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La validità del consenso del minore in materia di produzione del materiale pedo pornografico

La validità del consenso del minore in materia di produzione del materiale pedo pornografico
La Corte di Cassazione ha precisato che, ai fini del delitto di cui all’art. 600 ter, comma 1, c.p., non occorre il previo accertamento del pericolo concreto di diffusione del materiale realizzato riprendendo un minore di anni quattordici.
La Corte di Cassazione, con la celebre informazione provvisoria n. 18 del 28 ottobre 2021, comunicava la risoluzione, da parte delle Sezioni Unite, di una questione di massima rilevanza, concernente la condotta di produzione di materiale pornografico realizzata da soggetto adulto e minore di anni quattordici, previo consenso di quest’ultimo.
In altri termini, ci si chiedeva quali fossero i presupposti fattuali al fine di considerare la condotta de quo sussumibile nella fattispecie di reato di cui all’ art. 600 ter del c.p., comma 1.

In particolare, la norma recita che: “E' punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto”.

In particolare, con la diffusione delle reti internet, nonché del sempre maggiore utilizzo dei mezzi dei social network, era divenuto sempre più necessario un intervento del Supremo organo nomofilattico, finalizzato ad individuare i confini applicativi della fattispecie di reato in esame. La questione di fondo ineriva, in particolare, il valore del consenso del minore di anni quattordici in materia sessuale circa la produzione del materiale pedo - pornografico, ovvero se questo fosse valido, o meno.
La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite con ordinanza n. 25334 del 22 aprile 2021.

Sul punto, si era già espressa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, attraverso la precedente sentenza n. 51815 del 31 maggio 2018, affermando che, al fine di qualificare la condotta di produzione del materiale pedopornografico come penalmente rilevante, occorreva accertare la situazione patologica di “utilizzazione” del minore, consistente nello sfruttamento della sua fisicità, attraverso condotte plagianti la sua volontà. Solo in tale ultimo caso, difatti, l’attività di ripresa del rapporto sessuale era da considerarsi penalmente rilevante, essendo, di converso, non illecita.

Difatti, secondo la Corte del 2018, non vi è utilizzazione del minore qualora quest’ultimo, sebbene non ancora maggiorenne, abbia raggiunto maturità sessuale, ossia idoneità ad esprimere valido consenso non solo al rapporto sessuale, ma anche alle sue riprese. Resta ferma, secondo la giurisprudenza maggioritaria, la necessità da parte del giudice, di accertare, caso per caso, l’assenza di coartazioni fisiche e/o morali, nonché qualsiasi forma di condizionamento psicologico derivante dalla posizione di “superiorità” anagrafica del soggetto maggiorenne.
Il minore deve avere voluto il rapporto sessuale, quanto le sue riprese, in via autonoma ed indipendente: deve trattarsi di una scelta liberamente presa dal minore consenziente, il quale, pertanto, deve bene essere consapevole dell’attività sessuale che sta svolgendo. Ed ancora, la condotta del soggetto maggiorenne, secondo la Cassazione, resta lecita solo qualora le riprese tra il soggetto adulto ed il minore restino private: la diffusione del materiale resta attività assolutamente illecita.

Al fine dell’accertamento della illiceità della condotta di produzione del materiale pedo-pornografico, la Corte, per la prima volta, enunciava la non necessità di accertare il pericolo in concreto della diffusione del suddetto materiale: ciò in quanto, a differenza delle epoche passate, è estremamente facile diffondere materiale via internet, in ogni momento, e secondo le modalità più eterogenee (blog, siti, social network).
Pertanto, inutiliter data è suddetto accertamento circa la pericolosità della diffusione, essendo questa in re ipsa presente già al momento della produzione del materiale stesso.

Tuttavia, all’interno della pronunzia in esame, la Corte di Cassazione ha, in parte, mutato orientamento, non reputando più necessario valutare l'illiceità della condotta del soggetto maggiorenne in base alla utilizzazione del soggetto minorenne nell'attività di produzione del materiale pedo pornografico. In altri termini, al giudice spetta solo accertare la presenza di un valido consenso del soggetto minore, previo accertamento della sua maturità in ambito sessuale.
Ciò in quanto il legislatore interno non ha esercitato una facoltà riconosciuta espressamente dall’8, par. 3, della direttiva 2011/93/EU (e già prevista nella Convenzione di Lanzarote), in base alla quale l’attività pedo-pornografica esercitata in assenza dell’utilizzo del minore sia, invero, lecita. In particolare, secondo la normativa sovranazionale, la condotta di produzione di immagini e/o video pedo pornografici non è, ex se, illecita se il materiale "sia prodotto e posseduto con il consenso di tali minori e unicamente a uso privato delle persone coinvolte, purché l’atto non implichi alcun abuso”.

Così che, secondo il filone giurisprudenziale in esame, la liceità o meno della condotta di produzione del materiale pedo-pornografico sarà misurata tenendo conto del raggiungimento della capacità sessuale da parte del soggetto minore, da accertarsi in concreto da parte del giudice. In particolare, nel rispetto della libertà di autodeterminazione sessuale del minore, sarà necessario accertare la sua capacità di esprimere valido consenso tanto ai rapporti sessuali, quanto alla produzione del materiale con soggetto maggiorenne.

Tuttavia, il consenso alla produzione del materiale non esprime, al contempo, il consenso alla sua diffusione: difatti, le condotte di diffusione, senza consenso, da parte del soggetto maggiorenne del materiale pedo pornografico prodotto con il soggetto minorenne integra le fattispecie di reato di cui all’art. 600-ter, comma 3 e 4, del codice penale.


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