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Troppo caldo sul luogo di lavoro, non vado a lavorare: ecco quali sono le condizioni che l'azienda deve garantire ai lavoratori

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Troppo caldo sul luogo di lavoro, non vado a lavorare: ecco quali sono le condizioni che l'azienda deve garantire ai lavoratori
A Susegana, provincia di Treviso, centinaia di lavoratori dell'azienda Electrolux hanno deciso di non lavorare per il troppo caldo

L'estate volge lentamente al termine ma le temperature roventi sembrano non voler abbandonare il nostro Paese. Almeno fino al termine di questa settimana, difatti, pare che dovremo sopportare il gran caldo.
Per chi è in ancora in ferie o lavora in uffici dotati di aria condizionata, la situazione è comunque gestibile, ma esistono categorie di lavoratori per cui è davvero impossibile portare a compimento le proprie mansioni, in giornate così infuocate.
Ed è proprio a causa della calura che, nella giornata del 23 agosto, centinaia di operai dello stabilimento Electrolux di Susegana, in provincia di Treviso, hanno deciso di smettere di lavorare.
In particolare, alcuni hanno lasciato il posto di lavoro prima che terminasse il turno della mattina, mentre altri non si sono presentati all'inizio del turno pomeridiano.

Ma perché si è arrivati a ciò?
Come riferito dalle RSU (le Rappresentanze Sindacali Unitarie), era stata avanzata apposita richiesta di sospendere la lavorazione nelle ore più calde della giornata, a fronte delle temperature registrate, ma a tale istanza la dirigenza aziendale aveva risposto negativamente.
In particolare, pare che le soluzioni adottate dall'impresa per far fronte alla calura fossero quelle di fornire degli integratori, contenenti sali minerali, e fette di anguria.
Sicuramente degli strumenti d'aiuto contro le alte temperature, ma di certo non idonei di fronte alla richiesta di sospendere l'attività lavorativa nelle ore più calde.

Difatti, in alcune aree dello stabilimento pare si fossero raggiunti anche i 34 gradi, temperature insostenibili soprattutto a fronte dell'elevata concentrazione di umidità.
Condizioni di lavoro per gli operai per nulla ottimali, che pongono quindi anche un problema di sicurezza.
Difatti, lavorare in fabbrica significa anche lavorare seguendo una catena di montaggio, secondo particolari ritmi che non è possibile modificare in base alle condizioni ambientali. Tutto questo, con le alte temperature, può diventare estenuante e mettere a rischio la salute e la sicurezza dei dipendenti.
Ed è per questo che, non avendo l'azienda accolto la richiesta dei lavoratori di interrompere l'attività nelle ore più calde, questi hanno deciso di terminare prima il loro turno mattutino o, nel caso di turno pomeridiano, di non presentarsi, e ciò anche in virtù della facoltà, per i responsabili della sicurezza, di individuare la sussistenza di condizioni di lavoro impraticabili.
Partendo da questa vicenda, è possibile affrontare una tematica più generale, e cioè se sia possibile per il lavoratore sospendere l'attività lavorativa, per ragioni di sicurezza, mantenendo però il diritto alla retribuzione.

Al riguardo, è opportuno evidenziare che l'art. 2087 del Codice Civile prevede che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro.
Sulla tematica si è pronunciata anche la giurisprudenza di legittimità.
In particolare, con sentenza n. 836/2016, la Corte di Cassazione ha affermato che, se il datore di lavoro viola l'obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 del Codice Civile, non solo è legittimo, a fronte dell'inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore.

La sicurezza sul lavoro è fondamentale, ed è un argomento attualissimo considerando gli incidenti di cui troppo spesso si sente parlare. E anche le alte temperature possono arrecare disagi e pericoli. Per questo, come abbiamo visto nella vicenda di Susegana, i sindacati sono sempre in prima fila in tutela dei lavoratori.


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