La pronuncia del TAR Lazio: il caso dell’ampliamento di un fabbricato commerciale
Il caso oggetto della pronuncia del giudice amministrativo nasce dalla chiusura di una tettoia laterale di un edificio commerciale, trasformata in locali murati per circa 50 metri quadrati aggiuntivi. La proprietaria, nel 2004, aveva presentato istanza di condono sostenendo che si trattasse di un semplice ampliamento del fabbricato originario.
Roma Capitale, al contrario, aveva rigettato la domanda, qualificando l’intervento come nuova costruzione a destinazione commerciale, esclusa dall’ambito del terzo condono, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) della legge della regione Lazio n. 12/2004, che prevede la possibilità di condono nei confronti delle sole opere di nuova costruzione con destinazione residenziale. Nel caso di specie, invece, l’immobile aveva una destinazione commerciale.
Nel corso del procedimento, il T.A.R. ha disposto un’integrazione istruttoria con sopralluogo in contraddittorio e deposito della relazione tecnica comunale corredata da documentazione fotografica. Dall’integrazione è emerso che l’unità immobiliare per la quale era stato richiesto il condono, in realtà, costituisce un immobile autonomo, separatamente accessibile e dotato di servizio igienico e insegna commerciale. Per tali motivi, il TAR ha confermato la decisione del Comune.
Ampliamento o nuova costruzione? La linea di confine
Dalla pronuncia del giudice amministrativo si evince che la distinzione tra ampliamento e nuova costruzione non è meramente formale, ma sostanziale.
In caso di ampliamento, è ammesso il condono se sussiste un collegamento organico all’edificio originario, sia sotto il profilo statico che funzionale. Invece, una nuova costruzione è esclusa dalla sanatoria quando destinata a usi non residenziali.
I paletti fissati dal legislatore del 2003
L’art. 32, comma 25, del D.L. 269/2003 ha stabilito due ipotesi alternative di accesso alla sanatoria:
- ampliamenti ultimati entro il 31 marzo 2003, entro il limite del 30% della volumetria originaria o, in alternativa, entro 750 mc;
- nuove costruzioni residenziali, anch’esse ultimate entro la stessa data, fino a un massimo di 750 mc per singola richiesta e 3000 mc complessivi.
Pertanto, mentre gli ampliamenti possono riguardare edifici di qualsiasi destinazione d’uso, le nuove costruzioni devono essere tassativamente residenziali.
Il rafforzamento della disciplina regionale
A restringere ulteriormente le ipotesi di sanatoria è intervenuta la legge regionale Lazio n. 12/2004 che, all’art. 2, stabilisce che “sono suscettibili di sanatoria, purché siano state ultimate […] entro il 31 marzo 2003: […] b) opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003 che:
1) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
2) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 600 metri cubi, nel caso in cui non si
tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza […]”.
Il TAR Lazio ha, dunque, chiarito che il condono edilizio rappresenta un istituto eccezionale e, come tale, da applicare in senso strettamente letterale, senza possibilità di interpretazioni estensive.