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Taxi, dal trucco del POS rotto, alle attese infinite, alle corse rifiutate: finalmente si cambia

Taxi, dal trucco del POS rotto, alle attese infinite, alle corse rifiutate: finalmente si cambia
Roma, Milano e Napoli nel mirino dell’antitrust per le corse dei taxi. È davvero possibile rifiutare una corsa ad un cliente perché poco conveniente?

Da qualche giorno, l’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha ufficialmente avviato un’attività di verifica e controllo diretta al settore dei taxi. Nel mirino dell’Antitrust ci sono tre delle maggiori città italiane (Roma, Napoli e Milano).
In particolare, ad essere messe al vaglio dell’Agenzia sono tutte le criticità del settore: dalle lunghe attese per i taxi, al corretto uso del tassametro da parte degli autisti, dall’accettazione dei pagamenti elettronici, al rifiuto delle corse “poco gradite”.

Ma quali sono le maggiori tecniche scorrette utilizzate dai tassisti italiani?
Sono tanti gli escamotage messi in atto dai tassisti poco onesti (che fortunatamente rimangono una piccola fetta di tutta la categoria) per estorcere più denaro ai viaggiatori. Tra le varie tecniche utilizzate, comuni a tutte e tre le città, c’è quella di “dimenticare” di accendere il tassametro o accenderlo solo nelle aree molto trafficate. Oppure, nel caso di tariffe già determinate dal Comune, vengono attivate spesso e volentieri solo su esplicita richiesta del cliente.
A Roma si è evidenziato un altro fenomeno: spesso gli autisti delle auto bianche rifiutano i pagamenti con POS e addirittura offrono sconti per i pagamenti in contanti.
Ancora, un “evergreen” è quello di scegliersi i clienti che hanno tratte più lunghe da fare, evitando o rifiutando la corsa alle tratte più brevi e poco redditizie. È il caso dei turisti che dall’aeroporto di Milano-Malpensa devono arrivare a Como oppure quelli che da Napoli-Capodichino vogliono visitare gli scavi di Pompei. Queste tratte più lunghe risultano sicuramente più appetitose rispetto al classico tratto dall’aeroporto al centro città. Infatti, spesso e volentieri i taxi scompaiono dalle vie centrali delle città per spostarsi proprio verso gli aeroporti a caccia di turisti stranieri, sicuramente “più generosi” e forse più ingenui rispetto a quelli italiani. Questo ovviamente comporta non pochi disservizi per tutti coloro che necessitano di un taxi, anche solo per brevi tratte.

Ma è davvero possibile rifiutare la corsa a un cliente? Cosa dice la legge?
Il taxi è un veicolo privato il cui autista mette a disposizione un servizio pubblico di trasporto passeggeri, sebbene non sia un trasporto di linea. In ogni caso, quello dei taxi è un servizio pubblico ed in quanto tale il servizio è obbligatorio all’interno del Comune di riferimento. Quindi, il tassista non può rifiutare il trasporto, come non potrebbe il conducente di un autobus o di un tram.
La norma di riferimento è la legge regionale di ciascuna regione. Nella maggioranza dei casi, tali disposizioni regionali sono molto simili tra loro.
Ad esempio, l’art. 3 della legge regionale del Lazio n. 58 del 26.10.1993 dispone che “la prestazione del servizio è obbligatoria”. La norma chiarisce, inoltre, che “il servizio taxi è indirizzato verso una platea indifferenziata di utenti”.
L’inosservanza della disposizione comporta l’applicazione di una sanzione che consiste nella sospensione per un periodo pari a 30 giorni della licenza o dell’autorizzazione ad erogare il servizio (art. 4, comma 1, lett. a) l. 58/1993).
Pertanto, tutti i passeggeri che non sono stati fatti salire sul taxi, perché la corsa era poco conveniente o “scomoda” in quanto a fine turno, possono segnalare la violazione al Comune di pertinenza.
Di conseguenza si aprirà una procedura amministrativa volta a richiamare l’autista ed accertare i fatti e al termine della quale potrà esserci per il tassista:
  1. Richiamo verbale o scritto dall’organo preposto alla regolamentazione della professione;
  2. Sanzioni economiche;
  3. Sospensione o revoca della licenza di tassista nei casi più gravi.


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