando i vari episodi costituiscano, nella loro essenza e modalità lesiva, niente altro che elementi del tutto analoghi e ripetitivi dell'iniziale immissione turbative del possesso. (Nella specie, il possessore aveva lamentato l'immissione nel proprio appartamento di intollerabili rumori provenienti nelle primissime ore della mattinata da una vicina pasticceria. Il giudice di merito, nel concedere la tutela possessoria, aveva rilevato che il decorso del tempo rispetto all'inizio della molestia non rileva per l'ammissibilità dell'azione. La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato l'impugnata sentenza).

Cass. civ. n. 1448/1996

L'azione di manutenzione prevista dall'art. 1170 c.c. non è esperibile da colui che ha con la cosa un rapporto di detenzione, come tale privo dei connotati propri del possesso.

Cass. civ. n. 7200/1995

La molestia possessoria può realizzarsi, anche senza attività materiali, attraverso manifestazioni di volontà che devono però esprimere la ferma intenzione del dichiarante di tradurre in atto il suo proposito, mettendo così in pericolo l'altrui possesso. Invece, se le manifestazioni di volontà, siano esse verbali o scritte, sono volte all'affermazione di un diritto proprio o alla negazione di un diritto altrui, senza far temere imminenti azioni materiali contrastanti con la situazione di possesso, non si è in presenza di molestia possessoria, bensì solo di espressioni intense ad evitare, se è possibile, una controversia giudiziaria. La ricorrenza di una o dell'altra ipotesi rientra nella valutazione del giudice del merito, il cui accertamento, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità.

Cass. civ. n. 1460/1995

Mentre rispetto all'azione prevista dall'art. 949 c.c., che ha natura reale e si caratterizza in quanto diretta a difendere la proprietà da pretese di diritto avanzate dai terzi, legittimato passivo è il proprietario del fondo pretesamente dominante, quando l'azione, avuto riguardo ai fatti posti a suo fondamento ed alle ragioni di essa, valutati dal giudice di merito con apprezzamento insindacabile se congruamente e logicamente motivato, mira a proteggere la proprietà da indebite intromissioni o utilizzazioni di terzi, non accompagnate dalla pretesa di esercitare sulla cosa un diritto reale limitato, legittimati passivi rispetto ad essa sono gli autori delle anzidette turbative o molestie di fatto.

Cass. civ. n. 724/1995

Contro la violazione delle norme sulle distanze legali, concretandosi questa in una mera turbativa dell'altrui possesso, può essere esperita l'azione di manutenzione e non quella di spoglio.

Cass. civ. n. 6956/1995

La differenza tra lo spoglio e la turbativa, ai fini della individuazione dell'azione da esperirsi da parte del possessore, va definita, non in base ad astratte tipologie di comportamenti, ma alla stregua degli effetti che la lamentata violazione del possesso determina sulla situazione di fatto sulla quale essa viene ad incidere; se tale situazione, nella sua corrispondenza all'esercizio di un diritto reale, viene eliminata o comunque svuotata del suo essenziale contenuto, la violazione del possesso si sarà concretata nello spoglio, mentre quando dalla condotta illecita derivi solo una limitazione, attuale o potenziale, del possesso o del suo modo di esercizio, si avrà la semplice turbativa.

Cass. civ. n. 9871/1994

Al fine della configurabilità della molestia possessoria —la quale al pari dello spoglio, costituisce un atto illecito che lede il diritto del possessore alla conservazione della disponibilità della cosa e obbliga chi lo commette al risarcimento del danno — con l'atto materiale deve coesistere, anche in caso di molestia provocata da inosservanza delle distanze legali, il dolo o la colpa, la cui prova incombe su chi propone la domanda di manutenzione (art. 2697 c.c.), mentre rappresenta apprezzamento di fatto — riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica e sufficiente — l'accertamento dell'esistenza dell'indicato elemento soggettivo; senza che il possessore debba provare anche la consapevolezza dell'autore della lesione di aver violato l'altrui diritto.

Cass. civ. n. 8417/1994

Nell'azione di manutenzione, l'elemento psichico in cui si concreta l'animus turbandi consiste nella volontarietà del fatto, compiuto a detrimento dell'altrui possesso (nella specie, violazione delle distanze legali nelle costruzioni rispetto al fondo in possesso del confinante), e deve, pertanto, presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di esercitare un proprio diritto.

Cass. civ. n. 5162/1994

In tema di azione di manutenzione la configurazione della molestia possessoria postula un comportamento che ponga in serio pericolo il possesso del vicino, con la conseguenza che l'azione è esperibile anche in via preventiva a fronte della minaccia di compromissione del preesistente stato di fatto. Pertanto, nel caso in cui venga denunciato l'ampliamento e la sopraelevazione di un edificio preesistente in violazione delle norme sulle distanze legali, il giudice non può limitarsi, ai fini della determinazione del termine utile per l'esercizio dell'azione, a dare rilievo all'inizio dei lavori in elevazione, ma deve accertare se l'attività anteriore, specie di sbancamento e di posa in opera delle fondazioni, rendendo percepibile la lesione del possesso dovesse considerarsi oggettivamente molesta.

Cass. civ. n. 2391/1994

Colui che è convenuto con l'azione di manutenzione per asserita violazione di distanze rispetto alla preesistente costruzione dell'attore, non viola il divieto di cumulo del petitorio con il possessorio se contesta che, a causa dell'illegittimo esercizio del diritto di prevenzione compiuto dall'attore nell'erigere la sua costruzione, egli non era tenuto al rispetto delle distanze.

Cass. civ. n. 4928/1993

Il possessore di un edificio che chieda con l'azione di manutenzione la cessazione della turbativa del suo possesso, derivante dall'inosservanza della distanza legale da parte del frontista che sopraelevi sullo stesso fronte sul quale aveva realizzato la costruzione di base, è tenuto a dimostrare che tra le facoltà incluse nel suo possesso rientra, in virtù della prevenzione, anche quella di pretendere dal frontista il rispetto della distanza legale, mentre non è tenuto a dare la prova di essersi attenuto nella realizzazione del suo edificio, alla scelta, consentita dal principio della prevenzione, di costruire, anziché sul confine, a distanza legale da esso, acquisendo in tal modo il diritto di obbligare il frontista al rispetto della stessa distanza, giacché oggetto del giudizio possessorio è l'esercizio di fatto di un diritto e non la titolarità dello stesso, che rileva invece nel giudizio petitorio.

Cass. civ. n. 4776/1993

La privazione della disponibilità dei beni disposta dall'art. 42 R.D. 16 marzo 1942, n. 287, importando solo il venir meno del potere di disporre ed amministrare del fallito, che passa al curatore del fallimento, non comporta alcuno spossessamento ope legis, e non può riguardare il terzo che, prima della dichiarazione di fallimento, abbia cominciato ad esercitare su taluno dei beni un potere di fatto corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale, nel qual caso occorre che il curatore esperisca i rimedi offerti dalla legge per porre fine al possesso altrui e per recuperare il bene alla effettiva disponibilità degli organi fallimentari. (Fattispecie in cui si è ritenuto che nella durata annuale del possesso, utile ai fini della proposizione di azione di manutenzione, prevista dall'art. 1170, secondo comma, c.c., fosse da ricomprendere anche il periodo, successivo alla sentenza dichiarativa del fallimento, in cui il ricorrente era rimasto in possesso del bene per il quale invocava la manutenzione).

Cass. civ. n. 2260/1993

Non ogni attività materiale posta in essere dal terzo sulla cosa da altri posseduta configura necessariamente una molestia del possesso ma solo quella che abbia un congruo ed apprezzabile contenuto di disturbo di detto possesso e denoti di per sé una pretesa dell'agente in contrasto con la posizione del possessore, così da rendere impossibile, gravoso oppure notevolmente difficoltoso l'estrinsecarsi di tale posizione, con la conseguenza che ne restano fuori quei comportamenti i quali non compromettano né limitino apprezzabilmente l'esercizio del potere di fatto ma siano con questo compatibili.

Cass. civ. n. 4939/1992

Nel caso di spoglio cosiddetto semplice (non violento, nè clandestino) il possessore è ammesso ad agire con l'azione di manutenzione recuperatoria ex art. 1170 comma terzo c.c. soltanto entro il termine annuale di decadenza dal sofferto spoglio, come stabilito dagli artt. 1168 e 1170 c.c. giacché per il riferimento fatto dal detto terzo comma al comma precedente l'azione di manutenzione recuperatoria mutua dalla comune azione di manutenzione i relativi presupposti di fatto e di diritto per la sua proponibilità.

Cass. civ. n. 3942/1991

L'indagine sulla sussistenza, ad opera del proprietario del fondo servente, di atti di violazione o turbativa della servitù va condotta con riferimento all'estensione ed alle modalità di esercizio della servitù medesima, come fissate dal titolo costitutivo, e, pertanto, deve tenere conto anche delle specificazioni che tale titolo contenga in ordine alla utilitas, ove le stesse non abbiano mero valore indicativo, ma valgano a qualificare e delimitare il diritto.

Cass. civ. n. 2927/1991

La violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo, contro la quale è data l'azione di manutenzione, perché, anche quando non ne comprime di fatto l'esercizio, apporta automaticamente modificazione o restrizione delle relative facoltà.

Cass. civ. n. 5013/1990

In tema di tutela del possesso ove la turbativa dello stesso venga denunciata quale conseguenza della violazione di norme sulle distanze legali tra le costruzioni ad integrare il requisito dell'animus turbandi deve accertarsi non soltanto la volontà dell'azione, ma anche la consapevolezza della violazione della norma, giacché solo da tale consapevolezza può derivare la coscienza dell'aggressione all'altrui sfera di possesso.

Cass. civ. n. 3746/1990

In tema di manutenzione del possesso è sufficiente ad integrare gli estremi della turbativa anche una dichiarazione verbale di opposizione all'esercizio del possesso altrui, accompagnata dal comportamento del dichiarante che esprima la ferma volontà di tradurre in atto il suo proposito, non ostando che il giudice penale abbia ritenuto che tale comportamento non integrasse le ipotesi delittuose di cui agli artt. 612 e 594 c.p. stante la diversità dei fatti materiali che costituiscono il presupposto di tali reati, rispetto a quelli necessari e sufficienti alla configurabilità, in sede civile, della turbativa dell'altrui possesso.

Cass. civ. n. 532/1990

In tema di manutenzione del possesso, un'immutazione dello stato dei luoghi che non arrechi attualmente danno al possesso altrui, può ugualmente configurare una molestia, se sia idonea a porre in dubbio o in pericolo siffatto possesso, ma a tale fine è necessario che la detta immutazione sia per se stessa evolutiva nella direzione di uno specifico attentato pregiudizievole, oppure che sia accompagnata da univoche manifestazioni, da parte di chi l'ha posta in essere, tali da denotare una contraria pretesa; il relativo accertamento, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione adeguata ed esente da vizi logici e giuridici.

Cass. civ. n. 6966/1988

Dopo la pronuncia del decreto di espropriazione per pubblica utilità, con effetto immediatamente traslativo della proprietà, l'eventuale protrarsi del godimento del bene da parte dell'espropriato può integrare detenzione, non possesso, difettandone l'elemento soggettivo, e, pertanto, non è tutelabile con azione di manutenzione, né contro l'espropriante, né contro altri.

Cass. civ. n. 2293/1988

Al fine dell'integrazione del requisito del possesso ultrannuale per l'esercizio dell'azione di manutenzione ex art. 1170 c.c., il possesso dell'attore che abbia acquistato l'immobile quale terzo nominato con contratto per persona da nominare va considerato unitariamente anche con riguardo al possesso (eventualmente) esercitato dall'originario contraente atteso che nel contratto per persona da nominare — in cui la sostituzione dell'originario contraente con altro soggetto è resa legittima dall'accettazione di quest'ultimo — gli effetti negoziali si producono in via diretta ed immediata nei confronti del terzo, ove la nomina segua in tempo utile e nelle debite forme, e quindi anche il possesso del contraente originario, essendo stato esercitato, fino alla sostituzione, anche in nome della persona da nominare, si unisce a quello posteriore del nominato e configura un unico possesso senza soluzioni di continuità.

Cass. civ. n. 4729/1987

L'animus turbandi — che consiste nella volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell'altrui possesso e nella consapevolezza della contraddizione della volontà del possessore, senza che sussista uno specifico intendimento di arrecare pregiudizio, così da accompagnarsi presuntivamente alla situazione accertata come lesiva — è escluso dal consenso del possessore sempre che si verifichino le condizioni cui tale consenso è stato subordinato. (Nella specie con riguardo alla sopraelevazione di un edificio, il proprietario sottostante al piano delle elevazioni vi aveva prestato consenso subordinatamente alla mancata produzione di danni alla stabilità degli edifici. La Corte Suprema in base all'enunciato principio ha confermato la decisione del merito che aveva disposto la demolizione).

Cass. civ. n. 2392/1986

Poiché l'azione di manutenzione di cui all'art. 1170 c.c. presuppone il possesso del soggetto passivo della turbativa o molestia, non è legittimato a proporre tale azione l'affittuario del fondo rustico, che è un mero detentore.

Cass. civ. n. 5467/1985

L'elemento psicologico della molestia possessoria — la quale può risolversi anche in un'alterazione fisica dello stato di fatto che importi una diminuzione del godimento ai danni del possessore — consiste nella volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell'altrui possesso e nella consapevolezza che esso realizza, contro la volontà del possessore, una contrazione, modificazione o limitazione dell'esercizio di tale possesso e non può essere escluso per il fatto che l'agente abbia perseguito un fine diverso da quello specifico di arrecare pregiudizio o non abbia previsto le concrete ed ulteriori conseguenze della sua azione.

Cass. civ. n. 3838/1985

Il termine annuale per la proposizione dell'azione di manutenzione, a fronte di molestie o turbative nel possesso, ai sensi dell'art. 1170 primo comma c.c., non trova deroga per il caso in cui la tutela possessoria venga chiesta da chi abbia anche la qualità di proprietario del bene, restando a tal fine irrilevante che il proprietario possessore possa avvalersi pure dell'azione negatori di cui all'art. 949 secondo comma c.c., di natura petitoria.

Cass. civ. n. 6415/1984

In tema di azioni a difesa del possesso, la distinzione tra spoglio e molestia va posta non già sul piano della quantità, bensì su quello della natura della aggressione all'altrui possesso, nel senso che lo spoglio incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l'attività di godimento del possessore, disturbandone il pacifico esercizio, ovvero rendendolo disagevole e scomodo. Al fine di stabilire se sussistano gli estremi dello spoglio o della molestia non può prescindersi dalle modalità, anche temporali, del comportamento dell'aggressore, le quali hanno rilievo per stabilire se si tratti di un impedimento duraturo, anche se non permanente, integrante lo spoglio, o di un impedimento soltanto transitorio parificabile alla mera turbative.

Cass. civ. n. 3738/1982

Qualora il passaggio sul fondo altrui, a seguito di recinzione di questo, venga esercitato attraverso apposita apertura lasciata nella recinzione medesima, in un punto diverso rispetto a quello in precedenza utilizzato, il requisito della durata ultranovennale del possesso del passaggio stesso, al fine dell'esperibilità dell'azione di manutenzione (art. 1170 secondo comma c.c.), non può essere riscontrato con limitato riferimento al periodo successivo all'effettuazione di detta recinzione, trattandosi di fatto non idoneo ad interferire sulla continuità della situazione possessoria.

Cass. civ. n. 23/1982

A differenza dello spoglio che priva il possessore della possibilità di esercitare il possesso su tutta o parte della cosa ed implica la modifica, in modo duraturo se non definitivo, della consistenza della cosa stessa, sicché il possessore non può ripristinarla se non mediante una reazione a sua volta fisicamente modificatrice, la molestia turba, ossia rende meno comodo o più difficile, l'esercizio del possesso altrui e non incide sulla consistenza della cosa, onde il possessore può tornare ad esercitare il possesso, nelle identiche condizioni di prima, senza a sua volta modificare la consistenza fisica della cosa.

Cass. civ. n. 4774/1978

L'azione di manutenzione del possesso può essere proposta non solo contro l'autore materiale della turbativa, ma anche contro l'autore morale, intendendosi per tale sia colui che abbia preventivamente dato incarico ad altri di porre in essere gli atti in cui la turbativa si concreta, o li abbia comunque autorizzati, sia colui che ex post abbia approvato gli atti medesimi, ritraendone profitto. Al fine dell'individuazione di detto autore morale, pertanto, l'indagine sul destinatario del vantaggio della molestia, pur non essendo di per sé decisiva, può spiegare rilievo come elemento di riscontro di quella preventiva autorizzazione o successiva approvazione.

Cass. civ. n. 642/1976

Ai fini della tutela possessoria contro le molestie di fatto al godimento dell'immobile assegnatogli l'assegnatario di un alloggio I.N.A.Casa con patto di futura vendita è panificabile al conduttore; pertanto egli, quale semplice detentore, non può avvalersi dell'azione di manutenzione ex art. 1170 c.c.

Cass. civ. n. 198/1976

Il criterio distintivo tra spoglio e molestia non è quantitativo, ma concettuale. La molestia si rivolge contro l'attività del possessore, disturbandone il pacifico esercizio mediante una contraria pretesa o mediante altri atti o fatti diretti a renderlo disagevole o scomodo; essa si misura per gradi ed è reprimibile con l'azione di manutenzione solo se supera la normale tollerabilità. Lo spoglio incide direttamente sulla cosa; esso non presuppone necessariamente la privazione totale del possesso, potendo anche concretizzarsi in una privazione solo parziale di esso, la quale consegua a qualunque arbitraria modificazione dello stato dei luoghi, perpetrata nella consapevolezza del divieto del possessore e che restringa, o riduca, le facoltà inerenti al potere da lui esercitato sulla cosa o, comunque, renda meno comodo l'esercizio del diritto.

Cass. civ. n. 3507/1975

La violazione delle distanze legali può dare luogo a molestia possessoria, contro cui è data l'azione di manutenzione, solo quando il possesso corrispondente al diritto di proprietà si concreta in uno stato di fatto presupponente il rispetto del limite legale. Non è data, pertanto, tutela possessoria a colui che lamenti l'avvenuta costruzione da parte del vicino nell'inosservanza della distanza di tre metri, di cui all'art. 873 c.c., dalla futura ed eventuale propria costruzione in sopraelevazione, poiché la lamentata inosservanza non viene a pregiudicare uno stato di fatto attuale ma incide solo sulla facoltà di sopraelevazione, tutelabile solo in sede petitoria.

Cass. civ. n. 3470/1975

Ai fini dell'azione possessoria di manutenzione occorre distinguere tra molestia di fatto, che si concretizza in fatti materiali esteriori, per cui il molestante opera direttamente e fisicamente sulla cosa, oggetto dell'altrui possesso, producendo in genere un mutamento esteriore dello stato di fatto preesistente con opere e fatti nuovi, e molestia di diritto, che consiste in una dichiarazione di volontà contenuta in un atto giudiziale o stragiudiziale rivolto a contestare l'altrui possesso senza incidere materialmente sulla consistenza del potere di fatto e, quindi, senza alcun mutamento obiettivo e concreto al possesso altrui; in tale seconda ipotesi, il possesso è posto solamente in pericolo e tale pericolo turba il godimento del bene, venendo in tal modo, ad intaccare il possesso.

Cass. civ. n. 3123/1975

Il conduttore di un immobile in edificio condominiale ha la detenzione, non il possesso, dell'immobile medesimo e delle parti comuni dell'edificio; quindi, ove molestato nel godimento di una parte comune dell'edificio, da parte di uno dei condomini che sostenga di essere stato autorizzato dall'assemblea condominiale a quell'uso che darebbe luogo alla pretesa molestia, non è legittimato ad esperire l'azione di manutenzione, la quale spetta esclusivamente al locatore.

Cass. civ. n. 921/1975

Agli effetti della tutela possessoria costituisce molestia ogni atto che modifichi il possesso altrui o ne renda più disagevole l'esercizio, ove sia compiuto volontariamente e con la coscienza di arrecare un siffatto turbamento, nonché con la consapevolezza del divieto espresso o tacito del possessore.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1170 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

M. D. N. A. chiede
giovedì 02/11/2023
“Io vivo a Miami, USA e dovevo partire ieri però sono ancora qua a Genova che penso cosa posso fare con un box dove uno che ha una Punto ha chiesto alla signora che fa pulizia a casa di mio padre se lo vendeva io ho chiesto una cifra, molto bassa per ignoranza del mercato, senza sapere che costava il doppio almeno. Non è finalmente successo niente, meno male non ha mai pagato neanche una caparra, io non ho mai fatto la
procura, non lo conosco in persona nemmeno, mai visto! Però la signora che parlava con lui ha dato sia le chiavi che un telecomando e lui ha messo dentro delle sue cose senza la mia autorizzazione e entra e esce come vuole. Io non ho potuto usare il mio box perché non so se sia sicuro mettere sia la macchina che le mie cose lì con uno che ha copia delle mie chiavi senza autorizzazione e dice che le cose non le porta via … non so cosa fare.

Mio zio mi dice di andare dai carabinieri prima di partire e chiedere aiuto e dire che è colpa di Gianna, questa signora che aiutava mio padre a casa, e la promotrice di questa invasione no autorizzata perciò arbitraria della nostra proprietà privata. Io la ho già licenziata ….

Cosa pensa lei?”
Consulenza legale i 13/11/2023
La situazione descritta nel quesito non è di facile soluzione perché non si è a conoscenza di tutti i dettagli della vicenda.
Inoltre, proporre un’azione giudiziaria ordinaria non servirebbe a garantire una rapida tutela per il proprietario.
È necessario, quindi, valutare l’opportunità dell’introduzione di un’azione possessoria o un’azione cautelare, caratterizzate da una maggiore celerità e da una procedura più snella.

Come azione possessoria potrebbe essere percorribile quella di manutenzione del possesso ai sensi dell’art. 1170 c.c.
Questa azione ha l’obiettivo di ottenere la tutela del possesso del proprio diritto reale su un bene immobile quando si ha subito una molestia.
È necessario però proporre l’azione entro un anno dall’inizio della turbativa.
Non sapendo quando l’attuale occupante del box abbia ottenuto le chiavi da una terza persona e abbia iniziato ad occupare abusivamente il box, si ritiene che sia necessario avere una prova certa di quando sia iniziata l’occupazione prima di introdurre questo tipo di azione.

Nell’incertezza del momento in cui sia iniziata l’occupazione o qualora sia già passato più di un anno, sembra che l’azione più efficace da intraprendere sia un procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c.
Il ricorso ex art. 700 c.p.c. ha la funzione di ottenere un provvedimento d’urgenza quando si ha la minaccia di un pregiudizio irreparabile e imminente e non ci sono altre azioni giudiziarie percorribili.

È necessario rivolgersi ad un legale che verificherà la sussistenza di tutti i presupposti e deciderà se intraprendere l’azione possessoria o l’azione cautelare su descritte.

Si evidenzia come questi interventi non servano a risolvere nell’immediato il problema, necessitando comunque di rivolgersi al giudice, sebbene con un procedimento più rapido rispetto all’ordinario.
Inoltre, una volta ottenuta una pronuncia favorevole al proprietario, se l’occupante non dovesse liberare il box spontaneamente, sarebbe necessario rivolgersi all’ufficiale giudiziario affinché metta in esecuzione il provvedimento del giudice.

È sicuramente utile anche rivolgersi alle forze dell’ordine e sporgere denuncia ai sensi dell’art. 633 del c.p..

Celina S. chiede
lunedì 12/04/2021 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, il terreno in questione apparteneva ad un unico proprietario, in questo terreno era già esistente un piccolo edificio rurale (fienile) successivamente nel 1979/84 è stata costruita una casa destinata all abitazione.
Nel 1988/89 il terreno fu frazionato in due parti dagli eredi del precedente proprietario (come da allegato ) la parte più grande diventa interclusa senza uscita sulla strada comunale e l altra parte più piccola con il fienile.
Nel 1991 mia suocera acquista il terreno con la casa, sempre nello stesso anno mio marito va ad abitare in quella casa ed inizia a ristrutturarla comportandosi come unico proprietario.
Nel 1998 io mi sposo con mio marito e vado ad abitare in quella casa dove abito tuttora con mio figlio, tra il nostro terreno e quello del fienile non sono mai esistiti né recinzioni né confini visibili ed è anche vero che per più di 20 anni non ho mai visto il proprietario di quel terreno per cui non sapendo la posizione esatta dei confini lo abbiamo trattato come se fosse nostro prendendocene e cura ( taglio dell erba e manutenzione) e costruendo anche una servitù di passaggio carrabile e pedonale con regolare permesso dal comune.
Preciso anche che sotto il terreno in questione passano tutti i tubi pluviale, fognatura e condotti elettrici.
Nel 2007 mia suocera a nostra insaputa fa un atto di donazione della nostra casa a sua figlia.
Nel 2012 si presenta un erede del piccolo terreno dicendo che lo vuole vendere ma che prima deve fare la proposta al proprietario della casa così veniamo a sapere della donazione, successivamente te mia cognata rifiuta di comprarlo e anche noi rifiutiamo vista la situazione.
Nel 2012 mio marito inizia una causa contro mia cognata per usucapione e i tentazione della quota legittima, ma poco dopo viene a mancare per cui il proseguimento della causa lo farò io.
Nel 2016 il piccolo terreno con fienile viene acquistato e da lì iniziano a sorgere una serie di problemi, il signore che ha acquistato il terreno ha eretto un muro in cemento con rete metallica proprio davanti casa mia ( distanza minima 50 cm distanza massima 150 cm ) ostruito anche la scala adibita all ingresso nella casa. Gli altri danni provocati sono la demolizione dell ingresso pedonale con citofono e cancello costruito nel 1991 con regolare permesso, lasciandomi così un passaggio carrabile anche quello diminuito a causa di un ostacolo ( gradino ).
Nel 2019 io ottengo l usucapione della casa in cui abitavamo e subito dopo ho dovuto iniziare una causa per servitù di passaggio e ripristino dello stato dei luoghi, sto aspettando la mediazione che dovrebbe avvenire tra poco .
Le mie domande sono:
Che azione potrei compiere per far spostare il muro in cemento più lontano da casa mia alla distanza prevista dalla legge ?
Che probabilità ho di vincere la causa per usucapione della servitù di passaggio e il ripristino dello stato dei luoghi?
Posso chiedere il risarcimento del danno per i danni materiali e morali a me provocati e per l impossibilità di entrare dalla scala in casa mia ?
Nel attesa della risposta vi porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 19/04/2021
Rispondiamo alle diverse domande nel medesimo ordine in cui sono state poste.
Quanto alla prima questione, relativa al muro costruito a distanza "ravvicinata" (per usare un eufemismo), la realizzazione dello stesso, in astratto, potrebbe dar luogo ad un’azione di manutenzione (art. 1170 c.c.), che è uno degli strumenti previsti dal codice civile a tutela del possesso (in questo caso, l’esercizio della servitù di passaggio, a prescindere dall’effettiva esistenza di un diritto di servitù, che nel nostro caso è ancora oggetto di contestazione).
Tuttavia, nel quesito non viene specificato in quale periodo fu costruito il muro di cui trattasi, anche se sembra di comprendere che ciò sia avvenuto poco dopo l’acquisto del fondo confinante, risalente al 2016. Ora, l’azione di manutenzione può essere proposta solo entro l’anno dalla turbativa del possesso; pertanto è probabile che tale termine sia già scaduto.
In alternativa all’azione possessoria, è possibile in linea teorica verificare la proponibilità di un’azione per il rispetto delle distanze legali. In proposito, però, bisogna tenere conto di altri dati: ad esempio, la collocazione del muro - non viene chiarito se esso si trovi sulla linea di confine - e la distanza dal confine dell’immobile di chi pone il quesito. Ma, soprattutto, risulta già proposta un’istanza di mediazione relativa sia all’accertamento della servitù di passaggio, sia al “ripristino dello stato dei luoghi”, per cui non è chiaro se quest’ultima ricomprenda anche la demolizione o, quanto meno, l’arretramento del muro.
Tutte le questioni appena evidenziate sono suscettibili di approfondimento, nel caso in cui vengano fornite maggiori informazioni. Non è, invece, possibile rispondere alla seconda domanda, riguardante la probabilità di vittoria nella causa per l’usucapione e il ripristino dello stato dei luoghi: innanzitutto perché occorrerebbe conoscere maggiori dettagli ma (e questo è il vero ostacolo) perché non è possibile azzardare previsioni sull’esito di un giudizio, che dipende - come ripetiamo spesso nelle nostre consulenze - da molte variabili, prima fra tutte l’opinione che si formerà il giudice.
Infine - passiamo alla terza domanda - la possibilità di chiedere un risarcimento del danno presuppone che sia stato posto in essere un fatto illecito, che va individuato: pertanto è necessario capire se si vuole, e se si può, far valere il mancato rispetto delle distanze legali oppure della servitù di passaggio (quest’ultima, tuttavia, è in fase di accertamento).
Fin qui abbiamo parlato, però, di illecito civile: dobbiamo aggiungere infatti che la costruzione del muro, unitamente alla riferita demolizione dell’ingresso pedonale, presenta anche profili di rilevanza penale. In altre parole, potrebbero esservi gli estremi di un reato. Si tratta di questione che necessita di approfondimento, a cominciare proprio dall’epoca di realizzazione degli interventi.
Nel caso in cui siano effettivamente ravvisabili gli estremi di un reato, e sempre che questo sia ancora punibile, sarà possibile chiedere il risarcimento dei danni (compresi quelli morali) nello stesso processo penale o iniziando un’apposita causa in sede civile.
Come si vede, le questioni da esaminare sono numerose, e occorre tenere conto anche del fatto che nel frattempo sono state intraprese delle iniziative (come l’istanza di mediazione); ci rendiamo, dunque, disponibili a fornire ulteriori chiarimenti, a fronte di maggiori dettagli sulla vicenda.

Andrea C. D. L. chiede
sabato 26/12/2020 - Lombardia
“Spettabile Redazione Giuridica,
Vi chiedo un parere su una questione riguardante l’invasione di proprietà privata.
Possiedo un appartamento al piano terra di un immobile di 2 piani e al 2° piano vi sono due appartamenti di proprietà di mio fratello. Tutti gli appartamenti sono affittati. Tutto il terreno intorno alla casa è pertinenza della mia proprietà e solo da un lato della casa vi è un diritto di accesso a favore degli occupanti dei due appartamenti del secondo piano per accedere ai rispettivi garage. Il mio inquilino ha il garage posto sotto l’abitazione con accesso sempre da quella parte di terreno, da cui parte anche uno scivolo.
Da qualche tempo, uno degli occupanti dell’appartamento soprastante lascia sul passaggio vari materiali quali carrozzine, barbecue, sedie e tavoli, ombrelloni, giochi vari ecc.
Il mio inquilino si è rivolto a me perché interceda presso mio fratello per invitare il suo inquilino a riporre questi materiali nel suo garage in quando non usato per ricoverare l’auto (il garage in questione è al momento adibito ad officina di fabbro per arrotondare lo stipendio). Si è disposti a lasciare giocare i bambini purché non rimangano i giochi sulla proprietà in modo permanente, anche perché la presenza di materiali impedisce il passaggio di veicoli verso il garage del mio inquilino.
L’intervento di mio fratello non ha sortito effetti apprezzabili.
Vi chiedo come posso risolvere questa situazione: io come proprietario o il mio inquilino come conduttore, possiamo rimuovere e smaltire i materiali posti sulla mia proprietà sulla quale c’è solo un diritto di passaggio e non di utilizzo? È necessario prima avvisarlo? O c’è un altro modo per intimargli di lasciare libero il passaggio, che fra l’altro ostacola anche il passaggio al mio inquilino verso lo scivolo che conduce al garage da lui locato?
Infine, sempre la stessa persona ha anche trasformato in orto una porzione di terreno a lato del passaggio che era stata lasciata come aiuola per dei fiori decorativi.
Attendo vostro parere legale.
Distinti saluti.
Andrea”
Consulenza legale i 30/12/2020
Nella presente vicenda possiamo parlare di un diritto di servitù di passaggio.
Leggiamo infatti di un “diritto di accesso” in favore degli appartamenti del piano secondo per potere accedere ai rispettivi garage.
Nel quesito non è specificato come questa servitù sia nata, se per contratto o per usucapione o destinazione del padre di famiglia. Laddove risulti in un contratto sarebbe utile verificare cosa di preciso era stato previsto.

Ad ogni modo, in linea generale, un diritto di servitù di passaggio comporta, appunto, la mera facoltà di transito e non anche di deposito di oggetti altrimenti si avrebbe un illegittimo ampliamento della servitù (salvo che, appunto, in un contratto venga stabilito diversamente).
Orbene, la circostanza temporanea che il garage non venga usato per il parcheggio di auto non fa venire meno il diritto di passaggio e nello stesso tempo non consente ovviamente di poter lasciare oggetti sullo spazio adibito al transito.

Ciò posto, rimuovere direttamente i materiali di proprietà degli occupanti dell’appartamento sovrastante non è consigliabile.
Dato che le richieste verbali non hanno sortito effetto, suggeriamo di inviare una diffida scritta formale in cui si intima di lasciare il passaggio libero da oggetti onde consentire il transito ai garage, riservandosi tutela legale in caso di mancato riscontro.
Laddove neanche una diffida formale produca un risultato, resterebbe da intraprendere una azione possessoria a tutela dell’esercizio della servitù di passaggio impedita dal collocamento di oggetti sul percorso.
Infatti un tale tipo di comportamento se non spoglio (art. 1168 c.c.) può comunque integrare una molestia nel possesso (art.1170 c.c.).
Il soggetto che potrebbe azionare tale tipo di tutela è il proprietario del garage che vede ostacolato e/o limitato o molestato il suo diritto di passaggio.
Il conduttore in quanto detentore e non possessore del garage riteniamo non sia legittimato attivo. Come ha osservato la Suprema Corte con la sentenza n. 3123/1975: “Il conduttore di un immobile in edificio condominiale ha la detenzione, non il possesso, dell'immobile medesimo e delle parti comuni dell'edificio; quindi, ove molestato nel godimento di una parte comune dell'edificio, da parte di uno dei condomini che sostenga di essere stato autorizzato dall'assemblea condominiale a quell'uso che darebbe luogo alla pretesa molestia, non è legittimato ad esperire l'azione di manutenzione, la quale spetta esclusivamente al locatore".

In ogni caso, la prima cosa da fare è inviare una lettera raccomandata all'inquilino intimandogli la immediata cessazione dell'illegittimo comportamento e avvisandolo che in mancanza si procederà per le vie legali. Sarà anche bene comunicargli che in più riprese è stato acquisito materiale fotografico relativamente allo stazionamento di oggetti vari che impediscono il passaggio: ciò al fine di documentare che si tratta di un comportamento reiterato e continuativo e non occasionale.

Quanto alla trasformazione in orto di una parte del terreno adibita a giardino con fiori escludiamo che possa integrare il reato di danneggiamento ai sensi dell’art. 635 c.p. Tutto al più può essere chiesto un risarcimento danni pari al costo sostenuto per l’acquisto dei fiori.
In ogni caso, anche tale comportamento è opportuno che venga segnalato e contestato nella diffida formale di cui sopra.

Giuseppe C. chiede
sabato 20/07/2019 - Marche
“Condominio: come da atto notarile allegato, ho acquistato una servitù di passaggio dalla società (omissis) che ha lottizzato, ai confine con la mia area, un terreno. Come da allegata planimetria, ho diritto di transito su tutta la superficie colorata ivi compreso un'area (colorata in rosso) attualmente a parcheggio (la società doveva costruire ma è fallita).
Pago regolarmente le spese condominiali, ma quel condominio NON MI CONSIDERA CONDOMINO per cui mi crea problemi e quando, per lavori, devo chiamare degli operai che devono attraversare la mia strada di passaggio, e per l'utilizzo, (da parte mia e/o degli operai che devono eseguire lavori nell'area), di provvisoriamente parcheggiare l'automezzo nel parcheggio condominiale opponendo resistenza anche fisica..
Chiedo:
1. se, quale condomino, posso utilizzare (anche per parcheggi) l'intera area condominiale o i miei diritti sono limitati al solo passaggio;
2. se detto passaggio si intende personale o fruibile da tutti i mezzi, anche quelli chiamati per eseguire prestazioni lavorative (la mia area é interclusa per cui ho comprato la servitù);
3. se non rientri nei compiti dell'amministratore spiegare ai condomini la situazione reale in luogo di lavarsene le mani lasciando si determinino controversie anche giudiziarie.”
Consulenza legale i 03/09/2019
In data 28.10.94 con scrittura privata autenticata nelle firme da Notaio, il legale rappresentante di una società costituiva sopra il suo fondo, il quale in forza di ciò diverrà servente, una servitù di passaggio pedonale e carrabile (da esercitarsi sulla sua intera superficie) a favore del fondo di proprietà dell’autore del quesito il quale diverrà in forza di ciò fondo dominante.
La costituzione di detta servitù si è resa necessaria in quanto, per le caratteristiche dei luoghi, il fondo dominante era intercluso e quindi non aveva sbocco sulla pubblica via.
In virtù del rogito che si è sopra citato e della sua successiva trascrizione nei registri immobiliari, la servitù è opponibile anche ai futuri proprietari del fondo servente (in questo caso i condomini del palazzo), i quali sono tenuti a rispettare tale vincolo.
È opportuno precisare come l’art. 1027 del c.c. ci dice che la servitù sia un peso posto su un fondo (detto servente), per l’utilità di un altro fondo (detto dominante); in altre parole con la servitù si va a limitare il diritto di proprietà e nello specifico la sua facoltà di godimento del fondo servente per incrementare l’utilità del fondo dominante, e quindi, conseguentemente, avvantaggiare il suo proprietario.
Proprio perché la servitù costituisce un grosso limite al diritto di proprietà del fondo servente, il contratto che la costituisce non può tollerare una interpretazione estensiva. Se, come nel caso di specie, si costituisce una servitù di passaggio pedonale e carrabile, ciò significa che il proprietario del fondo dominante ha solo il diritto di transitare a piedi o con dei mezzi, sulla intera area del fondo servente, non potendo ricomprendere il diritto di parcheggiare o far sostare automezzi su tale area. Tale facoltà rientrerebbe in una servitù di parcheggio, la quale, tuttavia, non è stata costituita per mezzo del rogito dato in visione.
Alla luce di quanto detto, il fondo dominante di proprietà dell’autore del quesito può avvantaggiarsi solo del semplice transito di automezzi (siano essi ordinari o da lavoro: in questo senso il contratto costitutivo del diritto di passaggio non pone limiti), senza che gli stessi abbiano la possibilità di sostare e parcheggiare nelle aree comuni del condominio.

È importante sottolineare come il fatto che un fondo intercluso vanti un diritto di servitù nei confronti di aree di parcheggio condominiale, non attribuisce la qualifica di condomino al proprietario di detto fondo: tale qualifica viene assunta solo se si è proprietari in via esclusiva di una porzione del fabbricato condominiale, per esempio: un appartamento, un garage, un ufficio, un negozio ecc. ecc.
Se quindi l’autore del quesito è proprietario in via esclusiva di una porzione del fabbricato condominiale, egli acquisisce la qualifica di condomino in virtù del rogito di acquisto di tale proprietà (e non del rogito costitutivo della servitù), assumendo anche tutti i diritti (e doveri) sulle parti comuni dell’edificio. In altre parole, egli in quanto condomino potrebbe parcheggiare gli automezzi propri, di eventuali ospiti o suoi addetti, sull’area di parcheggio condominiale, fermo restando il rispetto del regolamento di condominio (se esistente), delle norme regolanti la materia condominiale, ed in particolare garantendo ai sensi dell’art.1102 del c.c. che gli altri proprietari condomini possano fare parimenti uso della cosa comune.

Tornando a concentrarci sul diritto di servitù, rimanendo esclusa la possibilità di parcheggio, rimane pieno diritto del proprietario di transitare a piedi o con i mezzi attraverso l’area condominiale, e qualsiasi comportamento dei proprietari del fondo servente (i condomini) volto ad impedire o rendere più difficoltoso l’esercizio di tale diritto è assolutamente contrario alle norme di legge e di contratto. Le azioni che sono state descritte, costituiscono un tipico caso di comportamenti volti a molestare l’esercizio di un diritto reale sopra un immobile (la servitù di parcheggio, per l’appunto). Ai sensi dell’artt.1170 del c.c. e 703 e ss. del c.p.c. sarà, quindi, possibile adire il giudice al fine di chiedere contro il condominio e i suoi componenti l’emissione di un provvedimento cautelare urgente, teso alla cessazione di ogni comportamento molesto, per poi iniziare, sempre nei confronti del condominio, una causa di merito volta ad accertare e dichiarare l’esistenza del diritto di servitù di passaggio pedonale insistente sopra il parcheggio condominiale, in quanto fondo servente, e a favore del fondo dominante di proprietà dell’autore del quesito. In questa sede, se configurabile, si potrà altresì richiedere ai singoli proprietari del condominio anche un risarcimento danni derivanti da tutti quei comportamenti tesi ad impedire il pacifico godimento della servitù. L’azione di manutenzione di cui all’art.1170 del c.c. è soggetta ad un ristretto termine di decadenza, in quanto può essere proposta entro un anno dalla turbativa nel possesso. Vi è da dire, però, che in base a quanto riferito nel quesito, i comportamenti molesti non sono episodici ma continuativi nel tempo, e ciò permette di ricomputare il termine annuale al compimento di ogni singola condotta molesta. Ovviamente, per quanto sopra detto, l’azione giudiziaria sarà volta alla tutela del solo diritto di passaggio, poiché nessun diritto di parcheggio è mai stato costituito.
Vi è da dire però, che ogni condotta tenuta dai condomini tesa ad impedire fisicamente il transito o anche il parcheggio degli automezzi, al di là del fatto che il diritto su cosa altrui possa configurarsi come servitù di passaggio pedonale-carrabile piuttosto che di parcheggio, oltre ad essere vietate ai sensi della normativa civilistica, potrebbero essere sanzionabili anche da un punto di vista penale, in quanto integranti il reato di cui all’art. 392 c.p.: esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose.

In merito alla posizione tenuto dall’amministratore di condominio, il quesito non fornisce elementi sufficienti per dare un parere completo. Vi è da dire che i compiti principali dell’amministratore sono: di amministrare le cose comuni e di dare esecuzione alle delibere adottate dalla assemblea dei condomini. In quanto tecnico e professionista, può sicuramente esercitare un suo implicito potere di consiglio nei confronti dei proprietari, ma non ha alcun potere per far cessare i comportamenti molesti verso l’esercizio di un diritto di servitù tenuti dai condomini amministrati.


Francesco C. chiede
martedì 22/01/2019 - Campania
“Possono essere assegnati, anche se per sorteggio, posti auto che si intercludono tra loro oppure intercludono il corridoio di accesso ad altre proprietà od addirittura impediscono il posizionarsi di automezzi per eventuali traslochi?”
Consulenza legale i 27/01/2019
La giurisprudenza oramai costante ha ritenuto pienamente valida la delibera condominiale che dispone l’uso turnario della cosa comune, in quanto essa non viola, ma anzi valorizza e attua quanto disposto dal 1°comma dell’art 1102 del c.c., norma applicabile anche in ambito condominiale per via del rinvio effettuato dall’art. 1139 del c.c.
La prima parte dell’art 1102 del c.c. dispone che:” Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto…” La regolamentazione dell’uso della cosa comune deve essere strutturata in modo tale da agevolare e migliorare l’utilizzo della cosa e non da ostacolarlo, in caso contrario le regole che si sono dati i comproprietari in merito all’uso del bene, da strumento per attuare il fondamentale principio racchiuso nell’art 1102 del c.c., diventa un mezzo per violarlo.
In questo senso, quindi, quando la regolamentazione dell’uso della cosa comune diventa in realtà un mezzo per concretizzare azioni che integrano uno spoglio o una molestia nel possesso, è possibile esercitare le azioni previste dagli artt. 1168 e 1170 del c.c., con eventuale richiesta di risarcimento danni.

Le azioni possessorie e il conseguente risarcimento, infatti, sono rimedi che vengono riconosciuti anche da chi si trovi in una situazione di compossesso con altri comproprietari, i quali impediscano con il loro comportamento di fare uso della cosa comune (si veda in questo senso Cass. Civ., Sez. II, n. 13747 del 20.09.2002 e Cass. Civ.,Sez.II, n.11486 del 12.05.2010).
La differenza tra l’azione di spoglio di cui all’art. 1168 del c.c. e l’azione di manutenzione di cui all’art. 1170 del c.c., è ormai ampiamente chiarita dalla giurisprudenza di legittimità: "integrano spoglio gli atti che privano il possessore o il detentore della disponibilità o del godimento dell'intera cosa o di parte di essa, sono da qualificarsi come molestia quei comportamenti che non incidono sulla consistenza materiale della cosa, ma impediscono l'esercizio del potere di fatto su di essa o lo rendono più difficoltoso" (si veda su tutte Cass. Civ., Sez.II, n.12258 del 30.05.14).

Affinché si possa esperire vittoriosamente le due azioni sopra descritte, colui che si ritiene spogliato o molestato nel possesso deve assolvere in giudizio l’onere di provare i due elementi delle azioni possessorie: l’elemento oggettivo e l’elemento soggettivo.
L’elemento oggettivo si prova andando a dimostrare la perdita del potere di fatto sulla cosa per quanto riguarda l’azione di spoglio, oppure, per quanto riguarda l’azione di molestia, il comportamento che abbia modificato, ristretto o in ogni caso pregiudicato il legittimo possesso altrui o modificato e alterato apprezzabilmente le modalità di esercizio.
L’elemento soggettivo si prova, invece, andando a dimostrare, per quanto riguarda l’azione di spoglio, la volontà di chi pone in essere lo spoglio di agire contro la volontà di chi esercita un legittimo possesso; per quanto riguarda l’azione di manutenzione, invece, dimostrando l’animus turbandi, cioè la volontà dell’autore della turbativa di compiere o tenere un comportamento, contro la volontà del legittimo possessore, che vada a limitare, alterare o modificare il possesso altrui.

Sia l’azione di spoglio che l’azione di manutenzione devono essere instaurate entro l’anno dal sofferto spoglio o dalla sofferta turbativa. Il termine imposto dal legislatore può sembrare a prima vista breve, ma in un contesto condominiale come quello descritto dal quesito, dove i comportamenti molesti paiono ripetersi in maniera continuativa, il termine annuale non rappresenta un particolare problema, in quanto lo stesso ricomincia a decorrere dal momento in cui viene posto in essere dagli altri condomini un nuovo comportamento lesivo del possesso.
Da un punto di vista della legittimazione a proporre le azioni possessorie, è opportuno precisare che in un contesto condominiale tale tipo di azione, esercitata per tutelare il pacifico godimento e utilizzo da parte di tutti i condomini delle parti comuni dell’edificio, può essere proposta sia dai singoli proprietari che dall’amministratore, in qualità di rappresentante istituzionale di questi ultimi.
L’art. 1130 n. 4) del c.c. dispone che l’amministratore può: "compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio". Tale potere dell’organo amministrativo è interpretato dalla giurisprudenza costante in senso estensivo, facendovi rientrare anche la possibilità di instaurare azioni possessorie sia contro gli stessi condomini, sia contro terzi soggetti autori di azione di spoglio nel possesso sulle parti comuni dell’edificio.
Rientrando la facoltà appena descritta nei perimetri dei poteri dell’organo amministrativo descritti dall’art. 1130 del c.c., l’amministratore, a mente del successivo art. 1131 del c.c., può stare in giudizio personalmente senza una specifica autorizzazione assembleare; in altre parole egli, in teoria, potrebbe dare mandato ad un legale, senza la previa autorizzazione assembleare.
Ai sensi dell’art 703 c.p.c., le azioni possessorie vengono proposte con ricorso innanzi al tribunale nel cui circondario è sito l’immobile oggetto del possesso, ed essendo un procedimento cautelare è caratterizzato da una istruttoria piuttosto celere, e termina con una ordinanza che, se il ricorrente avrà adeguatamente assolto gli oneri probatori appena descritti, ordinerà ai condomini convenuti di cessare tutti quei comportamenti che hanno causato o una privazione o una limitazione nell’esercizio del possesso dei beni condominiali. Entro 60 giorni dalla comunicazione della ordinanza alle parti, il giudice fissa innanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito, se richiesto da uno dei contendenti. In tale giudizio, caratterizzato da una istruttoria piena ed approfondita, il condomino che si ritiene leso o molestato nel possesso, oltre a ribadire ed approfondire le difese già espresse nella precedente fase cautelare, potrà chiedere al giudice di condannare la parte convenuta al risarcimento danni per la subita perdita o molestia del possesso.


Raniero A. chiede
domenica 11/02/2018 - Lazio
“Abito al primo piano di un condominio dove il mio appartamento è diviso da quello di fronte da un pianerottolo di accesso comune. L'inquilina di fronte, dopo lunghi lavori all'interno, da alcuni mesi ha collocato su un lato del pianerottolo una catasta di scatoloni di cartone (di cui ignoro il contenuto) che, pur non impedendo l'accesso ai due appartamenti, costituisce un elemento di forte oltraggio al decoro dell'ambiente. Alle nostre ripetute richieste di rimuovere gli scatoloni, dato il lungo tempo trascorso e il fatto che il pianerottolo comune non può essere usato come deposito permanente di oggetti per di più indecorosi, l' inquilina in questione ha dato diverse assicurazioni verbali rimaste senza seguito. Identico esito negativo ha avuto una mia lettera, redatta in termini pacati ma fermi. Che tipo di azioni possono essere adottate per ottenere il ripristino di condizioni di decoro del pianerottolo?”
Consulenza legale i 15/02/2018
Anche nel condominio di edifici la regola applicabile al caso di specie è quella dettata dall’art. 1102 c.c. sulla comunione, per la quale ciascuno dei comproprietari può servirsi della cosa comune ma con il rispetto di due limiti:
1) non alterare la normale destinazione della cosa stessa;
2) non impedire agli altri comproprietari di farne ugualmente uso secondo il proprio diritto.

Ebbene, nella fattispecie in esame non viene in considerazione la prima ipotesi, poiché – come specificato anche nel quesito – il passaggio agli appartamenti è comunque garantito e gli scatoloni non sono d’intralcio.
Tuttavia, l’uso prolungato del pianerottolo quale sorta di deposito privato è sicuramente non consentito sulla base del secondo dei limiti sopra evidenziati.
Basti pensare che nei seguenti casi, analoghi nella sostanza a quello in esame, la giurisprudenza ha negato il diritto d’uso: uso permanente del cortile comune come parcheggio, utilizzo di un cortile per lo scarico di rifiuti, uso di parte del fondo comune come cava di ghiaia, ecc.

Per quanto riguarda le azioni da intraprendere, occorre procedere per gradi, nella speranza che la vicina di casa comprenda finalmente la serietà del problema e decida di rimuovere gli scatoloni.
Si tratta, nel caso di specie, di bene comune condominiale, per cui – non avendo sortito alcun effetto la lettera del condòmino dirimpettaio - va a questo punto legittimamente coinvolto tutto il condominio. Anche se sul pianerottolo, infatti, abitano solo due persone si tratta pur sempre di uno spazio comune, come si diceva, dell’intero edificio.

Ad avviso di chi scrive, bisognerebbe chiedere come prima cosa all’amministratore la convocazione di un’assemblea straordinaria per discutere dello specifico problema e deliberare un’eventuale azione nei confronti della condòmina irrispettosa dei precedenti avvertimenti.

Si rammenta che in materia condominiale è obbligatorio, prima di rivolgersi al Giudice, esperire preventivamente una procedura di mediazione: essa si svolge entro un arco temporale molto breve (tre mesi al massimo) e viene gestita da un mediatore che non è un Giudice (ovvero non decide secondo diritto) ma semplicemente – come suggerisce il suo nome – “media” tra le parti, aiutandole a trovare una soluzione condivisa.
Si ritiene che la mediazione abbia buone probabilità di successo nel caso in esame, perché la problematica è semplice e la controversia risolvibile con il buon senso, evitandosi inutili spese legali.
Se anche questo non dovesse servire, esiste purtroppo quale unica possibilità residua quella di promuovere un giudizio civile vero e proprio, in cui far valere la violazione dell’art. 1102 c.c. citato.

Ad avviso di chi scrive, in alternativa al giudizio ordinario, sia il singolo condòmino che il condominio potrebbero promuovere un’azione a tutela del possesso, chiamata “azione di manutenzione” e disciplinata dall’art. 1170 c.c..: “Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo. L’azione è data se il possesso dura da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non è stato acquistato violentemente o clandestinamente. (…)”.
La “molestia” di cui parla la norma viene definita come quel fatto che restringe o modifica il possesso altrui; il disturbo arrecato a quest’ultimo dev’essere apprezzabile e reiterato o reiterabile; il possessore che agisca lo deve essere da almeno un anno e non deve essere trascorso – parimenti – oltre un anno dal primo atto di turbativa.
Nella fattispecie in esame parrebbero integrati i presupposti per chiedere la cessazione della molestia della vicina attraverso l’azione sopra descritta la quale, rispetto ad un giudizio ordinario, ha il vantaggio di essere più celere e meno formale.

F. R. chiede
mercoledì 07/06/2023
“Il confine tra il mio terreno e quello del vicino è delimitato da un muretto divisorio in blocchi di arenaria incementati alto circa 30 cm, sul quale poggiano paletti in ferro che sorreggono una rete metallica alta circa 1,50.
Il muretto e la rete, per una lunghezza di circa m 7,20, sono stati costruiti a mie spese e sul mio terreno 30 anni fa, mentre la restante parte, di circa m 8, è stata costruita circa 18 anni fa in comune da me e dal precedente proprietario del terreno confinante.
Circa un mese fa il confinante ha legato alla rete metallica dal suo lato e per tutto la lunghezza della rete, una stuoia in plastica di pari altezza della rete, senza richiedere il mio consenso.
Pertanto desidero sapere se egli ha il potere di modificare unilateralmente la recinzione, considerato che:
a) raffiche di vento piuttosto sostenute possono senz’altro piegare o addirittura sradicare sia i paletti di sostegno che la rete metallica a causa della aumentata resistenza al ventol;
b) subisco una intollerabile alterazione estetica della recinzione;
c) subisco una diminuzione di aria e luce.
Nel caso che l’operato del vicino sia illegittimo, desidero inoltre sapere che tipo di azione giudiziaria conviene intraprendere al fine di ottenere un più rapido accoglimento delle mie ragioni.”
Consulenza legale i 13/06/2023
La norma in forza della quale si ritiene che il vicino abbia deciso di porre in essere il comportamento che si vorrebbe contestare è l’art. 880 c.c., il quale sancisce una presunzione di comunione del muro che serve di divisione tra edifici nonché tra cortili, giardini e orti o tra recinti nei campi.
La presunzione di comunione posta da tale norma è volta sostanzialmente a limitare le liti che potrebbero sorgere tra vicini, per l'estrema difficoltà di accertare, nei singoli casi, la proprietà del muro divisorio.

Trattasi di presunzione c.d. iuris tantum, la quale, per consolidato orientamento giurisprudenziale, può essere vinta soltanto dalla prova che il muro è stato costruito interamente sul suolo di proprietà esclusiva di uno dei due confinanti.
Tre sono i presupposti richiesti per l’operatività della presunzione di comunione del muro divisorio (così Cass. n. 6678/1999), e precisamente:
1) che sorga su un suolo comune ad entrambi i proprietari confinanti.
Perché un muro sia divisorio deve sorgere sul confine tra i due fondi; se invece esso sorgesse per intero su un fondo, verrebbe meno il fondamento della presunzione, perché mancherebbe la possibilità della costruzione a spese comuni. Nel caso in cui il muro sia divisorio solo per un tratto, la presunzione varrà solo per questo tratto e non per la restante parte.

2) che serva di divisione tra edifici, cortili, giardini e orti appartenenti a proprietari diversi.
La presunzione di comunione opera solo se si tratti di muri divisori tra gli immobili indicati nel 2° co.: l'enumerazione deve ritenersi tassativa e non può estendersi ad altri casi, trattandosi di presunzione che opera in deroga ai principi generali delle prove.

3) che manchino su di esso sporti e simili o altri elementi contrari indicati dall'art. 881 del c.c..

Nel caso di comunione del muro divisorio ciascuno dei comproprietari va considerato come proprietario, sia pure pro quota, dell'intero muro e del suolo ad esso sottostante in ogni sua parte, e non invece come proprietario esclusivo di una metà del muro. La linea di confine non si identifica pertanto con la linea mediana del muro, ma con il muro comune in tutta la sua estensione e ampiezza (così Cass. n. 340/1980).

Ebbene, nel caso in esame non vi può essere alcun dubbio sulla ricorrenza dei presupposti di cui ai superiori nn. 2) e 3), mentre è soltanto sul presupposto di cui al n. 1) che potrebbe portarsi avanti un’eventuale azione volta a contrastare il comportamento arbitrariamente posto in essere dal confinante.
Si tratterebbe, infatti, come viene detto nel quesito, di riuscire a dimostrare che quel muro, o almeno una parte dello stesso, è stato realizzato su proprio suolo ed a proprie spese.
Tale prova consentirebbe di farne venir meno la presunzione di comunione, con evidente e conseguente illegittimità dell’atto materiale posto in essere dal confinante.
Per quanto concerne le forme di tutela, a parte una preventiva e necessaria lettera con la quale diffidare il vicino a rimuovere la stuoia in plastica in quanto apposta su un muro di proprietà altrui, sarà possibile agire in giudizio con un’azione possessoria, e precisamente con l’azione di manutenzione del possesso ex art. 1170 del c.c. c.c., azione esperibile entro il termine di un anno dal compimento dell’atto lamentato e per la quale sarà necessario avvalersi del patrocinio di un legale.

R. C. chiede
sabato 05/11/2022 - Lombardia
“Buongiorno, vorrei una consulenza su una servitù di passo. Per raggiungere la mia casa devo percorrere una strada privata di circa 300 metri che ha vari proprietari (per esempio io sono proprietario di un tratto centrale di circa 50 metri). Come riporta l'atto notarile tutti i proprietari devono lasciare libera una striscia di terreno di larghezza 5 metri costanti da adibire appunto a strada dove tutti gli attuali acquirenti, eredi e aventi causa avranno reciproco diritto di passo carrabile e pedonale. Nel ultimo tratto di strada di circa 30 metri prima del cancello che porta al mio domicilio i proprietari della casa prima della mia e del tratto di 30 metri parcheggiano in modo selvaggio e voluto x dispetto restringendo la strada anche a circa due metri (con i garage che hanno in teoria ci sarebbe posto per tutte le loro auto ) e a volte capita che se hanno visite mi ritrovo una macchina davanti al mio cancello). Tutto questo è lecito? Grazie in anticipo per la risposta”
Consulenza legale i 12/11/2022
Il comportamento di “parcheggio selvaggio” descritto nel quesito è sicuramente illegittimo, in quanto attuato in violazione delle previsioni contrattuali; inoltre, la circostanza che autovetture appartenenenti a estranei ostruiscano a volte il passaggio risulta illecita anche a prescindere dal contratto, come si vedrà tra poco.

Ora, da un punto di vista civilistico, al fine di stabilire quali siano i mezzi di tutela applicabili contro tali comportamenti è necessario verificare se l’obbligo di lasciare libera una determinata striscia di terreno, con il correlativo diritto di passaggio in favore degli altri comproprietari, costituisca effettivamente una servitù, dunque un diritto reale di godimento o, piuttosto, un diritto di natura personale.
Il principale criterio per distinguere le due situazioni è dato dalla cosiddetta inerenza al fondo: ovvero, la servitù viene costituita per un vantaggio proprio del fondo e segue le vicende di quest’ultimo, mentre il diritto personale rappresenta un vantaggio solo per il soggetto, o i soggetti, cui viene attribuito. Si veda in proposito Cass. Civ., Sez. III, 20/11/2002, n. 16342: “il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà per i privati di costituire servitù meramente personali (cosiddette "servitù irregolari"), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo bensì del singolo proprietario di quest'ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale, inidonea alla costituzione di un diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell'ambito del diritto d'uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o di contratti affini, quali l'affitto e il comodato”.
Ciò premesso, la qualificazione del diritto di passaggio come servitù, cioè come diritto reale di godimento, comporta la possibilità di reagire ad eventuali molestie nell’esercizio della stessa con l’azione di manutenzione, prevista dall’art. 1170 del c.c., purché il possesso (nel nostro caso, della servitù) duri da oltre un anno, continuo e non interrotto, e non sia stato acquistato violentemente o clandestinamente.

Al di là dei profili e delle problematiche di ordine civilistico, va aggiunto che comportamenti quali quelli descritti nel quesito possono assumere rilevanza penale, ai sensi dell'art. 610 del c.p.. Infatti, secondo un orientamento consolidato della Cassazione penale (si veda per tutte la recentissima pronuncia della Sez. V, 02/02/2022, n. 22594), “integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo l'accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione”.
Va ricordato che, sotto il profilo penalistico, la responsabilità appartiene al singolo conducente che abbia posto in essere il “parcheggio selvaggio”, poiché la responsabilità penale è, appunto, personale.

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