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Visita fiscale INPS, il certificato del medico curante non č legge, il datore di lavoro puņ contestarlo: ecco cosa rischi

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Visita fiscale INPS, il certificato del medico curante non č legge, il datore di lavoro puņ contestarlo: ecco cosa rischi
Anche se attesta uno stato di salute che impedisce di svolgere temporaneamente l’attività lavorativa, il certificato medico non ha un valore assoluto. Infatti, il datore di lavoro lo può contestare: ecco quando
Se un evento di malattia determina l’incapacità temporanea al lavoro del dipendente, l’INPS riconosce al lavoratore la c.d. indennità di malattia.
È il medico curante che dovrà redigere l’apposito certificato e trasmetterlo all’Inps con modalità telematica, immediatamente o - al più tardi - il giorno dopo, quando la visita è avvenuta al domicilio. Questo è un passaggio fondamentale, poiché l’Istituto riconosce tale indennità a partire dal giorno di rilascio del certificato medico.

In particolare, al fine di garantire la correttezza delle informazioni riportate, è necessario che il medico ponga la massima attenzione nell’inserimento di tutti i dati: fra questi la segnalazione delle eventuali “agevolazioni” per le quali il lavoratore privato o pubblico è esonerato dall’obbligo del rispetto delle fasce di reperibilità (10.00-12.00; 17.00-19.00).

Il medico fiscale ha il potere di confermare, ridurre o addirittura non riconoscere la malattia.
Se ritiene che il lavoratore sia in grado di tornare al lavoro, può dichiararlo idoneo anche se il certificato del medico curante dice il contrario.

Come si anticipava, il lavoratore privato o pubblico può essere esonerato dall’obbligo del rispetto delle fasce di reperibilità. Ma in quali casi si verifica questa possibilità?

Al riguardo, l’Inps ha fornito alcuni indirizzi operativi (circolare Inps n. 95/2016), stabilendo che sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:
  • una malattia per la quale sia stata riconosciuta la causa di servizio (solo per alcune categorie di dipendenti pubblici) ascritta alle prime tre categorie della TABELLA A allegata al d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella TABELLA E del medesimo decreto;
  • stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%;
  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria.

Il datore di lavoro, a sua volta, può anche effettuare delle indagini private, avvalendosi del contributo di investigatori per accertare eventuali condotte incoerenti con lo stato di malattia dichiarato (come lo svolgimento di attività sportive, sociali o lavorative incompatibili).

La Cassazione, ordinanza n. 11697/2020, ha sul punto precisato che il datore di lavoro può decidere di utilizzare un investigatore privato per controllare cosa fa il lavoratore in malattia, anche fuori dagli orari di reperibilità.
E il lavoratore in malattia può uscire di casa al di fuori degli orari di reperibilità, ma non può comunque svolgere delle attività incompatibili con lo stato di malattia. Se, ad esempio, ti assenti perché hai la febbre alta, non puoi certamente andare a fare una scampagnata, nemmeno al di fuori dalle fasce di reperibilità. Questo perché si tratta di comportamenti che potrebbero ritardare o compromettere la guarigione.

In tal caso, il lavoratore può andare incontro addirittura a un licenziamento per giusta causa. Si tratta di una sanzione proporzionata alla gravità della situazione poiché il lavoratore, violando gli obblighi di diligenza e fedeltà e le regole di correttezza e buona fede, ha rotto il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente.

Inoltre, anche se la visita fiscale ha dato esito positivo, il datore di lavoro può comunque sollevare dubbi sull’autenticità del certificato, soprattutto se emergono comportamenti sospetti.
In definitiva, il datore di lavoro può contestare formalmente un certificato di malattia, sollevando dubbi circa la legittimità dell’assenza per malattia o dell'irreperibilità nelle fasce orarie prescritte. Oppure, ancora, può impugnare il certificato medico con il supporto di documentazione medica alternativa (perizie, relazioni del medico competente o rapporti di investigatori privati autorizzati) ed intentare un’azione legale presso il giudice del lavoro.

Ma, ai fini dell’erogazione dell’indennità, il certificato medico può essere retroattivo?

In linea generale, l’indennità è prevista per tutti i giorni coperti da idonea certificazione. Nello specifico, il diritto all’indennità inizia dal quarto giorno (infatti, quando è stabilito dal contratto di lavoro, i primi tre sono a carico del datore di lavoro) e finisce quando termina la malattia (ossia, alla scadenza della prognosi).
Dal quarto al ventesimo giorno, l’indennità di malattia è corrisposta nella misura del 50% della retribuzione media giornaliera. Invece, dal ventunesimo al centottantesimo giorno, l’indennità è pari al 66,66%.

Dunque, la decorrenza del periodo di malattia indennizzabile può essere calcolata da una data precedente a quella in cui è stato rilasciato il certificato?

La risposta è sì. La validità del certificato medico può essere conteggiata a partire da una data precedente a quella di rilascio del certificato stesso, ma soltanto in una particolare ipotesi.

L’INPS, con una propria circolare (n. 147 del 15 luglio 1996), ha precisato che, come regola generale, la malattia parte dal giorno in cui è stata effettuata la visita medica. Pertanto, il quarto giorno di malattia (ossia, il giorno dal quale si ha diritto all’indennità) viene calcolato dalla data di rilascio del relativo certificato.

Però, come detto, c’è un caso in cui il certificato può essere retroattivo.

Come evidenziato nella stessa circolare del 1996, nell’ipotesi in cui il certificato sia stato redatto a seguito di visita domiciliare, l’INPS riconosce, a fini erogativi, la sussistenza della malattia anche per il giorno immediatamente precedente alla redazione del certificato, purché opportunamente provato dal medico.

Questo perché la normativa stabilisce che, quando la visita domiciliare è richiesta dopo le ore 10, il medico ha la facoltà di effettuarla il giorno immediatamente successivo. Di conseguenza, il medico può emettere il certificato con decorrenza della malattia anche a partire dal giorno prima (ossia, dalla data di chiamata del medico).

Questa eccezione vale soltanto nei giorni feriali.
Inoltre, devono essere indicate le motivazioni per cui il certificato è stato emesso il giorno successivo. Infatti, in questo caso, sulla certificazione deve essere espressamente riportato che il lavoratore “dichiara di essere ammalato dal …”.
Al di fuori di questa specifica ipotesi, il certificato non potrà avere efficacia retroattiva.

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